LA MORTE, PROBLEMA SOCIALE E POLITICO

Di Raffaele Giovanelli
E’ tornata la morte. Non che prima non ci fosse, ma era graduale, discreta, a piccole dosi. Veniva confinata in un rituale, circoscritta. Adesso improvvisamente è tornata ad essere una “danza macabra”. Sino a ieri la morte era una specie di uscita di scena. Ricordo il monologo di Gassmann, che con la metafora del viaggio in treno che rappresenta la vita come un lungo viaggio, in cui alla fine si resta soli e si deve scendere, il viaggio è finito: sei morto. C’era angoscia ma non era la fine del mondo. Tutta la lunga civiltà egiziana durata tremila anni si è dedicata al culto della morte che veniva esorcizzata ed istituzionalizzata in un rituale complesso, con ordine gerarchico. L’eternità era riservata a chi poteva farsi imbalsamare e farsi mettere in un tomba piena di simboli e di ricordi delle vita terrena. Tombe bellissime ma fatte per essere escluse dalla vista di chiunque. Lo straordinario è nel fatto che non erano fatte per essere viste. Non mancava il giudizio divino sulle opere del defunto compiute in vita.  Ma le tombe esistevano in se per la loro essenza, per il dialogo con le divinità non per essere viste dagli uomini ai quali bastava sapere che le tombe esistevano ed appartenevano all’al di là
Poi è venuto Cristo che è risorto dalla morte dandoci la promessa che chi crede in lui non muore.
Poi è venuto Umberto Eco che disse ai suoi seguaci: già c’è il problema della morte, bisognerà affrontarlo. Lui aveva fatto la sua fortuna trasportando nel profondo medioevo un caso di criminalità nel senso attuale del significato, portando tra le mura del convento l’ateismo radicale della nostra era.
Un assurdo storico che ebbe successo per il conforto che elargiva a chi vive immerso nella “modernità”. Ma Eco morì e il problema della morte non risulta che lo abbia risolto e neppure affrontato. Le storie attuali sulla criminalità sono rivolte al trionfo della “giustizia”, a rivelare il colpevole. Il significato della morte non viene neppure sfiorato, come in tutti gli aspetti della nostra “civiltà”.
Nel caso delle guerre la morte del nemico è un trofeo che dovrebbe essere un punto raggiunto verso la vittoria. Tutto un altro discorso. A parte i comportamenti efferati, con in prima linea i tedeschi, la guerra assolve dal reato di omicidio. La guerra da sempre ha le sue regole, che andarono in crisi con la prima guerra mondiale a causa dell’assurda sproporzione tra armi d’offesa e di difesa. Il problema dell’equilibrio tra armi di offesa e di difesa in questa momento non è proponibile.
Oggi la morte arriva dalla Natura, quella stessa Natura che sino a ieri era stata esaltata come suprema divinità che elargirebbe la vita e la morte in modo perfettamente equilibrato, al di sopra della perversa volontà degli uomini, impegnati a sopraffarsi l’un l’altro. Questa recente divinizzazione della Natura è stata mostrata con la proiezione dell’ immagine di animali sulla facciata della Chiesa di San Pietro a Roma. Oggi bisognerebbe aggiungere l’immagine di un virus, quello che attualmente sta vincendo sulla Medicina.
Quindi, adesso nessuno lo confessa, ma siamo costretti ad affrontare il problema “filosofico” della morte. La Chiesa lo ha affrontato con un clamoroso errore.
“La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? uno scontro, una lotta, un anatema? poteva essere; ma non è avvenuto. “
Con queste parole di Paolo VI è stato chiuso il Concilio Vaticano II. La Chiesa Cristiana riconosce e legittima l’esistenza di una religione dell’uomo che si fa Dio. Avrebbe dovuto dire: la religione dell’uomo che crede, si illude di farsi Dio. Il primo tempio conosciuto in cui l’uomo cerca di accostarsi a Dio risale a circa 11 mila anni fa. Il più antico  tempio  in   pietra: iniziato attorno al  9000 a.C., è a Göbekli Tepe, oggi in Turchia. Per la sua costruzione furono coinvolti migliaia di uomini nell’arco di tre o cinque  secoli. Le più antiche testimonianze note in precedenza erano le  ziqqurat sumere, datate 5000 anni più tardi. Intorno all’ 8000 a.C. il sito venne deliberatamente abbandonato e volontariamente seppellito. L’archeologia e lo studio sull’origine dell’uomo come tutte le altre scienze sono atee. Non si capisce perché non si consideri l’uomo un animale religioso, visto che questo aspetto costituisce il carattere distintivo principale dell’homo sapiens. Non credo che si scientificamente lecito trasportare l’ateismo fuori dell’ambito scientifico.
Ma la Chiesa neppure ha capito che la Scienza, che ha dato all’uomo l’illusione di essere Dio, nasce dal cristianesimo, da Cristo, Dio che si è fatto carne. In Cina erano più intelligenti e più avanti di noi nella Tecnica ma la scienza è nata nell’Europa cristiana, nei monasteri. La ricerca di Dio è la differenza tra gli animali e l’uomo, l’unico animale che ha dovuto affrontare il problema insolubile della morte. Più l’uomo si incammina sulla strada della sua deificazione più l’enigma diventa angoscioso. Se l’uomo è il centro del reale, quando l’uomo muore il reale scompare con lui? Ma se il reale non scompare ciò che è materiale, reale è la divinità, diciamo il dio ignoto? Ma ad un esame approfondito dopo la nascita del tutto dal Big Bang non sappiamo se l’universo inizierà a contrarsi tornando al punto iniziale (universo ciclico). Tutto ciò che è avvenuto nei miliardi di anni di un ciclo verrebbe cancellato? E allora che cosa è reale se non è eterno, immutabile ovvero fuori dal tempo e dallo spazio?
Ma ci sono altri punti che ci fanno sprofondare nel mistero. Il discorso delle beatitudini.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la Terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli  » ( Matteo  5,3-12).
Un giovane avvocato, che diventerà sant’Agostino, andava matto per i giochi cruenti che si svolgevano nel circo. Erano l’esaltazione della violenza. Il mondo è di chi vince con la violenza. Di purezza meglio non parlare. I rapporti omosessuali erano la norma, ma a differenza di oggi, non venivano “santificati” dal matrimonio. I pacifisti erano considerati pericolosi. Con le orde di barbari in giro per il mondo essere pacifisti equivaleva a consegnare se e la propria famiglia a morte atroce.  Oggi con una buona dose di ipocrisia abbiamo metabolizzato questo messaggio, che è affascinante ma anche socialmente e politicamente pericoloso. Eppure dopo trecento anni il cristianesimo trionfò. Oggi, più o meno consapevolmente, il cristianesimo è diventato un ente socialmente utile.
Non sappiamo e neppure vogliamo sapere che cosa è la morte, viviamo in un chiacchiericcio televisivo che cerca di fuggire dalla morte, ma non ci riesce. Niente partite di calcio. È terribile perché la gente è costretta a pensare, a ripensare ciò che prima era dato per scontato. In questi casi il potere, la piramide dei poteri, si sente in pericolo.
Raffaele Giovanelli