Potremmo cavarcela con una mediocre battuta riferita agli oceani: la sinistra un tempo pacifica è diventata atlantica. In effetti, sorprende il transito da Oriente a Occidente di gran parte delle culture e dei sentimenti della sinistra. La domanda che accora molti sinceri militanti è: esiste oggi la sinistra nella porzione di mondo che si fa chiamare Occidente, pseudonimo dell’egemonia americana?
La domanda imporrebbe di definire preliminarmente la categoria di sinistra; le difficoltà sono così grandi che l’unica via d’uscita è l’autoidentificazione. Sinistra è ciò che si definisce così. Il principio guida della sinistra diffusa è la fede nel cambiamento, identificato con il concetto di progresso. Obiezione: il cambiamento è solo una variazione. Può essere positivo o negativo, dipende dai presupposti, dagli obiettivi e soprattutto dai risultati. Ai discepoli che gli chiedevano come avrebbero distinto i buoni dai cattivi, Gesù risponde: guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.
I frutti dei cambiamenti promossi e realizzati dalle correnti di sinistra nell’ultimo trentennio sono pessimi. Tutto hanno “decostruito” (altra parola ingannevole, sinonimo intellettualistico di distruzione) gettando nella spazzatura ogni passato, principio, idea ricevuta. Tabula rasa, poiché si distrutto l’esistente per sostituirlo con il nulla, con utopie o con il puro e semplice rovesciamento di ciò che “prima” era giusto e buono. Progresso uguale inversione. I frutti sono la cancellazione di modelli sociali, esistenziali, valoriali che hanno rafforzato quello che prima del 1989 era il nemico assoluto della sinistra, il liberalcapitalismo. Gran parte della sinistra ha raggiunto la destra classica nella glorificazione del mercato, nell’accettazione di politiche antisociali, nella privatizzazione del mondo. Messi in soffitta la lotta di classe, il marxismo e il conflitto servo-padrone, sulle piste della Scuola di Francoforte, la sinistra ha abbandonato le classi subalterne. Per niente rivoluzionarie, scoprì infastidito Adorno: vogliono semplicemente migliorare la loro condizione. Sono conservatrici e condividono con altri gruppi sociali la “personalità autoritaria” da estirpare. Marcuse immaginò la “liberazione” – concetto omnibus assai caro alla sinistra, che diffida delle libertà concrete e le odia- nella forma della sessualizzazione della vita, del vivere esperienze (diventate dipendenze) di ogni tipo senza limiti o vincoli etici, della negazione fine a se stessa. La porta era aperta per l’uomo a una dimensione, il cui esito è il pensiero negativo, il transito verso il soggettivismo e il nichilismo. La trionfante cultura della cancellazione, l’odio di sé che pervade l’Occidente che si spoglia di sé, è l’inveramento del “grande rifiuto”, il vangelo ateo imposto da Marcuse.
L’intellettuale e politico comunista Gyorgy Lùcacs definì un abisso l’esperienza francofortese. “Vissero in una lussuosa suite del metaforico Grand Hotel Abyss, dal quale potevano dedicarsi a contemplare il vuoto che si apriva sotto di loro, la crisi della modernità che stavano accelerando, seduti in comode poltrone tra pasti eccellenti e intrattenimenti artistici”.
Il cambiamento senza fine oscura la visuale. Ad esempio impedisce la vedere l’abisso di sorveglianza totalitaria dell’abolizione del denaro contante, di cui la sinistra è sfegatata sostenitrice, in nome di falsità, come la lotta all’evasione fiscale. La presbiopia progressista impedisce di vedere le grandi evasioni fiscali- società finanziarie, fondi, giganti della tecnologia- concentrando il rancore e l’invidia sociale contro artigiani e professionisti. La sinistra, custode del positivismo giuridico, proclama le “regole” ma nei fatti smantella la presunzione di innocenza, architrave del diritto, per compiacere il femminismo più radicale. “Io ti credo, sorella”, gridano contro la violenza sessuale, un crimine odioso che tuttavia non può portare a condanne senza prove. In Spagna, per il reato di lesioni con uguale prognosi, l’imputato maschio subisce una condanna doppia rispetto alla donna. Si cominciano a richiedere ricusazioni dei giudici sospettati di non credere nella “prospettiva di genere”. Sarebbe ridicolo se non fosse drammatico. In nome del cambiamento promosso da sinistra, accolto dal capitalismo dominante a cui nulla importano valori e principi diversi dall’utile, alcuni gruppi o collettivi, specie minoranze sessuali, godono di uno status privilegiato giacché vanno risarciti di torti – autentici o meno- del passato, in clamorosa violazione del principio di responsabilità personale, ancora più impressionante in una società che cancella il passato e non ha padri. Possiamo definire positivi questi cambiamenti, definirli