La mai avvenuta Strage di Hamas del 7 ottobre. La “fonte”

D.P.

I media hanno parlato adduirittura di progrom di Hamas, poveri ebrei sterminati a migliaia…

Yehuda Meshi-Zahav. Il nome dirà poco o nulla ai più. È stato il fondatore dell’organizzazione israeliana ZAKA (acronimo di Zihuy Korbanot Ason, letteralmente “identificazione vittime disastri”). Meshi-Zahav era un ebreo “haredi” (ultraortodosso) che ha ricevuto diverse onorificenze in Israele. A differenza della larga maggioranza degli israeliani odierni, discendeva da una famiglia che abita a Gerusalemme da almeno undici generazioni.

Nella storia recente di Israele ha avuto un ruolo di primo piano perché, a differenza di altre correnti ultraortodosse che rifiutano il servizio militare, ha sostenuto e promosso il reclutamento di ebrei haredi nell’IDF. È stato a più riprese accusato di molestie sessuali contro donne e minori (sia maschi che femmine). E per questo motivo ha tentato il suicidio nel 2021 per poi morire nel 2022 dopo un anno di coma.

La sua organizzazione è balzata agli onori delle cronache dopo il 7 ottobre 2023 per avere diffuso le voci (prive di riscontro reale, come dimostrato dal giornale israeliano Haaretz) di bambini trucidati e donne violentate e uccise dai miliziani di Hamas nel corso dell’operazione “Tempesta di al-Aqsa”. Un racconto degli eventi che è stato accettato acriticamente da tutti (o quasi) i mezzi di informazione occidentali e che è servito a “giustificare” il genocidio e la distruzione a Gaza. La cui popolazione è destinata ad essere spinta in riserve nell’entroterra o a migrare per lasciare spazio ai progetti speculativi sul lungo mare di Jared Kushner e soci.

Ora, se prendiamo in considerazione il fatto che l’applicazione del protocollo Annibale (che prevede l’eliminazione di “rapitore” e “ostaggio” per evitare che il secondo venga utilizzato come “arma negoziale”) ha portato all’uccisione per “fuoco amico” di numerosi cittadini israeliani, risulta evidente che i numeri reali del 7 ottobre siano evidentemente falsati. Questo fatto è piuttosto importante perché, dalla Serbia alla Libia, l’Occidente ha spesso utilizzato l’arma della disinformazione per scatenare aggressioni e conflitti.

Oggi ci ritroviamo alla vigilia di un attacco israelo-statunitense all’Iran coordinato dal generale USA Michael Kurilla (capo del CENTCOM che obbliga i suoi uomini a leggere il romanzo “Le porte del fuoco”, una rivisitazione nordamericana in chiave di “scontro tra civiltà” della battaglia delle Termopili).

Un evento che può realmente scatenare un circolo vizioso di rappresaglie dal quale né Israele né l’Iran possono uscire vittoriosi non avendo alcun modo di confrontarsi direttamente sul terreno (anche alla luce del fatto che le monarchie del Golfo, nonostante i sogni di JD Vance, hanno chiesto di starne fuori, essendo le più vulnerabili ad attacchi di Teheran). Nonostante ciò, i giornalai nostrani non vedono l’ora di poter titolare “diluvio di missili sugli ayatollah” ed altre simili amenità.

Purtroppo viviamo un’epoca in cui il giornalismo è morto: un’epoca in cui il giornalismo falsifica il presente ed ignora o nega sistematicamente il passato.