La Sanità sta già praticando le “cure” di transizione di genere

Uno scoop de l’Inkiesta. Il Sistema Sanitario per una radiografia ti rimanda al 2025, ma per le “terapie” di cambio di sesso infuriano psicologi assatanati dall’ideologia che manipolano poveri giovani già zombificati

Genitori disperati – Le storie strazianti delle famiglie con figli trattati con i farmaci per la disforia di genere

Dopo la pubblicazione dell’articolo di Assia Neumann Dayan sono arrivate in redazione tante lettere di mamme e papà alle prese con i protocolli di psicologia affermativa, terapie di ormoni e vite infelici

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Di seguito, alcune delle lettere arrivate alla email di redazione dopo la pubblicazione dell’articolo di Assia Neumann Dayan sui farmaci per bloccare la pubertà. Gli autori delle lettere hanno chiesto o scelto di restare anonimi.

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Buongiorno,

ho appena letto il vostro bellissimo articolo sulla disforia di genere e sugli ormoni bloccanti per la pubertà e desidero ringraziarvi per avere acceso un faro su questo argomento di cui ancora si parla pochissimo, ma i cui numeri sono in continuo aumento.

Vorrei aggiungere, citando la mia storia personale, che purtroppo non si tratta solo di pre-adolescenti o adolescenti, ma anche di ragazzi che dovrebbero aver superato l’adolescenza già da un po’. Sono la mamma di una ragazza di ventidue anni che dal nulla, qualche settimana fa, mi ha comunicato di voler fare la transizione di genere. Non aveva mai manifestato prima d’ora nessun problema di disforia, né durante l’infanzia né durante l’adolescenza, che ha vissuto purtroppo come tanti in lockdown, confinata nella sua camera, sempre attaccata ai social. Da qualche mese mi aveva detto che stava vedendo una psicologa online, solo adesso ho capito che è specializzata in LGBT+ ed è già pronta a emettere la diagnosi, a cui seguirà il percorso con l’endocrinologo e le successive operazioni chirurgiche.

Ma mi chiedo io: davvero con pochi colloqui (neanche uno al mese) quello che dovrebbe essere un professionista pagato profumatamente ha già in mano tutti gli elementi per certificare che il malessere di mia figlia deriva solo dalla disforia di genere? Davvero si può intraprendere una strada così dura e irreversibile senza prima esplorare se ci sono altri traumi o sofferenze che hanno portato a questo?

In queste ultime settimane ho letto molto e mi sono documentata, e ho visto che il protocollo in Italia è quello della psicologia affermativa, che afferma una diagnosi che i ragazzi si sono già fatti da soli e questo mi sembra allucinante. In più si affronta con estrema semplicità un percorso che porterà una medicalizzazione a vita e ad operazioni chirurgiche mutilanti e invalidanti. E se questa non fosse la diagnosi giusta? Se anche solo per uno su cento fosse una diagnosi sbagliata sarebbe già uno di troppo.

Una mamma disperata

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Buongiorno,
voglio ringraziarvi per aver trattato l’argomento della disforia di genere. Sono un genitore di GenerAzioneD.

Si parla molto di bambini e giovani adolescenti ed è una assurda realtà, purtroppo sempre più presente. Vorrei portare la Vostra attenzione anche sui giovani adulti. Ho una figlia di ventisette anni, cresciuta come tante altre bambine senza manifestare problematiche particolari, ballando le sigle dei cartoni animati con le sue amiche, con i giochi delle bambine, bambole e trucchi. Unico disagio: la separazione dei genitori quando aveva otto anni.

Gli anni passano e arriva l’adolescenza, inizia a sbocciare la sua femminilità, un tuffo al cuore rendersi conto che la bambina sta diventando una donna. Sedici anni il primo ragazzo, passa il tempo e ti rendi sempre più conto che è con la persona sbagliata, una relazione da mille problemi, la vedi trasformarsi, allontanarsi dalle sue amicizie, iniziare a non curarsi più del suo aspetto, iniziare ad avere problemi alimentari ed aumentare in modo considerevole di peso fino ad arrivare all’obesità. Rendersi conto che non c’è modo di riportarla alla realtà, né con il disappunto, né con la comprensione.

