L’EURO-DITTATORE A VITA. CHE NON AVETE MAI VISTO.

 I favoritismi e le strane nomine dell’Ue di cui (in Italia) nessuno parla

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L’assegnazione della sede dell’Ema con la vittoria di Amsterdam “contro” Milano sta appassionando noi italiani che, con qualche argomento, crediamo di essere stati battuti da una competizione sleale. Le proteste per ora si sono perse nel vuoto. Negli ultimi giorni un’altra vicenda europea, più importante, sta appassionando chi si occupa di Europa. Si tratta della nomina completamente inaspettata del tedesco Martin Selmayr a segretario generale della Commissione europea. È la figura apicale della burocrazia europea con i suoi 33.000 dipendenti; quello con cui si parla per mettere d’accordo le finanziarie nazionali con l’Europa, per la Brexit, ecc.

Lo scoop è stato fatto domenica dal quotidiano francese Liberation che ha dato conto dello stupore misto a incredulità con cui anche i più esperti e navigati politici e osservatori di cose europee hanno registrato il colpo di mano. La nomina secondo il racconto di Liberation mai smentito e confermato da altre fonti è andata cosi. Martin Selmayr già capo staff di Juncker non aveva i titoli, la qualifica di “direttore” per essere considerato un candidato al ruolo di segretario generale della Commissione. Il presidente ha diritto di scegliere il segretario generale ma solo tra i direttori generali o i direttori generali aggiunti. Quindi Selmayr come ha fatto? A fine gennaio ha inoltrato la domanda per essere nominato vice segretario generale della Commissione europea, nomina ottenuta il 21 febbraio, poi, lo stesso giorno, il segretario generale olandese, Alexandre Italianer, ha rassegnato le dimissioni con la rassicurazione di rimanere consigliere senior fino alla pensione aprendo le porte delle segreteria generale a Selmayr. I commissari europei hanno saputo che la nomina a segretario generale sarebbe stata all’ordine del giorno solo all’ultimo minuto e alcuni commissari non sapevano nemmeno che la nomina era all’ordine del giorno. Il tedesco Selmayr oggi è capo della staff di Jucker, segretario della Commissione e a capo di tutta la burocrazia europea; senza le qualifiche, senza un voto, senza una selezione, senza nemmeno un odg aggiornato per tempo.

Una congiura di palazzo fatta all’oscuro dei commissari ha partorito il responsabile massimo della burocrazia europea in un processo che non ha previsto nessuna selezione trasparente; non si sapeva nemmeno che c’era una nomina da fare. Liberation aggiunge alcuni dettagli divertenti sulla “complicità” della direttrice greca delle risorse umane della Commissione che lo stesso giorno della nomina di Martin Selmayr, il 21 febbraio, ha visto la sua funzione prolungata oltre la data di pensionamento; oltre lei anche il marito funzionario europeo per non farsi mancare niente. Noi italiani al confronto siamo dilettanti.

Nello sconcerto generale per la violazione plateale di qualsiasi regola e per l’assenza di qualsiasi trasparenza nella burocrazia europea, quella che poi fa la morale agli altri, si sono registrate pochissime proteste politiche (una timida protesta dei verdi tedeschi e basta). La vicenda è stato lo spunto per un articolo del Telegraph che vedeva in questo episodio tutte le ragioni per cui la Gran Bretagna debba uscire dall’Unione; l’integrazione europea, oggi si discute di esercito, notava il quotidiano inglese, è fatta sopra la testa della gente in una situazione di sospensione della democrazia e delle regole e in una dinamica dall’alto verso il basso.

 

Chi è Martin Selmayr, l’eurocrate di Bruxelles che decide i nostri destini

L’avvocato 47enne tedesco Martin Selmayr è diventato l’uomo più potente della Commissione dopo la nomina a sorpresa a segretario generale. Dalla Brexit alle leggi di bilancio nazionali, tutti i dossier passano nelle sue mani. Ecco chi è l’uomo che dal 1 marzo conterà ancora di più nelle nostre vite

di  Andrea Fioravanti

l’uomo che ha chiamato Paolo Gentiloni per rimediare alla gaffe del presidente della Commissione Jean Claude Juncker. È con lui che bisogna trattare se si vuole sforare il deficit nella legge di bilancio o evitare una procedura d’infrazione. Martin Selmayr è il capo di gabinetto della Commissione europea di Juncker e il burocrate più potente di Bruxelles. Secondo molti addirittura il “presidente ombra”. Dalla crisi del debito greco alla strategia per il negoziato Brexit tutti i dossier più importanti dell’Ue negli ultimi quattro anni sono passati nelle sue mani. I 27 commissari devono coordinarsi con lui prima di intraprendere qualsiasi iniziativa. Un potere assoluto che Selmayr giura di gestire seguendo solo le indicazioni di Juncker. Anche se alle volte sembra il contrario. Questo 47enne avvocato tedesco con molti soprannomi e pochi amici a Bruxelles, in meno di dieci anni è passato da semplice portavoce a segretario generale della Commissione, il ruolo amministrativo più importante dell’Unione europea che ricoprirà dal 1 marzo. E mentre decide ogni giorno i nostri destini divora pacchetti interi di Haribo, le caramelle gommose inventate nella sua città natale Bonn.

Alcuni colleghi lo chiamano il “mostro” di Berlaymont per come gestisce in modo autoritario e dispotico i lavori nel palazzo della Commissione a Bruxelles. Altri ancora invece l’hanno definito il “Rasputin di Juncker” o il “Frank Underwood della politica europea” per il cinismo unito alla spregiudicatezza politica. Come il protagonista di House of Cards interpretato da Kevin Spacey, Selmayr negli ultimi giorni ha organizzato in modo machiavellico il “delitto perfetto”. Ha approfittato della polemica sull’assegnazione non chiara ad Amsterdam dell’agenzia del farmaco ai danni di Milano per costringere alla pensione anticipata l’olandese Alexander Italianer che aveva secretato alcuni documenti presentati dai suoi connazionali.

