“E’ un cretino”, avrebbe detto di Trump il segretario di Stato Rex Tillerson, anzi “un fottuto cretino”. “Compariamo i quozienti intellettivi e vediamo chi vince”, ha twittato in risposta The Donald, confermando involontariamente la valutazione di Tillerson. Secondo Steve Bannon, Trump “ha il 30 per cento di probabilità di terminare regolarmente il mandato”, spiegando che potrebbe decadere non per impeachment, ma per il 25mo Emendamento, in base al quale il gabinetto, a maggioranza, può rimuovere il presidente per ragioni (fra l’altro) psichiatriche.
“Diverse persone vicine al presidente mi hanno detto in privato che Trump è “instabile”, che “perde colpi”, che “va in pezzi””, ha scritto Vanity Fair, in un’inchiesta approfondita a firma Gabriel Sherman. A dare occasione all’inchiesta è stata un’intervista al New York Times del senatore – repubblicano – Bob Corker, che ha definito la Casa Bianca di questi giorni “un asilo-nido per adulti” (adult daycare) e ha detto di temere che Trump scateni la “Terza Guerra Mondiale”.
Vero o no che sia, l’indagine di Vanity Fair restituisce un quadro (clinico) allarmante. Il capo di gabinetto, generale John Kelly, è profondamente a disagio e infelice nella sua carica, ma vi resta per senso del dovere, per frenare le decisioni più disastrose che Trump da solo potrebbe prendere.
Per esempio, ordinare un attacco atomico preventivo contro la Corea del Nord. Anzi, Kelly e il generale James Mattis, il segretario alla Difesa, avrebbero discusso fra loro cosa fare se Trump ordinasse il primo colpo nucleare. “Gli si opporranno?” si domanda l’anonimo spifferatore della storia a Vanity Fair, indicato come “un ex funzionario” della Casa Bianca.
Un’altra indiscrezione: Trump, in una riunione dello scorso luglio, avrebbe espresso il desiderio di “decuplicare l’arsenale atomico”. Trump ha negato per tweet, minacciando di “togliere la licenza” (?) alla catena tv NBC News per tale fake news.
Ma diverse voci confermano: Trump, saputo in quella riunione che gli Usa hanno attualmente 4 mila testate nucleari e che nel 1960 ne avevano 32 mila, ha espresso il desiderio di riportarle a quel numero, lasciando basiti i generali.
Si parla anche di una riunione del consiglio di sicurezza nazionale nella situation room, il 19 luglio scorso, quando “Trump ha ordinato ai capi militari di licenziare il comandante dello forze Usa in Afghanistan, e ha paragonato i loro consigli a quelli di un consulente di sua conoscenza di un ristorante di New York, i cui suggerimenti sbagliati avevano fatto perdere denaro e tempo”.
“Questa riunione, convocata perché il Presidente approvasse la nuova strategia sull’Afghanistan, è stata così improduttiva che i consiglieri hanno deciso di continuare la discussione il giorno dopo al Pentagono, con la speranza che in una riunione con meno persone il presidente si sarebbe più concentrato”.
Il quadro che emerge da simili fatti o indiscrezioni è diverso da quello che ci si è raffigurati. E’ meno il Deep State che ha messo alle costole di Trump i generali Mattis e Kelly per neutralizzarlo e fargli continuare la politica bellicista di sempre, quanto i generali che, vincendo la loro voglia di dimettersi, si sforzano di trattenere The Donald, completamente esaltato dalla scoperta della potenza militare Usa (acquisita nelle prime riunioni) e del suo proprio potere su di essa, che gioca a fare il dittatore folle, impartendo ordini pericolosissimi. Aggravati da una mente sconclusionata, incapace di concentrarsi, nonché “da una furiosa mancanza di conoscenze” specifiche e da “idee da cartone animato”. Così il sito Red State.
Esagerazione di un sito politicamente ostile?
Fatto sta che Trump ha apertamente sconfessato il suo segretario Tillerson nei suoi sforzi di aprire (o mantenere aperto) un canale diplomatico con la Corea del Nord, con tweet del tipo: “Risparmiati la fatica, Rex. Serve una sola cosa”, la Bomba.
Tillerson appare in lotta non solo con il Cretino, ma anche con il Deep State, che quanto a intensità di follia non è certo secondo: sempre più fanaticamente impegnato a portare le relazioni con Mosca ad un punto di non ritorno (l’uccisione del generale Asapov, la bollatura della redazione americana di Russia Today come “agenzia straniera”, il bando all’antivirus Kasperski in Usa, accusato dagli israeliani di avere dentro un software spionistico, l’armamento nuovo ai ribelli in Siria…). Per esempio, Tillerson ha fatto una telefonata cordiale a Lavrov, in cui, secondo il comunicato ufficiale, s’è parlato perfino della “prospettiva di collaborazione Russia-Usa per far funzionare le zone di de-escalation “ in Siria. Una telefonata che ha forse solo il senso di dare un disperato segnale: non è il Segretario di Stato la fonte degli attacchi e delle provocazioni.