Dopo dieci anni la relazione finisce, in seguito alla sua decisione di diventare un uomo. Dalle confidenze fatte alla madre sulla relazione finita arrivano le conferme di anni di violenze psicologiche, e perversioni, che la portano ad una profonda depressione e sentimenti di inadeguatezza, frequenti attacchi di panico e difficoltà nelle più semplici relazioni umane. Il tempo sembra essersi fermato nella sua mente, il rapporto con la realtà è quello di una ragazzina adolescente e non di una giovane donna di venticinque anni. Inizia gli incontri con una psicologa ma non segue il protocollo “affermativo” e decide di cambiarla, per una psicologa “affermativa”.

Essendo maggiorenne ed economicamente indipendente, non ha ancora informato me o la madre della sua decisione di transizione. Finché, con un discorso preimpostato che non sembrava proprio essere suo, mia figlia spiega la sua intenzione, l’ho ascoltata con attenzione cercando di capire quale sia il suo sentire ed è un dolore immenso accorgersi che nei suoi discorsi nelle sue spiegazioni non ci sia alcuna consapevolezza ma solo l’illusione che “diventando” un uomo la sua vita potrà essere felice. Un dolore immenso che mi accompagna ogni giorno, sapendo che in un momento di fragilità psicologica ha preso una decisione che la sta portando a danneggiare irrimediabilmente il suo corpo sano, una decisione verso la quale è stata accompagnata da chi conosce solo la facciata che lei si è voluta costruire e soprattutto senza indagare cosa nasconda quella facciata.

Poco più di un’anno e trascorso dalla decisione di “diventare uomo” sono bastati solo sei mesi per il percorso dalla psicologa, comprensivo di visita psichiatrica in cui viene definita una “plausibile” disforia di genere, quindi visita endocrinologica ed assunzione ormoni di testosterone. Poco più di un anno è passato dalla sua decisione, dopo otto mesi di testosterone ha ottenuto il cambio dei documenti ed è lista di attesa per la mastectomia bilaterale.

Per un genitore è un’angoscia devastante continuare a pensare a cosa sta succedendo nella testa, nell’anima di tua figlia, a quanto dolore possa esserci. Resto annichilito dalla velocità e facilità con cui le strutture sanitarie atte a “tutelare” la salute si siano mosse nei confronti di mia figlia, portandola a percorrere un percorso a senso unico esclusivamente trans affermativo, senza neanche voler provare a risolvere in altro modo il suo evidente stato di malessere dato da dieci anni di relazione “tossica”. Non voglio escludere a priori che possa esserci la necessità di questa soluzione, ma non può e non deve essere l’unica ed esclusiva via da percorrere, neanche nel caso si tratti di giovani adulti con evidenti problemi psicologici di altra natura, che secondo il protocollo affermativo non vengono considerati.

Grazie

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Buongiorno,
sono la mamma di una ragazza di sedici anni e vorrei ringraziarvi per aver dato spazio alle nostre voci e aver acceso in noi un briciolo di speranza. Nel 2021 mia figlia di quattordici anni, dopo il lockdown e dopo aver frequentato assiduamente social network, internet e youtuber, che considera dei modelli, si è dichiarata maschio. Contro la nostra volontà, ha intrapreso una transizione sociale con i suoi coetanei e a scuola, fortunatamente non in casa dove, nonostante le difficoltà, non abbiamo ceduto.

Da sempre contraria, insicura, con una bassa autostima, problemi scolastici, inconsistenza nelle relazioni, disagio per le sue differenze fisiche (è stata adottata), paura dell’abbandono e ansia, abbiamo dovuto iniziare presto a farla seguire da uno psicoterapeuta. Tuttavia, le due esperienze precedenti con la terapia non sono state positive; ci veniva continuamente detto che dovevamo ascoltarla e accontentarla, altrimenti avremmo rischiato di “perderla”. Attualmente, grazie all’aiuto fondamentale di GenerazioneD, abbiamo iniziato un percorso con una terapeuta esplorativa.

Ciò che desideriamo è che nostra figlia si prenda il tempo necessario per esplorarsi e per poter fare le sue scelte in modo consapevole. Il percorso sarà lungo, ma non potrà mai essere veramente felice finché non risolverà il suo disagio interiore. Ciò che le ricordiamo sempre è che noi saremo sempre al suo fianco!

Grazie per la grande opportunità che ci state dando, per far si che le famiglie come la nostra possano apprendere di non essere soli, possano condividere il grande peso di una condizione così dolorosa.

