di Enrica Perucchietti
Una indagine condotta pochi giorni dopo l’11 settembre, di cui oggi ricorre l’anniversario, aveva rilevato che nove americani su dieci dichiaravano di soffrire di sintomi da stress post-traumatico.
Il terrore generalizzato, indotto dagli attentati, produsse un’opportunità per il governo Bush che ne approfittò su diversi fronti: da un lato legittimare la Guerra al Terrore, cioè l’ennesima guerra “preventiva” che in un altro momento non sarebbe stata accettata dall’opinione pubblica, grazie a questo assicurarsi un’impresa volta al profitto e alla privatizzazione del governo (il “capitalismo dei disastri”), dall’altra restringere la privacy introducendo il Patriot Act.
Come mostrava Naomi Klein in Shock Economy, quando un Paese è impantanato in una crisi economica e sociale, esistono squadre di “tecnici” (io li definirei sciacalli) che impongono le loro dottrine economiche sulla base di promesse sempre disattese.
Volutamente disattese.
La paura
La chiave di volta per capire cosa avvenne dopo l’11 settembre e per analizzare quanto sta avvenendo ancora oggi sull’ondata dell’emergenza sanitaria è la paura.
La paura è solo uno dei tanti tasselli nel processo di manipolazione sociale che il potere adotta da secoli.
Come ho ampiamente spiegato nei miei libri e approfondito in Coronavirus. Il nemico invisibile (Uno Editori), si induce una crisi o la si strumentalizza per portare avanti politiche che sarebbero altrimenti impopolari ma che la percezione dello shock, indotto o reale che sia, legittima.
In stato di paura, infatti, l’opinione pubblica si sente disorientata, smarrita, come il prigioniero vittima di tortura.
La popolazione sotto la minaccia di pericolo o dopo un forte trauma, necessita di una guida in quanto ha “perso la bussola”, si sente paralizzata dal terrore al punto da accettare qualunque proposta o intervento venga dall’alto.
(L’integrale qui:)
La teoria dello shock: come si strumentalizza la paura, dall’11 settembre a oggi