Ancor più grave, Tillerson è a favore che gli Usa continuino a mantenere l’accordo nucleare iraniano, che Trump invece sicuramente straccerà, fra l’altro aggravando la rottura con gli europei che invece continuano a sostenerlo. Cosa farà, imporrà sanzioni agli europei che commerciano con Tehran?
Tillerson ha indetto una conferenza stampa per smentire – non già di aver dato del cretino al suo presidente (su questo ha glissato) – ma di essere sul punto di dare le dimissioni. Anche lui, come Kelly, per senso del dovere.
Lieberman il Furioso
Anche il generale Mattis, nonostante il suo soprannome “mad dog”, esercita quanto può il ruolo di ragionevole trattenitore del pazzo. Anche lui davanti al Congresso s’è dichiarato a favore che gli Usa mantengano fede all’accordo con l’Iran (e gli alleati europei e la Russia) sul nucleare iraniano, che Teheran sta rispettando. Ciò ha fruttato a Mattis la furiosa visita di un altro pazzo, il ministro della difesa israeliano Avigdor Lieberman, in pieno “disordine da stress pre-traumatico” (la nota turba psichica dell’ebraismo) “il quale sostiene la posizione di Trump” (ovvio) ed ha informato il capo del Pentagono – testualmente – che
“il conflitto Israele-Iran in Siria ha raggiunto il punto di non ritorno”, e che “siccome Teheran continua ad ignorare gli altolà di Israele all’espansione iraniana nel Medio Oriente, […] Israele va ad un conflitto con l’Iran” in Siria.
Infatti “Israele ha reso chiaro, sia gli iraniani che ai siriani, ed anche ai russi, che non consentirà alcuna presenza israeliana in Siria, specialmente aerei da guerra o un molo iraniano nel porto di Tartus”.
Per adesso, scrive il sito ebraico (dei coloni) Yenet News da cui traiamo la notizia, ciò che Lieberman potrà ottenere al massimo sarà “l’appoggio del Pentagono per intensificare la guerra contro la sovversione dell’Iran in Medio Oriente, dallo Yemen a Gaza al Libano”, infatti già esiste “un piano americano contro Hezbollah come parte della guerra contro l’Iran e i suoi satelliti”, un piano che “si inserisce molto bene nelle misure segrete contro l’espansione iraniana nella regione”, insomma la continuazione della sovversione e sostegno ai jihadisti, con le uccisioni di russi, che abbiamo già visto. Ma se Lieberman riuscisse a giungere all’orecchio di Trump, pensate quel che può succedere.
C’è da pregare perché Kelly, Mattis e Tillerson non siano spinti alle dimissioni e riescano a trattenere il Pazzo? O dobbiamo sperare la misura straordinaria di deposizione del presidente prevista nel 25 Emendamento? Nell’articolo di Vanity Fair si racconta che Steve Bannon, quando era ancora il capo-stratega alla Casa Bianca, ha detto francamente a Trump che, col suo comportamento, non doveva temere l’impeachment ma il 25mo Emendamento. Al che Trump ha risposto: “E che cos’è?!”.
(Sembra che The Donald telefoni ogni tanto a Bannon, che ha cacciato, dal suo telefono privato, “quando non c’è in giro Kelly”)
Come modesta conclusione, non ci resta che notare quante personalità disturbate, irresponsabili, pericolosamente instabili o con gravi problemi di sociopatia – da Bergoglio a Netanyahu ad Erdogan, che sta rompendo i rapporti diplomatici con gli Usa, nello sgomento dei suoi ministri – è salita ai vertici del potere in questo passo apocalittico della storia, aumentando il disordine demolitorio ed esplosivo dell’Ordine Mondiale. Vi aggiungeremo il ridicolo e comico clamore per Harvey Weinstein, l’ebreo produttore inevitabilmente porcaccione con le attrici (sai che sorpresa), uno Strauss Kahn all’ennesima potenza (ebrei..), grande amico e finanziatore dei Clinton, che rischia di far aprire il capitolo, ipocritamente chiuso, delle perversioni satanico-pedofile dell’entourage….Noteremo che è la perdita generale e totale, nei potenti e non potenti occidentali, del Timor di Dio, a portare a questa deriva fatale, la demenza e la psicopatia. A chi mi rimproveri che questo è mio bigottismo cattolico, risponderò con la frase pagana: “ Quos vult perdere, Jupiter amentat prius”.