Nessun eterosessuale, nemmeno altamente vizioso, in faccende di sesso con prostitute sì è mai comportato come risulta facesse regolarmente questo Morisi, l’ex media manager di Salvini: assoldare più escort rumene giovani su un sito d’incontri “specializzati”, allo scopo di darsi ad “orge gay con consumo di droghe miste” come scrisse lui stesso, condite droghe come regola per far durare erezioni ed eccitazioni oltre i limiti, coca più droga “dello stupro” per continuare quando il corpo e la natura ti dicono basta così; e con una frequenza, svergognatezza e chiassosità da disturbare ed esasperare i vicini al punto di indurli forse a fare segnalazione ai carabinieri; e con un esibizionismo incontrollato tanto da scadere dalla propria posizione sociale, e rovinarsi professionalmente e buttare alle ortiche prestigio e successo.
In questa oltranza voluta come essenziale alla soddisfazione sessuale, in questa voglia di superare ogni limite e di perdere il controllo di sé e degli eventi, si esibisce una pulsione di morte e di autodistruzione nichilista, che nessun eterosessuale può praticare: il sesso per l’eterosessuale anche vizioso ha per lo più un aspetto di intimità a due, a massimo a tre; scambi di mogli possono organizzarsi in siti specializzati; il corpo appagato, con l’orgasmo raggiunto, pone un limite naturale e invita al riposo, a fare altro.
Perché nell’omosessuale ciò non succede? Perché la droga – “droghe miste” – quando il corpo direbbe basta? Si può dire che il comportamento di Morisi, così evidentemente dannoso per sé, la causa politica e Salvini, non è “normale”? Abnorme, più precisamente? Che è patologico comportarsi così? No, non si può dire. Se passa il ddl Zan, è un reato dirlo, e si viene trascinati in giudizio: i militanti omosessuali vogliono essere ritenuti ”normali”, esigono che non si parli di disturbo psichico quando praticano l’abnorme. Ciò è distruttivo della civiltà. Le civiltà infatti servono a “contrastare l’anomia, l’assenza di norma ma anche di nome, l’irruzione del sub-umano nella cultura, dell’anomia nella norma, il caos nel cosmo ordinato dell’organizzazione umana”.
Qui di seguito il magistrale articolo del grande Roberto Marchesini su La Nuova Bussola Quotidiana, sulla stessa temperie che ci aduggia
Italia, aleggia un’ombra di morte (e forse un motivo c’è)
Cosa succede all’Italia? Tra referendum per legalizzare cannabis ed eutanasia da una parte e il terrore costante di prendersi un pericolosissimo virus mortale, pare che un velo mortifero sia sceso sul nostro Paese.
Non è un modo di dire: il 2020 è stato l’anno in cui, in assoluto dall’unità del Paese, sono nati meno bambini e sono morte più persone. E il futuro sembra ancora più nero. Un sito di analisi ha previsto per il 2025 (quattro anni) un calo della popolazione del 31%, rispetto al numero attuale di abitanti. Ovviamente i «debunker» si sono affrettati a smentire la notizia che, curiosamente, è sparita dal sito originale. Eppure la sconvolgente previsione ha ricevuto recentemente una drammatica conferma da parte dell’Istat: nel giro di pochi anni la popolazione italiana sarà dimezzata.
Insomma: l’Italia sta danzando una danza macabra guidata dalla morte che ci conduce per mano verso la tomba. A pensarci c’è da restare a bocca aperta: per chi ricorda l’Italia degli anni Settanta è difficile pensare ad un Paese più vitale. Erano gli anni nei quali la gente andava al lavoro cantando e fischiettando (persino con la paura del terrorismo), il nostro era «Il paese dei campanelli», ai bambini si insegnava «Viva la gente» e una delle canzoni di maggior successo recitava «io lavorerò, tu mi aspetterai e una sera impazzirò quando mi dirai che un figlio avrai, avrò». Di tutta questa vitalità non resta più nulla. C’è aria di morte, odore di morte, voglia di morte.
