La “giustizia UE” fonda la supremazia del diritto dei miliardari su quello dei contribuenti

SENTENZE DEL TRIBUNALE UE PER MANCATO ACCESSO AI CONTRATTI D’ACQUISTO PER I VACCINI COVID

Il cosiddetto PfizerGate

Lo scorso 17 luglio sono state emesse due sentenze dal Tribunale UE nei giudizi incardinati nei confronti della Commissione Europea che riguardavano il mancato o parziale accesso ad informazioni di indubbio interesse pubblico contenute nei contratti stipulati dalla Commissione con le aziende farmaceutiche per l’acquisto dei vaccini Covid.

Anche se il Tribunale UE ha accolto una parte delle richieste avanzate dai ricorrenti, va purtroppo detto che la maggior parte delle contestazioni sull’oscuramento di questi contratti è stata respinta.

E’ importante conoscere le motivazioni per capire come opera la giustizia comunitaria e quanto impatta sui diritti dei cittadini il problema della mancanza di indipendenza e terzietà dei giudici comunitari.

Alcuni passaggi della sentenza resa nel procedimento T-689/21 ci forniscono una prova tangibile di com’è architettato e costruito il diritto comunitario, anche e soprattutto grazie alla giurisprudenza delle Corti europee.

In sostanza, la giustizia comunitaria mette in primo piano gli interessi commerciali delle imprese farmaceutiche a non essere ipoteticamente svantaggiate nei confronti dei concorrenti nei negoziati, tramite la rivelazione degli acconti convenuti e del rischio finanziario accettato, tanto da prevalere sulla trasparenza delle informazioni in merito all’uso dei fondi pubblici, e quindi dei soldi dei cittadini.

Ma la parte più grave della sentenza è quella nella quale si giustifica l’oscuramento delle clausole inerenti alla copertura della responsabilità delle imprese farmaceutiche.

La Commissione ha giustificato la censura di questo tipo di informazioni dichiarando che la divulgazione di queste clausole avrebbe potuto aumentare il numero di ricorsi per risarcimento, fornendo più argomenti sulla cui base tentare di dimostrare il carattere difettoso del vaccino ed impattando sulla reputazione delle aziende, il che secondo la giurisprudenza della Corte giustificherebbe l’oscuramente delle informazioni in ragione della preminente esigenza di tutela degli interessi commerciali delle imprese!

La gravità di queste affermazioni non deve essere assolutamente sottovalutata.

Come giustamente hanno detto i ricorrenti, se una società è ritenuta responsabile di un danno derivante dall’uso del suo prodotto, la lesione della sua reputazione deriva dal danno arrecato e non certo dalla divulgazione del contenuto di una clausola negoziale.

Eppure anche in questo caso il Tribunale UE ha dato ragione alla Commissione.

Già solo questi accenni sulle argomentazioni della Commissione, sposate dal Tribunale UE, consentono di capire i motivi dell’allarme che abbiamo lanciato giorni fa sulle modalità di funzionamento della giustizia comunitaria e soprattutto sulla gravissima assenza di garanzie di imparzialità e terzietà dei giudici chiamati a decidere delle cause nella quali la Commissione Europea è parte.

La Plutocrazia Compiuta, al suo apice,  si fonda il suo  proprio giure

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