L’epico viaggio della Russia verso l’Occidente” è finito, come “i suoi ripetuti e infruttuosi tentativi di diventare parte della civiltà occidentale”. E’ una frase che suona una sentenza, dato che a scriverla è Vladislav Surkov, forse il più vicino collaboratore strategico di Vladimir Putin, una presenza costante nonostante l’età ancora giovanile: Surkov ha 53 anni, ma dal 1999 è stato vice-capo dello staff del Cremlino, ed è accreditato di essere l’architetto della “democrazia amministrata” che è lo stile del governo putiniano, ed oggi è il consigliere presidenziale sulla crisi ucraina.
Sanzioni, minacce di guerra,menzogne e insulti hanno portato Surkov (e certo il suo ambiente) a concludere che “La Russia ha davanti 100 anni di solitudine geopolitica. O 200? 300?”. Non è una scelta fatta a cuor leggero, ma una malinconica constatazione confermata nei fatti.
Dimitri Orlov, The Saker, ha passato due ore a seguire un dibattito tv russo tra esperti militari.
Listening to Russian experts (short report about the mood on Russian prime time TV)
Tutti erano d’accordo che “ragionare con gli occidentali, chiedere equità e giustizia, o fare anche semplicemente appello al buon senso, è completamente futile. Gli sforzi diplomatici della Russia (particolarmente verso la Gran Bretagna sul caso Skripal) sono inutili. […] Con mio grande stupore, l’idea che la Russia potrebbe dover affondare qualche nave della US Navy e sparare qualche missile Kalibr su forze americane in Medio Oriente, è considerata come una opzione reale, forse inevitabile. Nessuno vi si è opposto”.
Un amico personale di Putin e filmografo che si chiama Vladimir Soloviev, in un altro dibattito tv, ha detto: “l’Occidente ha inviato un chiaro messaggio al presidente che abbiamo appena rieletto: noi faremo dei tuoi prossimi sei anni di presidenza, sei anni di crisi costanti, sei anni d’inferno. Faranno peggiorare la nostra economia. Ma i russi devono capire che avere un salario di 20 mila rubli (300 dollari) è meglio che avere 20 milioni di morti come nella seconda guerra mondiale. E’ un piccolo prezzo da pagare, per essere una delle ultime nazioni sovrane nel mondo. A lungo termine, è meglio per la Russia troncare la dipendenza dalle importazioni, mercati e tecnologie occidentali.
“Sul piano politico e militare, bisogna che la Russia adotti gli stessi metodi che l’America usa contro di noi, le “guerre per procura” o armando le milizie nazistoidi contro il Donbass. Deve armare tutti i paesi e i popoli che l’America considera nemici: S-400 all’Iran, a Hezbollah, armare i talebani, la Corea del Nord. “I neocon capiscono solo il linguaggio della forza”. Inutile denunciare l’illegalità e la illegittimità delle azioni occidentali, invocare il diritto internazionale.
“Occorre rivedere le relazioni troppo cordiali con Israele. Israele e Stati Uniti hanno scelto questo momento per umiliare la Russia. Putin deve prendere serie e concreti passi per bloccarle.
“E’ tempo che la vecchia classe di politici si ritiri. Il ministro degli esteri Lavrov ha espresso il desiderio di andare a riposo, dopo dieci anni al servizio, a volte brillante, della Russia. Putin dovrebbe sostituiro con un giovane energico che smetta di chiamare i paesi dell’Ovest “i nostri partner”, come fa Lavrov in ogni occasione:”
“E’ il momento cruciale per Putin: terrà testa all’Impero del Caos US-raeliano o si piegherà?”.
Queste sono le posizioni che corrono nella dirigenza russa: che come si vede, giungono alla critica della politica conciliatrice di Lavrov, e dunque di Putin. Surkov, al confronto, appare moderato: “Una certa elite russa voleva occidentalizzarsi, altri dirigenti hanno cercato di imitare gli Stati Uniti, essere accettati dall’Occidente per “eccessivo entusiasmo”. Adesso, non coltiviamo più illusioni, dice.
http://www.globalaffairs.ru/global-processes/Odinochestvo-polukrovki-14-19477
Ricorda un vecchio detto nazionale: “la Russia ha due alleati: l’esercito e la marina”.
“Solitudine non significa completo isolamento”, scrive Surkov: “La Russia senza dubbio commercerà, attrarrà investimenti, scambierà conoscenze, combatterà guerre – competerà e coopererà, causerà paura, odio, curiosità, simpatia e ammirazione – ma senza più scopi falsi, e auto-negazione.