Una mamma che dopo aver pianto a lungo non si è arresa e ha cercato disperatamente qualcuno che ascoltasse quello che sentiva nel suo cuore.

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Sono un padre la cui figlia quindicenne si è dichiarata transgender poco dopo il difficile periodo del lockdown senza aver mai manifestato in precedenza alcun disagio col proprio corpo. Il primo impatto con una psicoterapeuta affermativa non ci ha incantato. Pur nella totale confusione e in preda a uno strazio che non auguro a nessuno, senza smettere di amarla nemmeno un secondo, ci siamo messi in ascolto del suo grido di dolore. Dovevamo capire, noi, ma soprattutto lei, le cause di tutto cio, dopo un’infanzia senza alcun segno di disagio col proprio corpo. Senza affermarla come maschio, ma nemmeno senza spingerla verso la femminilità, senza terapie farmacologiche, ha avuto lo spazio ed il tempo grazie ad una terapeuta esplorativa di capire chi è: una giovane ragazza che si affaccia con grande timore alla vita adulta. L’essere maschio era una corazza protettiva, che non le serve più.

Se non avessimo avuto la forza di contrastare il messaggio alimentato da terapeuti, scuola, social che la transizione è la soluzione di tutti i mali, forse nostra figlia ora sarebbe rovinata per sempre.

Grazie per aver raccontato una diffusissima realtà che viene ignorata o normalizzata a dispetto del buon senso .

Un padre.

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Buongiorno,
mio figlio classe 2006, dopo aver subito la pandemia e la didattica a distanza ha cominciato ad incupirsi e deprimersi cambiando a trecentosessanta gradi. Il 3 dicembre 2023, senza segnali premonitori, ci ha detto di vivere in un corpo sbagliato, di sentirsi fin da bambino una femmina.

Per noi è iniziata la gestione sofferente della bomba deflagrata. Dopo alcuni mesi ci siamo rivolti, dietro consiglio di uno psichiatra delle nostre zone, a un servizio di psicoterapeuti universitari specializzati (così narrano sul sito) di terapia AFFERMATIVA di genere. Agli inizi abbiamo creduto a tutto quello che ci hanno detto. Abbiamo imparato neologismi (cisgender…transgender….nonbinary….fluidità…..), e ascoltato questi psicoterapeuti invitare nostro figlio a non vergognarsi di presentarsi alla società come femmina, pretendendo nomi e pronomi femminili. Insomma se un adolescente ti si presenta e dice di sentirsi Elvis Presley invece di esplorare l’evidente disagio lo inviti ad andare in un negozio di strumenti e comprarsi una chitarra elettrica!

Ho capito ben presto la sinfonia ideologica per nulla scientifica che si celava dietro alla pseudo terapia, ma soprattutto ho iniziato a documentarmi sul web cercando in fonti scientifiche (non su TikTok, o simili). Ho scoperto che in questi ultimissimi anni quei paesi europei pionieri del cambio di sesso stanno facendo o hanno fatto dietro front sulla materia, anteponendo un approccio logicamente esplorativo psichico a quello ciecamente affermativo.

Le statistiche dicono che i coming out degli ipotetici futuri trans sono aumentati del quattrocento per cento rispetto al pre pandemia. Come può la natura essere impazzita? Ovviamente non è così! La mente dei ragazzi vulnerabili e deboli è volubile, specialmente nel bel mezzo della loro età evolutiva. In realtà non si ritrovano in un corpo sbagliato, ma è la loro mente che improvvisamente interpreta il proprio corpo come estraneo. Un elemento da combattere e mutare. E le istruzioni per farlo sono alla portata di tutti su Internet. Un dismorfismo sintomo di un sottobosco devastato da chissà quali fiamme e quali psicosi e paure.

La scienza “cieca” ufficiale in questo caso raccomanda di accompagnare i ragazzi dove desiderano senza indagare, senza critica, senza dubbi. Per similitudine è come invitare una/un anoressica/o che vede sempre più grasso il proprio corpo a fare una dieta ferrea o offrire anabolizzanti ad un bodybuilder elefantiaco! Insomma, la scienza medica psichiatrica e psicoterapeutica viene buttata nel cesso. E se non possiamo somministrare bevande alcoliche ai minori, possiamo rimpinzarli di bloccanti della pubertà e ormoni, e addirittura avviarli al macello delle proprie membra. Un simile approccio di altre branche mediche sarebbe considerato delirante, nazistoide e messo fuori legge a suon di bombe mediatiche.

