Possiamo essere certi che la desolazione e l’empietà di questi nostri tempi – che preludono a tribolazioni ancora più grandi di quelle ora viviamo – saranno vinti dalla carità, perché, come dice san Paolo, «La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta».
Se c’immergessimo nella carità, che “si compiace della verità” e che “tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”, comprenderemmo bene quello che sta avvenendo. Realizzeremmo, in modo definitivo, che stiamo vivendo un castigo di Dio, perché anche noi, come gli abitanti di Sodoma e Gomorra, abbiamo “abbandonato il patto dell’Eterno” (Deuteronomio 29,25). Quel patto così descritto in Esodo 24: «Poi Dio disse a Mosè: “Sali verso il SIGNORE tu e Aaronne, Nadab e Abiu, e settanta degli anziani d’Israele e adorate da lontano; poi Mosè solo avanzerà verso il SIGNORE; ma gli altri non si avvicineranno e neppure il popolo salirà con lui”. Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del SIGNORE e tutte le leggi; e tutto il popolo rispose a una voce e disse: “Noi faremo tutte le cose che il SIGNORE ha dette”.
Mosè scrisse tutte le parole del SIGNORE. Poi si alzò la mattina presto e costruì ai piedi del monte un altare e dodici pietre per le dodici tribù d’Israele. Mandò dei giovani israeliti a offrire olocausti e a immolare tori come sacrifici di riconoscenza al SIGNORE. Mosè prese metà del sangue e la mise in catini; l’altra metà la sparse sull’altare. Poi prese il libro del patto e lo lesse in presenza del popolo, il quale disse: “Noi faremo tutto quello che il SIGNORE ha detto e ubbidiremo”. Allora Mosè prese il sangue, ne asperse il popolo e disse: “Ecco il sangue del patto che il SIGNORE ha fatto con voi sul fondamento di tutte queste parole”».
L’ha abbandonato innanzitutto la Nuova Chiesa, nell’epilogo drammatico di questi ultimi otto anni, conseguenziale ad un’opera di distruzione del Cristianesimo che la Massoneria ha perseguito per secoli. L’ha abbandonato lo Stato, che si sta ora organizzando – con il Governo presieduto da Mario Draghi – a rendere conto dei suoi piani di isolamento, di distanziamento sociale delle persone e di stravolgimento di tutti gli assetti che conoscevamo della vita sociale ed economica, in risposta a quanto chiede l’elite globalista e tenendo presente la riunione di questa primavera di Davos, che avrà per titolo il “Grande Reset” e l'”agenda” che dovrà essere implementata entro il 2030.
C’è una convergenza agghiacciante tra Chiesa e Stato, in questa rottura del “patto con l’eterno”. Domenica 14 febbraio sono accaduti due fatti che, apparentemente divergenti, vanno entrambi in questa direzione.
Il primo fatto riguarda la Chiesa. Durante l’Angelus, commentando il passo del Vangelo che racconta l’incontro di Gesù con il lebbroso (Mc 1,40-45), Bergoglio ha affermato: «Dinanzi a tutto questo, Gesù ci annuncia che Dio non è un’idea o una dottrina astratta, ma Dio è Colui che si ‘contamina’ con la nostra umanità ferita e non ha paura di venire a contatto con le nostre piaghe. ‘Ma padre, cosa sta dicendo? Che Dio si contamina?’. Non lo dico io, lo ha detto San Paolo: si è fatto peccato (cfr 2 Cor 5,21). Lui che non è peccatore, che non può peccare, si è fatto peccato. Guarda come si è contaminato Dio per avvicinarsi a noi, per avere compassione e per far capire la sua tenerezza[PQ1] ».
L’attacco portato da Bergoglio è un attacco a Dio e non è la prima volta che lo fa. Fu ancora più chiaro il 15 giugno 2013, durante un’omelia a Santa Marta, quando disse: «E quando noi andiamo a confessarci, per esempio, non è che diciamo il peccato e Dio ci perdona. Noi troviamo Gesù Cristo e gli diciamo: questo è tuo e io ti faccio peccato un’altra volta. E a lui piace, perché è stata la sua missione: farsi peccato per noi, per liberarci. Cristo si è fatto peccato per me e i peccati sono là, nel suo corpo, nel suo animo. Questo è da pazzi, ma è bello: è la verità. Questo lo scandalo della croce».
