La NATO sospende le operazioni in Siria”, titola Thierry Meyssan nel suo blog. Più precisamente, l’Alleanza ha sospeso i voli degli aerei radar AWACS che hanno sorvegliato i campi di battaglia siriani fin dal 2011 (quando l’invasione NATO contro Assad sembrava imminente,caldeggiata fortemente da Hollande, sauditi e Erdogan; Obama vi rinunciò in extremis), e che da allora hanno continuato ad operare: a favore “dei gruppi jihadisti”, fornendo loro informazioni “che hanno permesso loro di fuggire all’armata araba siriana”; dice Meyssan, che sicuramente è credibile perché ha buoni contatti con l’intelligence di Damasco. Aggiunge: “Ritirando gli AWACS, la NATO intenderebbe non prendere posizione nel conflitto che attualmente oppone i curdi fra loro”.
Non mi attento a interpretare questa laconica frase (i curdi si combattono fra loro?), se non per rilevare quanto gli americani coi loro doppi giochi pro-ISis ed Erdogan coi suoi, abbiano ormai attorcigliato l’orrendo gomitolo che hanno provocato in Siria. (1)
Solo poche ore prima, mentre era in corso il vertice NATO con il nuovo capo del Pentagono “mad dog” Mattis, lo stesso Pentagono faceva filtrare la notizia che “stava valutando di inviare truppe da combattimento regolari in Siria per accelerare la lotta contro l’Isis”, dunque a dare una mano allo SDF (forze democratiche siriane), ossia diecimila curdi male armati (fra cui il primeggiano quelli del PKK, che Erdogan vede come suo nemico mortale) a cui la “coalizione” Usa aveva dato il compito di liberare Raqqa, la “capitale dell’IS”, e che non stanno cavando un ragno dal buco. Del resto gli americani hanno impiantato una vera e propria base di aerei ed elicotteri della 101 Divisione aerotrasportata a Rmelan, territorio controllato dallo SDF. Lo scopo ultimo di un intervento Usa è sempre quello di ritagliare dalla Siria la sospirata no-fly zone per farne un santuario per i suoi islamisti preferiti, fino allo smembramento della Siria (secondo l’antico Piano Kivunim sionista) in staterelli.
Ora, questa intenzione, di mettere “scarponi sul terreno”, pare in contrasto con la decisione NATO di sospendere i voli AWACS sulla Siria.
Naturalmente tutto ciò va valutato insieme all’improvvisa uscita di Trump secondo cui Mosca deve “restituire” la Crimea all’Ucraina, alla quale l’ha “presa”, e le assicurazioni di Mad Dog Mattis a Stoltenberg ( e agli ansiosi europei) che la NATO, è sì obsoleta, ma in quanto deve essere rapidamente trasformata, da alleanza difensiva, in forza di aggressione, pardon di «proiezione di stabilità oltre i nostri confini». Il nuovo «Hub per il Sud», che verrà realizzato a Napoli, costituirà la base operativa per la proiezione di forze terrestri, aeree e navali in una «regione» dai contorni indefiniti, comprendente Nordafrica e Medioriente ma anche aree al di là di queste. È disponibile per tali operazioni la «Forza di risposta» della Nato, aumentata a 40mila uomini, in particolare la sua «Forza di punta ad altissima prontezza operativa», che può essere proiettata in 48 ore «ovunque in qualsiasi momento» (Manlio Dinucci).
Il tutto poi andrebbe in qualche modo conciliato con il primo incontro, a Bonn, di Lavrov con il nuovo segretario di stato, Tillerson, il quale ha dichiarato che gli Stati Uniti sono pronti a collaborare con la Russia se ci sono aree di cooperazione (se?!); non dimenticando di aggiungere che la Russia deve contribuire ad una de-escalation nel Donbass: dove – come ha riconosciuto l’OCSE, ed è tutto dire – è Kiev che ha riscatenato il conflitto con armi pesanti e financo missili per fare strage di civili.