progressi? Nuove ingiustizie prendono il posto delle vecchie, criteri di vendetta etnica, sessuale o bizzarre rivendicazioni sostituiscono il faticoso equilibrio raggiunto nel tempo. Secoli di diritto e civiltà scavalcati, negati: decostruzione. La sinistra sostiene queste idee che sono cambiamenti, ma non apportano alcunché di positivo. Ci sono innumerevoli esempi di contraddizioni. Si negano le verità della natura e della biologia, chiamandole costrutti culturali prodotti dal male assoluto, il maschio bianco normale, padre di famiglia. Ci fanno credere che esistano donne con il pene, che sia una buona cosa interrompere farmacologicamente lo sviluppo puberale. Si arriva – dopo averla rimossa- a glorificare la “buona morte”. In Canada a una donna disabile che chiedeva di rimuovere le barriere architettoniche attorno casa, il governo ha proposto la morte assistita. Persona inutile, debole, malata. Ucciderla per il suo bene è un cambiamento di paradigma, non un progresso. L’autopercezione assume un valore superiore all’ evidenza biologica, mentre situazioni estreme, malformazioni, anomalie genetiche o fisiche, anziché essere accompagnate da speciale solidarietà e comprensione per chi ne soffre, vengono esibite per giustificare l’esistenza di più sessi. Uniti alla glorificazione del “migrante” – un participio presente che indica una condizione provvisoria, di transito, non una figura stabile- questi sono i temi che affascinano la nuova sinistra. Le rivendicazioni di giustizia sociale, le speranze di una più equa distribuzione della ricchezza, sono sostituite dalle ideologie di genere, dal femminismo più rancoroso e da un ambientalismo declamatorio che confonde cambio climatico, emissioni di gas e problemi energetici, un calderone assai ben visto dalle élite, impegnate in immense ristrutturazioni produttive ponendo il costo a nostro carico, con scelte definite indiscutibili e prive di alternativa. Esplode un ecologismo così sciocco da imbrattare e deturpare opere d’arte in odio al genere umano, da festeggiare la chiusura di fabbriche di fertilizzanti, nonostante significhi carestia e fame per milioni di persone. La decisione del governo olandese di chiudere tremila aziende agricole è un esempio di fondamentalismo autolesionista. Nel bel mezzo di una crisi che coinvolge l’intera Europa, cambiamento è vietare produzioni alimentari per emergenze non verificabili. Nel contempo, ci convincono a consumare insetti e cibo artificiale, i cui produttori e banditori sono i piani alti del potere del denaro, a partire dai miliardari “filantropi”. Tutte politiche entusiasticamente sostenute dalla sinistra (sulla destra un bel tacer non fu mai scritto), la cui arma principale – insieme con la mitologia del progresso- è l’accusa di fascismo rivolta contro chiunque osi eccepire, dissentire, chiedere una discussione. Il cambiamento della sinistra è avere dimenticato di combattere i privilegi di classe per concentrarsi sulle ingiustizie perpetrate dall’uomo bianco, dal maschio oppressore, dalla cultura eterosessuale. Se quello stesso uomo bianco, cisgender (cioè normale) è povero, disoccupato e senza casa? Non importa, mantiene il fardello della colpa storica, anche nei confronti di ricchi “decostruiti” o “risvegliati”, i progressisti punitori di se stessi. La conclusione è che la sinistra è il principale sostegno del sistema, anzi è il sistema. Per chi avesse dubbi, follow the money, seguite il denaro. Chi è finanziato da Soros, Gates, dalle fondazioni miliardarie, dalle ricche ONG private, per quali battaglie, se non quelle della nuova sinistra? Quali sono le preferenze ideologiche e politiche dei giganti della finanza e della tecnologia? Non vi è peggior cieco di chi non vuole vedere. Impressiona l’incapacità di cogliere l’enorme dissonanza cognitiva, la contraddizione insanabile tra pensieri, idee, condotte. Strano non capire che i vertici del capitalismo, della finanza, dell’industria e della tecnologia finanziano ciò che fa loro comodo, non chi è loro nemico. La sinistra non è solo passata al nemico, ma ne è diventata la migliore alleata, la marionetta mossa dai fili tenuti nella mano del padrone, o addirittura, come il cane di Pavlov, al semplice risuonare di parole prive di significato reale, come fascismo e antifascismo. In lontananza, nel mondo reale, aumentano povertà, disoccupazione, disagio, precarietà. E’ il paradosso di Bertolt Brecht, enunciato dopo la rivolta popolare in Germania Est del 1953: il Comitato Centrale ha deciso; poiché il popolo non è d’accordo, bisogna nominare un nuovo popolo. Eccolo, bell’è pronto, il nuovo popolo di sinistra, allineato alla parola del potere, cane da guardia dei padroni che odiava. Certo, ha la sua bella convenienza: il monopolio