Una tournée europea contro i populismi, un monologo «a difesa delle élites buone», cioè di quelli di cui si considera «parte, come dovere repubblicano». Con la camicia sbottonata sul petto glabro e i capelli scompigliati come al vento della Croisette, l’intellettuale engagèe francese, Bernard Henri-Lévy, è stato ospite, domenica scorsa, di Lucia Annunziata, a Mezz’ora in più, su Rai3, per raccontare l’ennesima barricata su cui si è issato, in vista delle prossime elezioni europee.
Lui, l’uomo che ha fornito una patente filosofica alle bombe unilaterali di Nicolas Sàrkozy sulla Libia e si è schierato (senza se e senza ma) a difesa dei diritti del terrorista, Cesare Battisti, ora bolla come «camicie brune» (cioè nazisti) i gilet gialli: il variegato e composito movimento di protesta dal basso, che ha messo all’angolo il presidente francese, Emmanuel Macron, e che il filosofo transalpino descrive, senza tirare il respiro, come: «Molto spesso omofobo, razzista, antisemita, anti-repubblicano e antidemocratico». Già, i gilet gialli. «È mai sceso in strada per parlare con loro?», chiede Annunziata in un raro attimo di genuinità giornalistica? «No, faceva troppo freddo», ribatte lui.
E allora, quels débuts per l’intellettuale francese sulla tv pubblica della Italia sovranista? L’intellettuale ha esordito con ampollose e sperticate lodi alla centralità europea della Roma classica. Annunziata è andata in brodo di giuggiole. Sorridendo (sotto i baffi) con malcelata complicità, ha esclamato: «Gli italiani saranno molto gratificati dalle sue parole». Una mansuetudine insolita, quella della direttora dell’Huffington Post Italia; di norma la giornalista di Sarno incalza gli ospiti con impunture al limite della sfacciataggine, inchiodandoli alle loro contraddizioni.
Invece, con questo filosofo francese tutto grandeur e interventismo, usa il guanto di velluto, ricalcando lo stile sornione di Fabio Fazio. Di più: offre volentieri il destro alle apologetiche esternazioni di Henri-Lévy sul contributo italiano alla costruzione dell’identità multiculturale europea, ma non fa un accenno uno alle recenti polemiche sul Franco coloniale, al Trattato di Aquisgrana tra Parigi e Berlino che rischia di sfaldare l’Unione europea, ai disastri generati dalla guerra in Libia.
Più che un’intervista un monologo, insomma. Come a seguire un canovaccio teso a rabbonire il pubblico, per poi sferrare, nel solco della più consumata tecnica ortatoria, una serie di postulati buonisti, quando ormai l’anestetico della retorica è in circolo. Nel mirino c’è il governo gialloverde: per Henri-Lévy è il traditore dell’eredità europea dell’Italia; paese che descrive come il giardino d’Europa, quasi fosse una cartolina da fine ‘800 o un pezzo da museo da tutelare, senza mai riconoscergli il diritto a interessi legittimi da perseguire.
Dopo i primi minuti al cloroformio, ci ha pensato l’intellettuale francese a dare la sveglia. «Che c’è di male nel sovranismo?», chiede la Annunziata. E lui: «Il sovranista che prende ordini da Mosca e da Steve Bannon, l’inviato di Trump, non è un sovranista. È un mentitore. Il sovranismo italiano si basa su di una menzogna». «Ma il popolo, che dà il suo consenso (a Salvini, ndr), ha ragione o no?», ribatte la giornalista. «Certo che no», chiosa Henri-Lévy. «I popoli non hanno sempre ragione. Il popolo votò per Hitler. E Salvini non fa onore all’Italia; ha ragione il coraggioso tribunale di Catania (a processarlo, ndr): Salvini ha messo in pericolo i bambini e tradito lo spirito di Roma». Poi, sulla democrazia: «Il popolo è sovrano, ma ci sono limiti alla sua sovranità. Altrimenti è un tiranno. I limiti sono le leggi, la Costituzione, il diritto internazionale, i diritti dell’uomo».
Annunziata abbozza: «Il diritto internazionale? In Italia c’è chi dice che le istituzioni internazionali sono in mano alle élites». L’intellettuale francese dà il meglio: «Se le élites sono la Democrazia Cristiana, che ha governato per tantissimo tempo, è chiaro che bisogna sbarazzarsene. Se sono il coraggio politico di Carlo Calenda, la virtù di Matteo Renzi, la memoria di Eugenio Scalfari, sono belle élites; viva le élites»
Trascorsi 15 minuti senza un contraddittorio, la Annunziata introduce l’ultima domanda dicendo: «Spero a lei piaccia il contraddittorio». Poi, l’interrogativo: «In Italia pensiamo che Macron sia in crisi, leggiamo troppa stampa internazionale?» La risposta è meno imbarazzante: «È in difficoltà e vuole uscirne con un’iniziativa popolare. Penso stia vincendo lui. E penso che alle europee vinceranno lui e Renzi. Salvini si sogna a capo di un movimento eurofobo o fascista, ma prenderà una bella mazzata».
A un ultimo interrogativo ne segue sempre un ultimissimo. «Gli intellò francesi che hanno protestato contro il rientro di Cesare Battisti in Italia hanno fatto bene?» chiede Annunziata. Henri-Lévy sospira e sbotta: «Battisti ha diritto a un vero processo, a vedere i suoi accusatori e il giudice che lo giudica. Invece, è stato condannato all’ergastolo in contumacia». Fine delle trasmissioni sulla tv di stato: Annunziata non dice una virgola sul fatto che sia stato proprio Battisti a sottrarsi ai processi, evadendo dal carcere in cui era detenuto per fuggire a Parigi, sotto la protezione della dottrina Mitterrand. È la stampa, bellezza, in barba alle vittime.