Nel commento di Lady Dody di Bergamo c’è una osservazione interessante:
…Sono anche stufa di sentir lamentare tutti, dai balneari, agli edili, allo spettacolo….ho sentito persino lamentele da lavoratori che nemmeno sapevo che esistessero.
Infatti, anche io l’ho notato. Ma quella è una sensazione che viene dalla tv. I giornalisti televisivi essendo romaneschi, che vivono da Ricchi di Stato, per “imprese in difficoltà” identificano ristoranti, bar, stabilimenti balneari, teatranti rimasti senza lavoro. O il dramma delle badanti e baby sitters.
Sono i bar e ristoranti che frequentano loro, per lo più costosi, e infatti come imprenditore in difficoltà intervistano Vissani: Oppure, moltissimo, Briatore. O la commessa di via Condotti alla quale danno del tu, che, con la mascherina, giustamente si lamenta che non ci sono i turisti stranieri. Giusto, ma insomma non occorreva un servizio speciale per vederlo.
Ma loro intervistano il gestore della spiaggia di Ostia Lido dove loro hanno una cabina stagionale, o al Circeo, a Capalbio, dove si confricano con Dalema, Gad Lerner, Fabio Fazio, Bersani o Chiambretti. O Palamara e i figli di Mattarella.
I giornalisti romaneschi o sono Ricchi di Stato (quelli della Rai) o vivono alla luce dei Ricchi di Stato, la dirigenza con gli stipendioni: vanno insieme negli stessi posti, frequentano le stesse terrazze e ristoranti, ne condividono i modi e gli interessi.
Per lo stesso motivo sono sensibili ai problemi dei teatri che non possono vivere con il distanziamento,e dei teatranti, di cui raccolgono il grido di dolore una sera sì e una sera no: a Roma, finita Cinecittà come luogo vero di produzione, i teatranti sono i figli dei Ricchi di Stato – tipicamente, Fabrizio Gifuni, figlio del più celebre riccone di Stato, Gaetano Gifuni, segretario del Quirinale a vita (leggete la sua biografia, è illuminante: “di formazione risorgimeentale e laica…”).
Questi attori figli di papà vivono di contratti pubblici Rai, e se hanno dei loro teatri, sono teatri dove invitano amici, parenti, mamma e papà e lo zio direttore generale; ovviamente tutti con sovvenzioni pubbliche, non certo con pubblico pagante.
E’ in questi ambienti, in questi giri di gente che si conosce tutta e appartiene allo stesso mondo, che nascono gli allarmi per i balneari che dovranno mettere i separatori di plexiglass e il Vissani che dovrà licenziare; dalle terrazze romanesche tv-politiche sono nate le grandi idee per “risollevare le imprese” con il bonus monopattino e il bonus-vacanze, 500 euro di denaro a famiglia per chi farà le ferie in Italia, e che è un fallimento, interessando solo 2 italiani su 10 – i veri italiani probabilmente non avendo i soldi per andare in ferie quest’anno, nemmeno con lo sconto.
Il punto è che i romaneschi non sanno pensare ad altra economia che quella che frequentano loro, essenzialmente il turismo-tempo libero e il magnà (in romanesco nel testo); molti di loro (non faccio nomi) appaiono in tv mostruosmente obesi e sformati dal magnà continuo nei ristoranti, di amatriciane, carbonare, puttanesche e carrettiere, la cucina romanesca che non a caso è da pecorai benestanti.. Mai, in questi mesi, hanno organizzato una sola inchiesta per vedere come va l’economia del Nord, le imprese e le fabbriche avanzate ed esportatrici. Ignorano completamente che esistono le industrie di meccanica strumentale, e che sono il vero “Made in Italy”.
Il vero Made in Italy: non è la moda, ma le macchine utensili
Intervistano il loro bagnino e il barista sotto la redazione, al massimo il fruttivendolo di lusso dove mandano il cameriere filippino. Con ciò dimostrano di essere profondamente incolti: “incolto è chi non possiede idee del mondo adeguate al suo tempo”, senza “un’idea dello spazio e del tempo in cui si vive”: la cultura ha da essere attuale, e loro sono arretrati.
Non solo arretrati, ma provinciali, senza curiosità oltre i loro giri, non solo non sanno cosa è l’industria strumentale, ma il peggio è che non gli interessa. Il loro repertorio di curiosità è limitato, anche geograficamente. Per questo li ho chiamati romaneschi e non romani. Per rispetto al nome di Roma che fu sinonimo di universale.