Mio figlio ha seguito come tanti altri il vademecum delle azioni e intenzioni che spopola sul web, cedendo compiacente al lavaggio di cervello dei social che propugnano questo palesissimo contagio sociale che si incunea tra le flebili maglie dell’insicurezza e del disorientamento che caratterizzano da sempre un adolescente. La definisco: circonvenzione digitale di minore infra lockdown.

Sono sempre più critico verso gli psico-pseudo-psicoterapeuti affermatori e non mi sono arreso, memore di quel bambino e adolescente brillante, sorridente e vitale ora perso nelle nebbie, ho trovato un associazione di genitori di disforici che annaspano nella melma come me. L’ho sottoposto ad una valutazione psicodiagnostica che ha evidenziato e certificato gravi disturbi della personalità che hanno generato effluvi distorti di pensieri fino al ripudio della propria identità non solo di genere. Attualmente stiamo nelle fasi iniziali di un nuovo percorso terapeutico che si pone come obiettivo un approccio olistico (come ora in Svezia, Regno Unito, Finlandia, Norvegia e altri paesi) che affronti e risolva i grandi traumi passati e presenti, conoscendoli, capendoli e sciogliendoli.

È diabolico pensare che la transizione possa essere la panacea di tutti i mali: «Se verniciamo un ferro arrugginito senza carteggiarlo e ripulirlo, molto presto esploderà la ruggine all’esterno, dopo avere completamente corroso la struttura interna». Basta ideologizzazioni politiche per raccogliere voti, basta stereotipi per il business, basta sterili confronti di una cultura becera che demonizza l’altro. Spazio alla scienza e alla medicina con evidenze e follow-up consuntivi di verifrica e controllo. La disforia è un sintomo. Tutti hanno diritto di risalire alle cause ponendovi rimedio per non soffrire più. L’orientamento sessuale stesso è vittima della moderna ideologia trans: meglio essere trans etero che dichiarare la propria omosessualità. Questa si che è omofobia propugnata.

Cordiali saluti.

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Buonasera,

grazie di cuore per l’interessamento al tema. Ho apprezzato enormemente il suo articolo. Sono una mamma interessata al tema e la sofferenza è qualcosa che mi sta devastando. Anche io sono un essere umano e sto male. Ho i miei problemi. La mia bambina non c’è più. Ora è un miscuglio di ideologia ripetuto a memoria. Fino al lockdown era una femmina, dopo il lavaggio del cervello è un maschio. Ora è una sedicenne confusa e infelice, preda di attacchi di ansia e depressione. Vuole solo cambiare sesso. Non ne vuole sapere di parlarne con cognizione di causa. Ha subito un abuso prima della pubertà e ha sicuramente una situazione non facile. Non so più dove sbattere la testa. Siamo seguiti da psicologi e psichiatri, per fortuna non affermativi.

Grazie per l’attenzione e grazie per aver avuto il coraggio di scrivere un articolo così potente.

Una mamma disperata.

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Buongiorno,
volevamo complimentarci e ringraziarvi per l’articolo uscito sul vostro giornale. Siamo genitori di una ragazzina che è stata una bimba libera e felice, capace di giocare con maschi e femmine, fuori dagli schemi. A dodici anni, durante il lockdown, il buio: ansia, tristezza, depressione, isolamento. Ne è uscita mesi dopo creandosi una spessa corazza. Dichiaratasi trans come gli influencer che seguiva su Instagram o TikTok, ha tagliato i lunghi capelli, fasciato il seno e voltato le spalle al suo corpo, al suo nome, al suo genere. È bella, ma forse per via di una corporatura più grossa di molte compagne, si sentiva brutta. Un pesce fuor d’acqua. Per non soffocare e “uscita dalla competizione”: «Non sono femmina, sono trans». Ondate di approvazione e visibilità l’hanno travolta, pompando e rinforzando la sua nuova armatura, e fomentando l’odio per la bambina e la ragazza che era stata.

