Saranno 45 mila, ha subito detto la polizia. Forse 100 mila, hanno valutato gli organizzatori. A Berlino, sabato scorso, a scendere in strada per manifestare contro il TTIP, il trattato euro-americano cosiddetto di libero commercio concepito in segreto fra eurocrati globalisti e multinazionali Usa, sono stati 250 mila. “Una delle più grandi manifestazioni nella storia recente di Berlino”, secondo Christoph Bautz di Campact, una delle organizzazioni di base che hanno promosso la manifestazione. Gli altri gruppi promotori erano Verdi, Attac, Greenpeace, partiti di sinistra, i primi a non aspettarsi tanta partecipazione. Il fatto è che ad essere scesa in piazza con loro è stata la classe media, quella che vota – o votava – CDU.
Una manifestazione simile è avvenuta ad Amsterdam. Impressionante per violenza la reazione dei media mainstream: non potendo sminuire la manifestazione, la Faz ha deriso i manifestanti e i loro sloga; Der Spiegel ha collegato la crescita del movimento contro il trattato di libero commercio o TTIP alla “crescita del bruno-merda di Pegida (il partito tedesco anti-islamico), Marine Le Pen e Donald Trump”. Un amalgama – chi è contro il TTIP è un nazista di m. – dettato da rabbia e panico. Ed ostinazione a negare legittimità alla protesta.
“Mai visto diffamare, e trattare come il male assoluto, una manifestazione che ha raccolto così tante sigle”, ha notato Ulric Schneider di Paritaetische (un’associazione di movimenti sociali “Impegnati a promuovere la giustizia sociale”).
Solo pochi giorni prima la Commissione Europea aveva ricevuto 3,2 milioni di firme di cittadini che esigono il blocco immediato del Trattato. Per “normativa”, ogni cittadino può partecipare all’elaborazione delle politiche della Commissione presentando un progetto di legge agli oligarchi: deve raccogliere però un milione di firme, dice la “normativa”. Nel 2014, una formale iniziativa in questo senso era già stata rifiutata dalla Commissione. Questa raccolta di firme non avrà forse destino migliore, perché “fuori dal quadro legale europeo”.
Le oligarchie che hanno occupato il potere hanno deliberatamente dichiarato guerra alla volontà popolare. “ È possibile che le pecore pretendano di guidare il pastore nella buona direzione, assumendo anche il controllo del cane da pastore?”, ha dichiarato Mario Monti ex commissario, Trilateral, Bilderberg: “Ci si può addirittura chiedere se la democrazia come noi la conosciamo e l’integrazione internazionale siano ancora compatibili”.
E’ impossibile essere più chiari – e più insultanti. La democrazia è incompatibile col mondialismo, dice il parassita.
In Francia le pecore però stan cominciando a mordere? I capintesta di Air France costretti a fuggire con le camice strappate da lavoratori minacciati di licenziamento hanno suscitato in Hollande una tipica reazione da oligarca: cose del genere, ha detto, “intaccano l’immagine della Francia all’estero”, intendendo che allontanano i famosi investimenti esteri che la globalizzazione porterà ai paesi europei, se si rendono competitivi. “Venendo da uno che ha compromesso l’affidabilità della Francia come partner industriale annullando il contratto di vendita dei due Mistral alla Russia, è senza dubbio un caso di amnesia”, ha ironizzato l’economista e storico Jacques Sapir.
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Sapir è il primo ad evocare la parola proibita: “guerra civile”. Questo ottuso senso di onnipotenza delle elites, questa volontaria sordità delle oligarchie verso le basi sociali, la convinzione che non devono più rispondere ai cittadini, è indurre la guerra civile europea.
Non è una soluzione che Sapir auspica, anzi lo giudica uno sviluppo patologico della crisi che infuria, e che le oligarchie non vogliono vedere. Le violenze all’Air France? Ma è violenza peggiore annunciare il licenziamento di 2900 dipendenti in una società che soffre disoccupazione di massa da otto anni, senza alcuno scrupolo da parte dei dirigenti e nessuna vibrazione da parte del governo.
Vuol dire non vedere “il senso di spossessione di ogni potere che soffrono ormai milioni, anzi la maggioranza dei francesi”, che si vedono “sequestrati gli strumenti di controllo sulle proprie esistenze” da mondializzazione e “costruzione europea” – dove sempre più chiaramente, quello che eufemisticamente chiamano ‘deficit di democrazia ‘ si manifesta per quello che è: negazione di democrazia”. Rifiuto deliberato di dare ascolto al “popolo”. Lo smantellamento delle istituzioni in nome del “ci pensa l’Europa”. Lo svuotamento della politica, lo scivolamento dello Stato verso uno Stato collusivo”. L’anomia generale, dimostrata da ricchezze così eccessive da essere odiose e dalla pretesa di “diritti” dei gay. Tutti i disordini, il senso di essere spossessati del controllo sulle proprie vite, le crisi austeritarie e perdita di orientamento pubblico e privato hanno tutti una causa, in fondo: la perdita della sovranità.