Selmayr ha colto tutti di sorpresa, forse anche per ripararsi dalle conseguenze politiche della nuova Grande coalizione tra la Cdu e Spd che guiderà la Germania nei prossimi quattro anni. Molto vicino ad Angela Merkel, Selmayr non gode delle simpatie dei socialdemocratici, né di quelle dell’ala più conservatrice della CDU che lo considera troppo europeista. Il capo di gabinetto è un ruolo politico, varia a seconda di chi diventa presidente della Commissione. Invece il segretario generale è un ruolo amministrativo e può terminare solo in tre modi: pensione, dimissioni o una nuova nomina fatta dagli stessi commissione. In pratica, una nomina a vita.

 

Per questo secondo molti analisti ci sarebbe lo zampino di Jean Claude Juncker nella nomina di Selmayr. Il 63enne presidente della Commissione europea è rimasto sorpreso dalla tempistica e spregiudicatezza della decisione proposta dal suo capo di ganinetto, ma sa di essere all’ultimo giro di corsa e ha dato il via libera all’operazione. Nel maggio del 2019 Juncker non si candidarsi per un secondo mandato a causa della poca popolarità e una carriera ormai trentennale nelle istituzioni europeee. Per non disperdere il lavoro fatto finora e in vista delle sfide che dovrà affrontare l’Unione europea ha acconsentito alla manovra personale di Seymar, pur di avere il suo uomo di fiducia nel tavolo dei dossier più importanti dell’Ue. Tra Brexit, discussione sul budget comunitario e riforma dell’eurozona, Juncker vuole far coordinare i lavori alla persona che dal 2014 condivide la svolta più politica e federalista riformista del presidente della Commissione. E molti assicurano che Selmayr avrà lo stesso atteggiamento duro, invasivo e onnipresente ricoperto finora.

Selmayr è la definizione plastica di burocrate europeo. Ce l’ha scritto nel dna. Il padre Gherard è stato negli anni ‘90 a capo dello staff della Cancelleria e dirigente generale del ministero della difesa della Repubblica federale tedesca. Il nonno di Martin, Josef, dopo un periodo come tenente colonnello nei Balcani durante la seconda guerra mondiale, negli anni ’50 è diventato il primo direttore dei servizi segreti della Repubblica federale tedesca. E Martin ha seguito le loro orme. Dal 1998 al 2000 ha lavorato come consulente legale alla Banca centrale europea. Deve la sua fortuna politica a Elmar Blok, storico europarlamentare tedesco del Ppe e presidente dell’Unione dei federalisti europei. L’incontro è decisivo nel plasmare l’ideologia politica di Selmayr.

Dal 2004 grazie a un concorso è entrato come funzionario nella Commissione europea. Per sei anni è stato il braccio destro e portavoce di Viviane Reding, commissaria europea lussemburghese all’Agenda Digitale fino al 2010. Se oggi abbiamo l’abolizione del roaming che ci permette di usare internet e fare chiamate dal nostro smartphone senza pagare un euro in più rispetto al nostro piano tariffario è anche grazie a lui. Il Lussemburgo è piccolo e non è un caso che Juncker abbia pescato Selmayr dallo staff di Reding per fargli guidare nel 2014 la campagna elettorale per l’elezione a presidente della Commissione europea. Fu proprio il padrino politico di Selmayr, Block, a consigliare Juncker di prendere quel giovane portavoce che aveva già elaborato una strategia per la commissaria Reding, poi ritiratasi dalla corsa.

 

Nella giungla delle cariche europee la parola “segretario generale” passa inosservata, figuriamoci quanto si parla della commissione europea. Ma il ruolo che ricoprirà Selmayr dal 1 marzo è decisivo. Il segretario generale della commissione coordina il lavoro di 22mila funzionari e 27 i commissari per garantire che seguano la linea del presidente della Commissione. Tutte le dichiarazioni, tutte le decisioni, tutte le trattative con gli altri organi europei e gli Stati passano da questa figura chiave. Più o meno tutto quello che non ufficialmente ha fatto l’attuale capo di gabinetto finora.

Con la nomina di Selmayr, ora tutti i ruoli amministrativi più importanti dell’Unione europea sono ricoperti da tedeschi. Klaus Welle è segretario generale del Parlamento europeo dal marzo del 2009, Helga Schmid invece coordina il lavoro dell’Eeas Servizio europeo per l’azione esterna. A questi potrebbe aggiungersi anche la nomina di Jens Weidmann a capo della Banca centrale europea. L’attuale presidente della Bundesbank, la banca centrale tedesca, è considerato uno dei probabili successori di Mario Draghi all’Eurotower, quando il mandato dell’italiano scadrà il 1 novembre del 2019. Ha senso votare ancora

Finora la strategia politica tedesca è stata diversa da quella italiana. La Germania sa di essere il Paese più ricco e influente dell’Unione europea e per questo i tedeschi preferiscono stare dietro le quinte. Non occupano i ruoli più visibili o mediatici, ma quelli più strategici. Davanti ai microfoni vanno i politici, ma il vero lavoro lo fanno i funzionari. Lì, tra i cavilli e i regolamenti dove veramente conta l’influenza di un Paese quasi sempre ci sono dei tedeschi. Una concezione completamente diversa da quella italiana.Ad oggi abbiamo: il presidente della Banca centrale europea, il presidente del Parlamento europeo, e l’alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune. Siamo sicuri di contare veramente qualcosa?