Caro Direttore,
In questi ultimi giorni Lei ha giustamente evidenziato la presenza di mezzi militari statunitensi a bandiere spiegate nei pressi della città siriana di Mambij e di altri in arrivo.
La novità è solo per i mezzi dispiegati, perché i reparti speciali statunitensi già a Settembre si erano mostrati visibili agli artiglieri turchi:
http://www.huffingtonpost.com/entry/us-flags-northern-syria_us_57e138efe4b08cb14097dfa0
Ciò conferma ancora una volta la tattica del nuovo segretario alla difesa, “cane pazzo” Mattis, che potrebbe riassumersi così: “Occorre mettere in campo mezzi più pesanti nella zona, per far capire stavolta, a chi deve capire (Turchi in primis), che il gioco si fa duro”. Ciò spiega anche la prudenza dei russi in queste ore.
Del resto la scusa da dare in pasto all’opinione pubblica c’è ed è sbandierata sui telegiornali (anche se Daesh sparacchia e si ritira in buon ordine):
“I curdi stanno sbaragliando Daesh e vanno aiutati e protetti”. Protetti da chi? “Da Erdogan, per esempio”. Perché? “Perché hanno diritto finalmente ad avere un loro stato che abbia una economia sostenuta con l’energia elettrica delle due dighe sull’Eufrate, oltre a quella sul Tigri (ndr, quella presidiata dai nostri carabinieri) ed acqua per irrigare i loro campi”. Ma non erano campi degli arabi? “Peggio per loro, che prima hanno accolto il califfo in casa (ndr, per le sue Toyota fiammanti) e poi hanno voluto emigrare insoddisfatti”.
Ma i carri armati leggeri USA da dove provengono? Dalla Giordania passando per Deir Ez-zor, cioè attraversando il Califfato? “No. Dal nuovo aeroporto militare di Rmeilan, creato apposta dalla Coalizione a guida USA per dare una mano agli eroici curdi”.
Eppure la regione di Anbar, comprendente le cittadine irachene di Qa’im e Rutbah, è fondamentale per rifornire dalla Giordania via terra la regione di Deir Ez-zor, che nei piani è già destinata all’amministrazione curda. Non a caso gli iracheni hanno provato a più riprese a strappare queste due località a Daesh, per evitare che arrivino prima gli statunitensi con i curdi al seguito, come si evince dalla presenza, forse decuplicata, dei 5000 uomini già presenti nel nord Iraq:
http://www.cnbc.com/2017/02/27/pentagon-delivers-plan-to-speed-up-fight-against-islamic-state.html
Dunque presto sarà evidente a tutti la rivendicazione del nuovo stato per i curdi sui territori iracheno e siriano, per i loro meriti nella “lotta al terrorismo”. Questo stato curdo tuttavia avrà per molti anni ancora uno straordinario indice di presenze statunitensi per abitante non realizzabile dagli USA in nessuno degli altri Paesi della regione. Ciò sarà possibile grazie alla già bassa densità demografica, unita all’emigrazione, prima indotta dai ribelli, e poi esacerbata dai tagliagole di Daesh, subentrati ai primi. D’altra parte i curdi sono così pochi che persino le donne militano fra le loro file. Inoltre i costi del mantenimento statunitense saranno ampiamente ricompensati dal loro petrolio esportato via Israele.
Molto meno evidente e univoco è il movente sottostante.
La ferrovia Bandar Abbas-Baku
Questo è da ricercare, a mio avviso, non solo nell’intento di impedire oleodotti e gasdotti fra i pozzi di Kirkuk e del Golfo Persico da una parte, e la Turchia e la Siria dall’altra, ma sopratutto nel completamento del secondo binario della linea ferroviaria tra il porto iraniano di Bandar Abbas e la capitale azera Bakù. In Iran la strada ferrata è già quasi tutta a due binari. Nel tratto di montagna in costruzione tra Qazvin e Rasht, appena il primo binario sarà completato, la posa del secondo sarà molto veloce. Mancano invece entrambi i binari fra Rasht e Astara, ma per soli 160 km di territorio pianeggiante e con i lavori già appaltati:
Tra Astara e Shirvan qualche ponte è già stato raddoppiato, mancano però 170km di posa del secondo binario, e l’Azerbaijan si è recentemente impegnato a fare la sua parte in tempi rapidi.