Piaccia o no, solo all’interno di stati sovrani si applica il diritto, e le istituzioni sono legittime. Oggi siamo sotto leggi (meglio: direttive e normative) imposte e escogitate da poteri che non hanno, né cercano di avere, alcuna legittimità. Essi puntano ad un vero totalitarismo arbitrario.
Quale è l’ideologia di questo totalitarismo oligarchico? Attenzione, denuncia Sapir: “è quella tragicamente semplificata dei liberisti e libertari di tutte le risme”. E’ l’ideologia della Tatcher: non esistono le società (come non esistono “idee platoniche”) , la sola realtà sono gli individui che la compongono.. . Ciò equivale a dire che la sola realtà morale collettiva è “il mercato”, perché che la società non ha diritti; titolari di diritti sono solo gli individui, oggi lanciati nella conquista di “diritti narcisistici”.
Questa ideologia è fallace, ha buon gioco a dimostrare Sapir:
“In realtà gli individui sono il prodotto della società, e la costruzione della società è simultanea alla costruzione degli individui”.
Cari lettori, se questa asserzione vi sembra scandalosa, statalista-comunista (o bruno-merda, se siete “di sinistra”) è perché vi hanno imbevuto della ideologia “tragicamente semplificata”, liberista e libertaria, oggi imposta come pensiero unico.
In realtà, basta riflettere quanto sia infantile l’illusione che gli individui pre-esistano alla società e la creino loro, con loro decisioni coscienti individuali. In realtà, basta pensare alla lingua nazionale materna che gli individui parlano: è qualcosa che hanno ricevuto dalla società e dalla sua storia, altrimenti non potrebbero nemmeno parlarsi. E ciò vale per tutto: religione, quadro economico, cultura condivisa, la massima parte delle “idee” e della visione del mondo che gli individui hanno, non è stata pensata da loro originalmente, ma l’hanno ricevuta dalla società. Dalla società ricevono anche il “mercato” in cui speculano, anzi – attraverso le istituzioni – il diritto di essere “individui”.
Naturalmente non si nega con ciò che gli individui influiscano sulla società. “Tra l’individuo e il collettivo si stabiliscono legami complessi – dice Sapir -che sono irriducibili” alla visione tragicamente semplificata dei liberisti. I liberisti-libertari quando vedono un muro, ci vedono i mattoni. Ma non riescono a riconoscere che tra un mucchio di mattoni e un muro di mattoni c’è un salto qualitativo essenziale.
“Volerlo negare, pretendere che ci siano dei fogli bianchi su cui gli spiriti forti scrivono la storia senza tener conto della storia passata, è la ricetta che conduce a drammi orribili, di cui il peggiore è la guerra civile. Tuttavia è a quello che tendono le istituzioni europee e l’ideologia europeista”, in ciò alleato all’individualismo ideologico liberista: unito all’eurocrazia nello smantellare lo Stato, dichiararlo corrotto e quindi da esautorare, e deridere o demonizzare la Nazione e la sua storia, insultare ogni credenza collettiva come “tabù da superare”. Le due forze congiurano nell’abolire “la politica” – ossia il luogo dove gli individui e la società interagiscono, lo Stato. L’abolizione della sovranità, voluta fortemente dalle multinazionali come dai libertari vogliosi di esporre tutti i loro narcisismi (vedi gay pride), è l’abolizione della democrazia. “Perché ci possono essere degli stati sovrani che non sono democratici; ma non s’è mai visto uno stato democratico che non sia sovrano”.
Perché questo non sbocchi nella guerra civile europea (la lotta di tutti contro tutti, che darebbe agli euro-oligarchi il pretesto per perfezionare la loro dittatura illegittima), si impone un compito: “la ricostruzione dell’ordine democratico”, attraverso la riconquista della sovranità, l’uscita dall’euro , la deflagrazione e ricomposizione dei partiti attuali, che sono comitati d’affari…e come?
Interessante constatare che Sapir (benché di sinistra) non condivida affatto la demonizzazione del populismo del mainstream progressista: “La rifondazione della democrazia può imporre o implicare elementi di populismo”.
E perché? Risposta: “Per combattere la tendenza delle burocrazie a produrre delle leggi senza curarsi della loro legittimità, il ricorso ad elementi di legittimità carismatica si impone”, è un antidoto. Come lo è il ricorso al referendum, che partecipa a questa legittimità carismatica.
La dittatura è democratica
E non si contenta di rivalutare il “populismo”, Sapir: “Soprattutto, bisogna ricordare che i poteri dittatoriali fanno parte dell’ordine democratico”. Naturalmente non pensa al senso volgare che oggi ha assunto il termine; pensa alla dittatura romana, che fu istituzione repubblicana, e probabilmente alle sue incarnazioni francesi: Robespierre, Napoleone, la Commune, il fronte popolare…dittature rivoluzionarie. “Bisognerà che la nostra mano non tremi, – scrive – che l’azione non sia interrotta, quando si porrà la questione dell’abrogazione di leggi varate in condizioni certo legali, ma interamente illegittime”. Quando la “legalità” è occupata da un potere illegittimo, la dittatura è la cura: dittatura rivoluzionaria.