«È stato un tempo il mondo giovane e forte
Odorante di sangue fertile
Dimora della carne, riserva di calore
Sapore e familiare odore
Il nostro mondo è adesso debole e vecchio
Puzza il sangue versato è infetto»
(CSI, Del mondo)
A dar retta a Freud, sembra che la ragione abbia capitolato e che siano emerse dagli inferi le pulsioni sessuali e, soprattutto, di morte. Quest’ultima, Freud la chiamava Thanatos, usando lo stesso nome dei Greci. Un antico dio che ora sembra governare, se non il mondo, almeno il nostro Paese. C’è un brano di Jung particolarmente inquietante che parla proprio di questo: «Siamo ancora così posseduti dai nostri contenuti psichici autonomi come se essi fossero divinità. Ora li chiamiamo fobie, coazioni e così via, in una parola, sintomi nevrotici. Le divinità sono diventate malattie, e Zeus non governa più l’Olimpo, ma il plesso solare ed è motivo di interesse per i medici, nella loro ora di consultazione, o di turbamento per il cervello degli uomini politici o dei giornalisti, che a loro insaputa scatenano epidemie psichiche nel mondo». Un brano molto caro a Hillman, celebre allievo di Jung che ha fatto di queste affermazioni il fulcro del suo pensiero. Ciò che Hillman propone è un «ritorno alla Grecia», cioè a una situazione nella quale gli dei abbiano il dominio e il controllo del mondo. La sua è una «psicologia archetipica» ma non dell’individuo, dell’umanità, anzi: del mondo. Esiste un’anima del mondo – un’anima mundi, secondo una locuzione platonica – della quale gli dei sono espressione. Restituire agli dei il loro posto nel mondo significa ripristinare l’anima mundi. Il dominio degli dei è, ovviamente, orrendo e spietato; comporta, ad esempio, lo stupro e il suicidio.
Forse è quanto sta accadendo in Italia? Gli antichi dei hanno riconquistato la terra, la nostra terra? E ricordiamo il Salmo: gli dei delle nazioni sono demoni (Sal 96, 5). Alcune inquietanti immagini dei mesi seguenti si impongono alla memoria.
Ottobre 2019: al Colosseo, luogo dove la tradizione vuole che sia scorso il sangue dei martiri cristiani, compare una statua di Moloch, la divinità alla quale i popoli mediorientali sacrificavano i bambini. In seguito si scoprirà che si trattava «solamente» della pubblicità per l’apertura di un parco di divertimenti (per bambini…) a Cinecittà, al cui ingresso sarà posto proprio Moloch. Poche settimane dopo scoppierà la «pandemia» di Covid.
Aprile 2021: a Milano, in Piazza Gae Aulenti, spunta dal nulla un enorme caprone ligneo. Non pensate male: anche in questo caso era solo una pubblicità e un monumento «alla resilienza».
Settembre 2021: arriva al Quirinale (sede del presidente della Repubblica Italiana e precedentemente Palazzo Apostolico) la «Porta dell’Inferno» dello scultore francese Rodin. Tranquilli: si tratta semplicemente di una esposizione in occasione dei settecento anni dalla morte (aridaje…) di Dante. Circolare, non c’è nulla da vedere.
La morte, dicevamo, aleggia sopra l’Italia, scorrazza per l’Italia. Ripensando all’Apocalisse, verrebbe da dire che cavalca: in compagnia, dice il testo sacro, di altri due cavalieri, la guerra e la carestia. Ma restiamo in tema. Il punto è che la morte dell’Italia non ha un significato locale, ma cosmico. Non ci credete? Rileggiamo il Discorso di Ratisbona (2006), di Benedetto XVI: «Il qui accennato vicendevole avvicinamento interiore, che si è avuto tra la fede biblica e l’interrogarsi sul piano filosofico del pensiero greco, è un dato di importanza decisiva non solo dal punto di vista della storia delle religioni, ma anche da quello della storia universale – un dato che ci obbliga anche oggi. Considerato questo incontro, non è sorprendente che il cristianesimo, nonostante la sua origine e qualche suo sviluppo importante nell’Oriente, abbia infine trovato la sua impronta storicamente decisiva in Europa. Possiamo esprimerlo anche inversamente: questo incontro, al quale si aggiunge successivamente ancora il patrimonio di Roma, ha creato l’Europa e rimane il fondamento di ciò che, con ragione, si può chiamare Europa».
L’Italia ha, nel provvidenziale piano divino, un compito particolare: da qui è nata l’Europa, da qui il cristianesimo si è diffuso nel mondo. Forse è per questo che la morte ha scelto proprio l’Italia? Forse è questo il motivo per cui, mentre sempre più Paesi hanno deciso di derubricare il Covid a semplice influenza, noi stiamo ancora vivendo misure emergenziali mai così gravi e non adottate in nessun altro Paese? Insomma, che dire? Meglio tacere e lasciar parlare Joseph Roth: «Sopra i calici dai quali noi bevevamo la morte invisibile incrociava già le sue mani ossute».