L’articolo di Surkov, apparso su Global Affairs il 9 aprile scorso, si intitola “La solitudine del mezzo-sangue”.
Perché la Russia, che ha nella sua cultura sia Europa sia Asia, è come “uno nato da un matrimonio misto”, un “mezzosangue. E’ il parenti di tutti, ma il familiare di nessuno. Trattato dagli stranieri come uno di loro , un sottocasta fra la sua stessa gente. Egli comprende tutti e non è compreso da nessuno. Un meticcio, uno strano”.
Descrizione lancinante, perché Surkov stesso è un mezzosangue: di padre ceceno, Andarbeck Dudaiev, egli ha scelto il cognome di sua madre, Zinaida Surkova. Ma evoca un dibattito permanente nella cultura russa, con profonde radici storiche e politiche, il “mito dell’Eurasia”, come lo chiama il russologo Aldo Ferrari.
Perché abbiamo bisogno della Russia
Vladimir Putin ha sempre incarnato una forma di mediazione, e medietà, fra “occidentalisti” e “eurasisti”. Desso il rigetto subito dall’Occidente, potrebbe dare più peso politico alla parte “eurasiatista”, rappresentata culturalmente non solo da Dugin, ma certo anche tra le forze armate, i “sovietisti” e nazionalcomunisti. E’ una tendenza grandiosa che comprende anche le suggestioni della Terza Roma, non prive di pericoli. Queste tendenze emergono (come sempre) da una frustrazione, che la criminale stupidità occidentale ha creato.
Infatti non è solo che la cultura europea può fare benissimo a meno di Hemingway, o dello sterminato gossip parigino di Proust, ma non di Dostojevski,Tolstoi, Bulgakov e Solgenitsin. Il punto è che proprio oggi, è la Russia di Putin ad affermare il diritto internazionale contro le violazioni criminose e impunite degli Usa, il “costruttore di pace” in un Occidente assatanato ad accendere inimicizie etnico-religiose in tutto il Medio Oriente e persino in Ucraina, pagando ed armando mestatori e settari; a proclamare la verità contro ogni genere di menzogna, false flag e fake news.
Insomma è propria la Russia, oggi, a incarnare la civiltà (che un tempo chiamavamo occidentale) contro la barbarie scatenata nella demenza e nella menzogna, nel nichilismo suicida e nella sovversione morale dell’edonismo di massa. Proprio adesso la Russia è europea, mentre noi – al capolinea della secolarizzazione compiuta e dell’ignoranza generale – abbiamo smesso di esserlo, rivoltolandoci nella neo-barbarie, nell’indecenza e nella menzogna. O nella zombificazione. Dostojevski notava non ricordo dove che l’anima d’Europa, senza la Russia, era piccina e bottegaia. Oggi abbiamo la Merkel bottegaia, e l’irresponsbailità di Trump e May; l’irrazionalità dei politici, il pensiero unico obbligatorio, la società dello spettacolo, ed anche il gay pride e il cambio di sesso come “diritto”, e in più la voglia di fare la guerra alla Russia, invece di integrarla.
Anche Surkov vede ovviamente un rischio nei “cent’anni di solitudine geopolitica” a cui la Russia è stata confinata. Diventare “un solitario in una remota distanza”. Dipende dal popolo russo, dice, se adagiarsi a questo o “elevarsi a nazione alpha , una guida” fra le nazioni. “Sarà duro”, ma un lungo viaggio “dalle spine alle stelle: sarà interessante, e saranno le stelle”.
Post Scriptum.
La guerra in lista d’attesa
Il miglior giornalista nell’area medio-orientale, Eliah Magnier, ha diffuso questo tweeet:
Elijah J. Magnier @ejmalrai – 12:49 PM UTC – 12 Apr 2018
#BreakingNews
#Russian sources told me: possibility of war on #Syria has gone down from 9 to 5/10. Diplomatic contacts with #USA never stopped. It was acknowledged that the possible war on #Syria serves no purposes but to create a war situation where worse case scenario can happen
“Fonti russe mi hanno detto: la possibilità di guerra in siria è scesa da 90 per 100 a 50 per cento. I contatti diplomatici con gli Usa non sono mai stati interrotti. E’ stato riconosciuto che la possibile guerra in Siria non serve ad altro scopo che creare una situazione di guerra dove possa realizzarsi il “caso peggiore”.