dell’industria culturale, musicale, dello spettacolo, dell’università, dell’intrattenimento, della pubblicità. Carriere, onori, prebende, denaro. I valori che declamano con occhi umidi e mano sul cuore hanno assai poco a che fare con le azioni che praticano. Dissonanza cognitiva per lo psicologo Leon Festinger: per noi incoerenza e falsità. Il potere liberalcapitalista ha abilmente cambiato la confezione per mantenere i suoi contenuti e la ferrea presa sulla società. Come Tancredi, il nipote del Gattopardo, si allea con una finta rivoluzione per controllarla, fagocitarla e neutralizzarla: “occorre che tutto cambi affinché nulla cambi”. I più giovani sono stati facilmente catturati, anche se stanno iniziando a capire e qualcuno mette in discussione la narrazione dominante. Le generazioni ex rivoluzionarie hanno smobilitato, stanche, confuse dalla propaganda, sedotte, accettando con entusiasmo il cambiamento che la confusione chiama progresso. Continuano a chiamarsi sinistra e progressisti, a eccitarsi dinanzi all’icona di Che Guevara – diventata logo brevettato- e perfino a considerarsi marxisti, ma sono ridotti a immagine capovolta riflessa in uno specchio. Per comodità, ignavia, incomprensione, per non ammettere il fallimento esistenziale, applaudono tutto ciò che ieri aborrivano. Da pacifisti ad atlantisti, che straordinario capolavoro delle oligarchie avere come burattini di servizio e tifosi della curva ultrà chi ha cambiato la bandiera rossa con il drappo arcobaleno e neppure si è avveduto di aver virato di trecentosessanta gradi. Ora possono applicare le peggiori politiche antisociali, spopolamento, controllo, sorveglianza e guerra dietro la falsa bandiera (false flag…) dei diritti delle minoranze, del pianeta, del progresso. Pompieri e piromani uniti nella lotta. Geniale. Se l’Occidente non è ancora esploso, con la distruzione dell’industria, il brutale abbassamento delle condizioni di vita, pandemie sospette, l’imposizione di ideologie nichiliste, politiche antipopolari e infine la guerra, è perché il potenziale del dissenso, l’attivismo di ieri è stato cooptato nel sistema sino a diventarne spina dorsale, oltreché cane da guardia. La sinistra di Don Ferrante dei Promessi Sposi, l’uomo di potere il cui compito è “troncare, sopire”. Centrata sulla lotta contro il fascismo inesistente dimenticando quello oligarchico di cui è serva, la sinistra funge da polizia del pensiero. Chi sfugge alle idee dominanti è depistato, incanalato in battaglie di modesta entità. Il massimo successo del potere è di avere ottenuto- finora- che le ampie minoranze anti sistema (o forse maggioranze, se sapessero unirsi) siano disperse e guidate da personaggi espressione del sistema. C’è un’opposizione finta, la “leale opposizione di Sua Maestà”, generalmente la destra (anche quando va al governo contrastata da tutti i poteri di fatto) e una vera, che fa il gioco del sistema o è impotente. Dissidenze controllate, depotenziate dagli stessi che manipolano la sinistra e il progressismo. Patetico è l’esempio della destra brasiliana di Bolsonaro, strumento degli Usa sedotta e abbandonata, priva di un’ideologia alternativa al liberismo. Globalisti light contro globalisti estremi. Ora sono all’opposizione di una sinistra altrettanto controllata dagli Usa, infiltrata da sodali di Soros. Anticomunisti senza comunismo e antifascisti senza fascismo. Contro chi è ribelle davvero, il potere ha inventato il “discorso di odio”, ovvero criminalizza le idee derubricandole a malvagità e diffondendo la cultura della cancellazione, che permette di non discutere nel merito per motivi morali, un criterio molto apprezzato a sinistra. Perché abbassarsi a dibattere con il fascista, l’odiatore, il malvagio Cattivik? Ciò consente di escluderlo a prescindere e non sapere ciò che pensa davvero, il che innescherebbe una nuova, terribile dissonanza cognitiva, il crollo di credenze troppo sciocche per resistere alla prova della realtà. Al di fuori del cerchio magico, gli identitari, i marxisti autentici, i sovranisti e i “populisti” sono attaccati da entrambe le parti, la sinistra del moto perpetuo e la destra con limite di velocità, buonina e responsabile, legge e ordine nonostante l’ordine senza giustizia e la legge senza legittimità. Nella notte in cui tutti i gatti sono grigi, tutti liberali con mille sfumature, atlantici amanti del “giardino “occidentale, ci sono due possibilità: una è rallentare la corsa e guardarsi intorno. Le macerie forse convinceranno a maledire i nostri passi, ma il dentifricio non può rientrare nel tubetto. L’altra è cavalcare la tigre e accelerare la fine del presente stato di cose. Ah, sinistra, se tu fossi ancora te stessa! E tu, destra, se non avessi venduto Dio, Patria e famiglia!