E poi, proviamo anche a mettere nel quadro il piccolo particolare rivelato dal New York Times il 12 febbraio: che il nuovo capo del Pentagono Mattis aveva chiesto alla Marina di vedere se, nel Golfo, poteva abbordare una nave iraniana, salire a bordo e controllare che non portasse armi per gli Houti in Yemen. Gli aspetti di diritto internazionale – abbordare una nave in acque internazionali – non hanno avuto peso nella finale rinuncia all’atto. Ci si è invece domandati che effetto politico e mediatico avrebbe avuto sulla troppo fresca amministrazione Trump, che già aveva ordinato quell’assalto di commandos in Yemen di fine gennaio, conclusosi malissimo con una strage di donne e la figlia di 8 anni di Al Awlaki ma anche con la morte di un americano e la perdita di un velivolo, un’altra impresa che sarebbe finita quasi certamente in una battaglia navale con la Marina da guerra dell’Iran e i suoi barchini d’assalto superveloci….
http://russia-insider.com/en/revealed-trump-aborted-operation-would-have-provoked-war-iran/ri18909
Qualche giorno dopo, il segretario di stao Rex Tillerson ha smentito, di fronte ai giornalisti, che l’America di Trump voglia rinegoziare (o stracciare) l’accordo nucleare con Teheran, firmatoda Obama, e che Trump ha proclamato di voler azzerare.
N, Germany: U.S. Secretary of State Rex Tillerson said on Thursday he did not suggest to French Foreign Minister Jean-Marc Ayrault that Washington planned to scrap the Iranian nuclear agreement.
Putin: “Ci provocano continuamente”.
Aggiungiamo che sotto la nuova amministrazione “amica di Putin” la NATO non solo ha rafforzato l’accumulo (cominciato da Obama) di truppe e carri armati in Romana e Bulgaria, che non confinano con la Russia e non chiedono (al contrario del baltici) di essere protette all’aggressivo mostro Putin, un rafforzamento che sembra piuttosto un’occupazione militare dei due paesi neo-“alleati”.
Non solo: la NATO ha voluto, parola di Stoltenberg, costituire e insediare una flotta da guerra permanente nel Mar Nero, onde configgere con la base navale di Mosca in Crimea, magari superando due insignificanti dettagli: la Convenzione di Montreux, il trattato internazionale del ’36 (firmato anche da Washington) che limita a 21 giorni la presenza nel Mar Nero di navi da guerra appartenenti a paesi che non si affaccino su quel mare (Bulgaria, Romania e Turchia), e la recisa resistenza della Bulgaria, che ha detto esplicitamente che le sue navi non sono disponibili per questa impresa, con le spese connesse.
E tutto ciò (anzi anche più) ad opera di un’amministrazione che i media americani ed europei continuano a bollare come “amica di Putin”; anzi sua cliente; da un Trump è in piena lotta interna con lo Stato profondo, una lotta che sta perdendo – perdendo anche i pezzi, come il generale Flynn, e dove la Cia lo minaccia apertamente di ucciderlo oppure di “farlo morire in galera” dopo impeachment. Putin ha dichiarato la settimana scorsa, in un discorso all’FSB (ex Kgb) che la NATO “ci provoca costantemente per coinvolgerci in un confronto”, denunciano anche “i tentativi in corso di interferire nei nostri affari interni e destabilizzare la situazione politica e sociale in Russia” (si badi: tentativi “in corso”).
http://russia-insider.com/en/putin-natos-primary-objective-provoke-confrontation-russia/ri18950
Il capo di Hezbollah, Nasrallah, il 14 febbraio ha ringraziato Trump con queste parole: “Non siamo preoccupati, ma anzi molto ottimisti, perché quando un idiota risiede alla Casa Bianca è l’inizio del sollievo per gli oppressi del mondo”.