Sono sufficienti due riferimenti della Sacra Scrittura per confutare le affermazioni eretiche dell’inquilino di Santa Marta. Scrive l’Apostolo Giovanni (1Gv 3,5): «Voi sapete che egli (Gesù Cristo) è apparso per togliere i peccati e che in lui non v’è peccato». Scrive San Pietro: «A questo infatti siete stati chiamati, poiché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca, oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime» (1Pt 2,21-25).
Il secondo fatto ha per protagonista lo Stato. Un consulente del confermato Ministro alla Salute, Walter Ricciardi, recentemente nominato membro della Pontificia Accademia per la vita (guarda un po’…) afferma la necessità di un lockdown totale, che preveda la chiusura di tutte le attività (comprese le scuole) e l’apertura dei soli servizi essenziali. Il giorno dopo, il CTS rilancia questa posizione. Da un anno, chi dovrebbe consigliare come salvare vite umane, indicando alla popolazione le cure da dare ai primi sintomi del virus (non la tachipirina, come consiglia il Ministero della Salute, ma anti-infiammatori, zitromicina, idrossiclorochina e, eventualmente, cortisone e eparina) o come potenziare i reparti di terapia intensiva (“collo di bottiglia” della situazione sanitaria) o come impedire che vengano cancellati centinaia di migliaia di screening e interventi urgenti per altre patologie o come attuare un piano vaccinale (quando ci sarà, tra qualche anno, un vaccino sicuro), propone il lockdown.
Non ci sono ragioni sanitarie per i lockdown. Mai è stato usato il lockdown per ragioni sanitarie. Neanche per il colera, la peste o la lebbra o la spagnola, che fece, all’inizio del secolo scorso, 100 milioni di morti nel mondo e durò 4 anni. La ragione del lockdown è solo politica. E’ l’arma “suprema” per operare il “Grande Reset”. Ed è un’arma che viene usata, in Italia e in tutto il mondo, contro l’uomo, contro tutte le sue libertà.
Quando la Chiesa falsifica la Parola di Dio, lo fa perché vuole eliminare Dio. Quando lo Stato toglie all’uomo la sua libertà, lo fa per la medesima ragione, perchè la libertà dell’uomo – anche quella di rimanere schiavo del “dispotismo di Stato” – è un dono di Dio.
Questa è la “convergenza” che stiamo vivendo. Una convergenza che ha un precedente. Quella del Golgota, quando potere civile e potere religioso si saldarono per crocifiggere il Figlio di Dio. Dio sta permettendo che il Male sviluppi tutta la sua terrificante potenza e il Male si sta preparando per il prossimo tempo pasquale, che inizia con il Mercoledì delle Ceneri, come fece per la Pasqua dell’anno scorso.
Il periodo di Quaresima prevede la preghiera, il digiuno e l’offerta di elemosina. Preghiamo, digiuniamo e usiamo la carità di cui siamo capaci perchè Dio fermi al più presto il Male che ci circonda, perché – come dice San Paolo – «La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà».
Cari amici, se volete acquistare il mio ultimo libro, “Il disegno del diavolo – Il virus e l’uomo che vuole fare a meno di Dio”, inviate una email a pasqualedanilo.quinto@gmail.com o un messaggio al 340.0727761.
La donazione è di 18 euro. Va fatta con queste modalità:
- PAYPAL a questo link paypal.me/PQUINTO1
- BONIFICO sul CONTO POSTEPAY intestato Pasquale Quinto IBAN IT 54 Y 36081 0513820 1764601769
- Ricarica POSTEPAY intestata Pasquale Quinto Numero carta 5333 1710 7086 6807 – Codice fiscale QNTPQL56B10A662I (“i” maiuscola)
- Vaglia postale intestato Pasquale Quinto – Via G. Matteotti, 9 – 44011 Argenta (FE)