Ciò significa che il traffico container da Bandar Abbas nei prossimi anni si moltiplicherà, permettendo all’India di commerciare con l’Asia Centrale e la Russia (e la Turchia se fosse raddoppiato anche il varco di Kapıköy) ad un costo di molto inferiore dell’attuale periplo per Bab el-Mandeb, Suez e Bosforo. La via sarebbe molto interessante anche per i commerci con l’Europa, se Ucraina e Polonia non fossero state costrette col ricatto dagli USA a mettersi di traverso.
A Nord-est l’Iran ha già aperto due linee a doppio binario fino a Gorgan e a Sarakhs per poi proseguire in Turkmenistan con un binario. Qui si stanno raddoppiando le linee dal confine iraniano fino a quello kazako. Il Kazakhstan a sua volta ha quasi finito il raddoppio verso la porta orientale di Horgos. Dunque la Cina potrà presto commerciare con l’Iran con un flusso imponente di merci e materie prime, addirittura senza avventurarsi per mare.
Tutto ciò alla faccia dell’11.9.2001 e dei poveretti che ci hanno lasciato la pelle, perché l’Afghanistan si rivelerà un inutile fiasco statunitense, cioè la presa di un collo di bottiglia (è effettivamente il passaggio ideale per una linea ferroviaria tutta terrestre tra Russia e Regione Indiana) che tuttavia sta per essere aggirato dagli attori regionali.
Gli iraniani, che sono un popolo dall’antico spessore intellettuale, si sono fatti i conti molto bene: Bandar Abbas si affaccia proprio sullo Stretto di Hormuz, dove passa la maggior parte del petrolio diretto in Occidente e in Asia.
Se gli USA attaccano il porto, gli iraniani rispondono rendendo troppo rischioso il traffico alle petroliere. L’Europa vorrebbe quindi più oleodotti attraverso l’Arabia Saudita per evitare di restare a secco, ma gli USA non pare siano dello stesso parere, forse proprio per evitare di perdere il controllo dei loro vassalli e non riuscire più a coinvolgerli nelle spese e nelle operazioni di disturbo o di vero e proprio attacco. La Cina però fra poco sarà in grado di mandare aiuti via terra, per non perdere gli approvvigionamenti dal Golfo (i vecchi via mare o i nuovi via terra). Non è escluso che Russia e Kazakhstan potrebbero fornire temporaneamente più petrolio alla Cina, pur di avere da lei una mano a tenere libera la via per l’India. La Russia avrebbe quindi gioco facile anche con l’Europa, sia per fornirle petrolio in cambio di un disimpegno in Baltico, Donbass, Kurdistan e Afghanistan, sia per offrirle le merci d’Oriente (Cina e India) ad un costo di trasporto molto inferiore.
Il “povero” Mackinder temeva tutto questo, quando convinse i banchieri del suo paese che era giocoforza tramare contro lo Zar. Gli anglosassoni sono convinti che riusciranno a boicottare ancora una volta i lavori ferroviari attorno al Caspio, come fecero appoggiando di fatto i bolscevichi nel 1918 in Turkmenistan. Pensano di innescare disordini in Azerbaijan e Turkmenistan, rispettivamente dal nuovo Kurdistan e dall’Afghanistan. Stavolta però lo scontro si farà più duro ed esplicito, perché ad attenderli al varco non ci saranno solo siriani e iracheni.
Ciò potrebbe rivelarsi un bagno di sangue ben superiore all’attuale, che attende ovviamente anche noi vassalli europei.
La cosa incredibile è che noi vi prenderemo parte contro i nostri stessi interessi commerciali, perché se i treni merci dal Caspio riuscissero a passare anche il blocco nazista ucraino nel Donbass, dove il secondo binario fu divelto con la fine dell’URSS ed il primo sta per esserlo, ed arrivassero così agevolmente in Slesia e poi a Tarvisio, noi, oltre ai bassi costi di trasporto, potremmo anche regolare i conti con l’Oriente in euro, magari con un doppio corso euro-lire, anziché in dollari!
Cordiali Saluti.
MO