Vi sembra un isolato un po’ delirante? Guardate meglio, sapendo quanto in Francia sono importanti gli intellettuali politici. Attualmente, un numero sempre più inquietante di intellettuali e maitres à penser che la sinistra credeva guadagnati per sempre alle sue schiere, stanno rivoltandosi. Un po’ sulla linea dell’ex comunista Alain Soral (“Sinistra del lavoro, destra dei valori”) contestano il politicamente corretto e la censura del pensiero che impone, l’immigrazione senza limiti, contro l’euro, contro l’europeismo, difendono l’identità nazionale contro l’inondazione musulmana. Sono personalità diverse, molti ebrei, molti atei , e adesso “fanno il gioco del Front National”. Le cose sono arrivate al punto che Libération, il giornale storico della gauche, se n’è uscito con un attacco a in piena regola contro questi “polemisti reazionari” (réacs) che “si dicono ostracizzati mentre sono onnipresenti” (nel talk shows), che impongono “Nei media” i loro temi “demagogici” (essenzialmente: contro l’immigrazione e contro la UE) e lo fanno “facendo a pezzi il politicamente corretto”.
E lo ha fatto, Libération, con una copertina così:
“Sì, siamo benpensanti; e allora?”.
Inaudito. Il giornale di tutte le sinistre radical chic, fra trotzkismo e anarchismo, fra sessantottismo e trasgressione (ma di proprietà Rotschild) , si dichiara “benpensante”. Pensate solo se apparisse un titolo del genere, poniamo, sul nostro Manifesto. Siamo qui ad un rovesciamento comico di posizioni: la gauche frou frou si schiera dalla parte di ciò che è sensato, moderato ed assennato contro quei sovversivi anticonformisti di reazionari senza rispetto per i tabù della sinistra. Il punto è che questi spaccatutto, quando vanno in tv a fare a pezzi il pensiero unico, piacciono al pubblico – il pubblico che al 25 per cento voterà Marine Le Pen. Da qui l’accusa da parte di Libération agli intellettuali non-conformisti di “fare il gioco del Front National”, credendo con ciò di squalificarli. Il che ha indotto Régis Debray, un grande vecchio della cultura, non certo di destra, a dichiararsi disgustato dal fatto di “screditare moralmente un avversario intellettuale col piccolo gioco stalinista o maccarthista di ‘fare il gioco di’”.
Questo rovesciamento di posizioni per cui è la sinistra a difendere il perbenismo contro “i reazionari” che sono però trasgressivi e popolari, non è, in Francia, un gioco senza effetto di letterati. E’ il covare di una Révolution.
Siccome in Italia uno scontro e un rovesciamento simili non sono neppure immaginabili, riprendo qui di seguito – a futura memoria – le motivazioni che il movimento “Stop TTIP” dà della sua iniziativa:
Perché Stop TTIP
TTIP, l’accordo di libero scambio prevista tra l’UE e gli Stati Uniti (conosciuto anche con la sigla TAFTA) non servirà gli interessi dei cittadini ma a quelli delle imprese multinazionali:
TTIP mina la democrazia e lo Stato di diritto: le multinazionali straniere possono chiedere cifre esorbitanti, presentando una denuncia contro gli Stati, se gli Stati adottano leggi che riducono i profitti attesi. La causa sarà discussa non da magistrati pubblici, ma da tribunali arbitrali privati
TTIP apre la porta alla privatizzazione dei servizi pubblici: l’accordo privilegia i profitti delle multinazionali, a danno della comunità, sui servizi di distribuzione dell’acqua, della salute e dell’istruzione. TTIP minaccia la nostra salute e il nostro ambiente: ciò che è consentito negli Stati Uniti, sarebbe anche diventata legale in Europa – la via sarebbe aperta per il fracking (shale gas), gli OGM e le carni gonfiate agli ormoni. L’agricoltura contadina sarebbe ulteriormente marginalizzata, mentre crescerebbe ancora il potere dell’agro-industria.
TTIP riduce la libertà: gli utenti di Internet possono essere soggetti a vigilanza e di controllo ancora più gravosi di oggi. Eccessiva protezione del diritto d’autore ostacoleranno l’accesso alla cultura, all’educazione e alla scienza.
TTIP è praticamente irreversibile: una volta votato, il trattato non sarà più modificabile dai politici eletti, in quanto è necessario il consenso di tutti i contraenti per qualsiasi cambiamento. Nessuno Stato membro potrà più recedere dal contratto in quanto è l’Unione europea che lo avrà concluso.