Un sollievo e serenità che il Cremlino non sembra condividere. Anzi (secondo Foreign Policy) arriva a domandarsi se l’irrazionalità e la follia o scemenza non siano parte dela nuova strategia americana: le cui decisioni, incoerenti, diventano più indecifrabili.
Di certo “quel che i russi temono di più oggi, è che Trump sia cacciato o ucciso. La sua partenza, dicono fonti interne al Cremlino, allineerebbe a Washington repubblicani ai democratici in una campagna virulenta anti-russa. Di conseguenza e stranamente, Putin è divenuto ostaggio della sopravvivenza e del successo di Trump. Questo restringe gravemente le opzioni politiche della Russia. I russi sanno bene che i democratici vogliono strumentalizzare il babau russo per screditare e destituire Trump mentre i repubblicani vogliono utilizzare il babau russo per disciplinare e mettere in linea Trump. Beninteso, il governo russo non teme solo la caduta di Trump, ma anche la possibilità che, per opportunismo politico, assuma una linea antirussa “dura” per fare la pace con i dirigenti repubblicani del Congresso, superfalchi”.
http://foreignpolicy.com/2017/02/13/the-kremlin-is-starting-to-worry-about-trump/
In questo senso, anche Wayne Madsen nota che i movimenti di destra trumpiani (al-Right, gruppi neonazi) si sono uniti a Georges Soros e ai suoi gruppi di manifestanti anti-Trump nella campagna anti-Russia, che assume sempre più (dice Stephen Cohen, il russologo) i toni paranoici di un nuovo maccartismo.
Tutto è nuovo infatti a Washington. E tutto peggio.
Conclusione provvisoria. Sembra che siamo entrati in una fase generale di rinuncia alla razionalità o anche alla ragionevolezza del potere, in qualunque sede ed alta poltrona. Questa mi sembra la ulteriore (ed ultima) “emancipazione” dei poteri globali: che, dopo aver scosso da sé da gran tempo le norme morali, e poi anche i trattati internazionali sottoscritti, si liberano l’ultimo ostacolo alla piena liberazione: la ragione, l’intelletto, l’intelligenza, il principio di non-contraddizione, le norme della logica, sostituite dagli impulsi neurologici. Si può fare molto più e meglio senza testa, quando si ha il potere: evitare la coerenza, che è un limite. Evitar di motivare. Infischiarsene del senso di responsabilità. Come ha avuto modo di illustrare El Papa ad un capo dipartimento che gli chiedeva perché gli avesse ingiunto di licenziare in tronco due suoi buoni dipendenti, gli ha risposto: “…e io sono il Papa, non ho bisogno di dare ragioni di ciò che decido”. Inutile dire quanto questo sia un sintomo caotico terminale, apocalittico. E anticristico, visto che Cristo è il Logos.
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Nota 1
Per dare solo un esempio, sembra ti poter dire che l’offensiva per catturare Al Bab in cui Erdogan ha impegnato 1300 soldati, ed una sessantina di carri armati e porta truppe in appoggio a duemila islamisti della cosiddetta ”Armata Libera Siriana” – naturalmente gettandoli in Siria senza il permesso di Damasco, e con la dichiarata intenzione di annettere la zona alla Turchia – abbia conosciuto un sostanziale fallimento. I cinquemila guerriglieri dell’IS hanno responto gli attacchi e inflitto gravi perdite. Erdogan è stato salvato dall’umiliante disastro – tenetevi forte – da Damasco. Conclusa la liberazione di Aleppo, Assad, con la mediazione di Putin, ha concluso un accordo verso fine dicembre con Erdogan: e la sua armata è venuta in soccorso alle truppe turche, penetrando per 25 chilometri di profondità e stringendo Al Bab che ora è (o pare) del tutto accerchiata e non può essere più rifornita. L’aviazione russa ed anche siriana hanno fornito appoggio aereo ai turchi, che son riusciti a strappare all’IS (o chi sia) l’ultimo suo territorio nel governatorato di Aleppo.