Per molto tempo ci è sembrato di essere i soli a pensare che confermarle di essere un maschio a soli tredici anni potesse farle credere che cambiare sesso sia qualcosa che si può fare senza problemi (come credeva lei, imbambolata da ciò che circola in rete, purtroppo anche da fonti che dovrebbero essere autorevoli). Eravamo i soli a preoccuparci delle rinunce future (maternità, piacere sessuale, salute, capelli), «eh ma pensate troppo avanti», come se i genitori non facessero questo di mestiere. Poi abbiamo trovato pensieri critici in inglese, poi un gruppo di genitori preoccupati come noi, poi qualche psicologo onesto e coraggioso. E finalmente se ne parla, grazie ad articoli come il vostro! I genitori non possono essere costretti a prendere decisioni così pesanti sulla base della minaccia del suicidio! Soprattutto quando non esistono prove che la transizione medica riduca i tassi di suicidio, anzi.

Purtroppo moltissimi giovani stanno male e sono a rischio autolesionismo e suicidio, ma per aiutarli non possiamo assecondare i loro sintomi e sentimenti del momento, privandoli di esperienze future di cui ancora non sanno niente. È ciò che accade con i bambini disforici. Ma, visto che la disforia di solito passa con la crescita, quando si troveranno menomati ci chiederanno il conto.

«Chi ha deciso questo destino per me?».
«Lo volevi tu».
«Ma avevo 10 anni, il genitore eri tu».
«Me lo ha detto il dottore che era meglio così».
«E sulla base di cosa lo ha detto?».
«Diceva che i bambini come te poi si suicidavano».
«Ah quindi prima delle transizioni infantili i bambini si ammazzavano?».
«No, la disforia passava quasi sempre con la crescita. Molti diventavano adulti omosessuali».

Grazie per il vostro interesse.

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Buongiorno,

inizio col ringraziarvi per avere iniziato a parlare dei seri problemi legati alla epidemia di presunta disforia di genere che sta colpendo i nostri figli adolescenti.

Sono una mamma come tante che da un giorno all’altro si è ritrovata ad affrontare la dichiarazione della figlia quindicenne di essere nata e trovarsi nel corpo sbagliato. Dopo i primi mesi di completo smarrimento e non lucidità di pensiero, dovuta anche a tutta la narrazione mainstream che inizialmente ho trovato nel web, ovviamente a senso unico verso l’unica soluzione, cioè assecondare mia figlia in tutto e per tutto e accompagnarla verso il percorso affermativo di genere. Poi nelle tante notti insonni e disperate, facendo ricerche, mi sono imbattuta in alcuni siti di genitori stranieri quali Genspect, Amanda e altre storie strazianti dei detransition, nei quali si parlava di contagio sociale. Questi racconti davano una spiegazione alle domande che mi ero posta, sul perché ora ci sono più ragazze a presentare tale disagio, il periodo dell’esplosione di numeri subito dopo il lockdown, e l’esposizione esagerata ai social.

Mia figlia in quel periodo è rimasta nella sua stanza immersa nei social, dove si è convinta grazie ai cosiddetti influencer che la risposta a tutti i suoi disagi era di essere transgender. Dopo aver contattato la prima psicologa che ovviamente seguiva la massa e quindi l’affermazione, continuando le mie ricerche ho appreso da alcuni Detrans che la psicoterapia che effettivamente li aveva aiutati era stata quella cognitivo interpersonale. Mi sono messa alla ricerca di un centro che facesse questo tipo di terapia, e nel 2021 abbiamo iniziato. Oggi mia figlia è quasi maggiorenne ma dopo due anni e mezzo dall’inizio della terapia ha desistito, sta bene nel suo corpo di piccola donna, non soffre più di ansia e depressione ed è veramente felice.

Sono fiera di fare parte dell’associazione GenerazioneD, anche se mia figlia ora sta bene, continuerò a stare al fianco e sostenere tantissimi genitori che stanno soffrendo e si sentono abbandonati, come lo sono stata io.

Cordiali saluti

Una mamma come tante

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Sono una madre la cui figlia quindicenne poco dopo il difficile periodo del lockdown si è dichiarata transgender, senza aver mai manifestato in precedenza alcun disagio col proprio corpo. Vivere questa situazione da genitori è difficile e doloroso, anche perché la psicologa a cui abbiamo chiesto aiuto e i professori a scuola hanno immediatamente cominciato a chiamarla col nome maschile che si è scelta senza chiederci nulla. Faticosamente, anche grazie all’associazione GenerAzioneD, abbiamo trovato un’altra terapeuta e con fatica e tanto amore ora vediamo la luce in fondo al tunnel.

Grazie per aver affrontato un tema così delicato, c’è davvero bisogno che se ne parli.

Una mamma