Rubo il titolo di “LaLuce” lasciando l’articolo per dopo. Perché voglio fare alcune domande prima.
Claudio Cerasa, direttore di Il Foglio neocon , propone di dividere la popolazione di Gaza, 2,3 milioni prima del genocidio in corso – e farla accogliere a vari paesi del mondo, Italia compresa, a 10 mila per botta. Sappiamo che la volontà di Israele di sbolognare l’intera popolazione di Gaza all’Egitto è tata fatta al governo egiziano, ai più alti livelli, con l’offerta in cambio di tagliare il debito pubblico tramite la Banca Mondiale, cosa che evidentemente l’ebraismo internazionale ha il potere di fare; che Ursula von der Pfizer è andata in Egitto a fare la stessa proposta offrendo ad Al Sissi 9 miliardi di euro (nostri); la proposta di Cerasa dunque è una variazione della stessa volontà ebraica di “liberare “ Israele fisicamente di quelli.
Questa si chiama “pulizia etnica”, ovviamente. Voglio solo far notare che “pulizia etnica” è un crimine contro l’umanità definito, che l’ONU e l’Occidente, l’ordine basato su regole, condanna e punisce, e comunque bolla e demonizza come disumano. Vorrei sapere perché, per quale magica metamorfosi, quando la pulizia etnica è voluta dagli ebrei e proposta da un ebreo, non è più un crimine ma una simpatica “soluzione creativa”, come l’ha chiamata Cerasa. E la possa proporre sul suo giornale senza vergogna o timore di condanna morale.
Faccio notare che un pilastro dell’etica globale, che nessun paese osa violare apertamente, un ebreo crede di poterlo modificare: ma ciò significa che la modifica dell’Ordine basato su Regole varrà d’ora in poi per tutti? D’ora in poi altri paesi potranno praticare le pulizie etniche delle minoranze proprie? Può adesso il governo italiano espellere – che so – i negri sub-sahariani finti minori non accompagnati o i clandestini musulmani che arrivano a navi intere? Ce ne dà il permesso Cerasa su Il Foglio? Altrimenti si deve constatare che solo gli ebrei hanno il potere di cambiare l’etica pubblica mondiale, vigente sotto l’egida ONU e Tribunale Internazionale dell’Aja, e solo a loro vantaggio esclusivo. Abbiamo già visto – stiamo vedendo che “loro” stanno bombardando ospedali, e praticando il genocidio – di cui accusarono il Reich facendolo bollare come Il Male Assoluto. E adesso quello che fa Israele è una “soluzione creativa”.
Vorrei infine sapere a che titolo Cerasa propone e dispone che altri paesi – di cui non è cittadino – si accollino rifugiati palestinesi espulsi da Gaza. In quale veste? Può disporre di tutti i paesi e governi e cambiare la valutazione morale del crimine contro l’umanità? Può farlo in quanto ebreo? In quanto Padrone del Mondo?
Qui l’articolo a cui ho rubato il titolo:
… Perché non in vagoni piombati?
Il recente pezzo di Claudio Cerasa – direttore del Foglio – pubblicato per il 24 Novembre, pieno di argomentazioni tanto discutibili quanto audaci, merita una confutazione senza mezzi termini non di certo per lo spessore intellettuale – il fatto che Cerasa non sia riuscito a vincere un solo confronto pubblico è sufficiente per dimostrare quello – ma per la mera pericolosità delle deliranti affermazioni. La proposta di spingere l’Occidente ad accogliere i palestinesi come rifugiati da Gaza è tanto ingenua quanto inquietante. Smonterò gli argomenti per l’interesse pubblico visto che, francamente, sembra che Cerasa stia viaggiando da tempo su un treno che ha già perso il binario.
Innanzitutto, l’idea di far sì che vari paesi del mondo accettino rifugiati palestinesi dalla Striscia di Gaza è, in parole povere, una forma di deportazione. Cerasa propone di spostare un intero gruppo di persone da una terra in cui sono cresciute e hanno radici, ignorando completamente il diritto all’autodeterminazione. Ciò è tanto ingiusto quanto immorale.
Israele desidera – dichiaratamente – il controllo totale della Striscia di Gaza e la supposta operazione di “accoglienza” presentata da Cerasa è alquanto insensata alla luce di ciò. I Palestinesi hanno già abbastanza questioni complesse da gestire, e l’idea di deportazione di massa non solo è basata su fondamenta fragili ma acuirebbe ulteriormente le tensioni nella regione.
Quello che Cerasa propone risulterebbe nel consolidamento di una “seconda Nakba” oltre che ad alimentare il conflitto. L’idea di spostare la popolazione palestinese come pedine su uno scacchiere geopolitico è irresponsabile, dannosa, e deumanizzante. Oggi, nel 2023, non possiamo permetterci di ripetere gli errori del passato. Il direttore del Foglio parla addirittura di questa soluzione definendola un’azione “creativa” che l’Italia dovrebbe spingere per realizzare. Anche qui, pur concedendo la (non-) argomentazione, Cerasa continua a non azzeccarne una. Sì, perché la proposta non ha nulla di ‘creativo’. Fu già adottata ampiamente dai fascisti e dai nazisti qualche anno fa. Al massimo egli sta riproponendo, ma nulla di creativo insomma.
Ma si va oltre, arrivando addirittura a proporre di dividere circa due milioni e mezzo di abitanti della Striscia di Gaza in gruppetti da dieci mila persone per rendere la deportazione meno ‘onerosa’ per gli Stati che riceverebbero i Gazawi. Questo è più che deumanizzante; è disumano. Questa visione di trattare esseri umani come se fossero bestiame o merci da distribuire a piacimento riflette una mancanza totale di empatia e comprensione delle complessità umane.
Cerasa ha avuto la faccia tosta di proporre che un’intera popolazione, già sofferente e privata di molte libertà, sia suddivisa in piccoli gruppi come fossero oggetti senza volontà propria. Questo non solo ignora il diritto all’autodeterminazione, ma crea anche le premesse per la distruzione della coesione sociale e culturale all’interno del popolo Gazawi. Si tratta, in pratica, di una diaspora forzata su larga scala, una mossa che non solo infrange i diritti umani fondamentali, ma mina anche la possibilità di una vita dignitosa per chi è coinvolto.
Dividere la popolazione in gruppi così ridotti non è solo impraticabile, ma è anche pericoloso. Si apre la strada a conflitti interni, divisioni etniche e culturali, e alla perdita di una identità collettiva che spesso è ciò che tiene insieme comunità in situazioni difficili.
Inoltre, la diaspora risultante da una suddivisione così arbitraria e immorale avrebbe difficilmente precedenti nella Storia recente. Si creerebbero comunità isolate e frammentate, lontane dal loro contesto originario, con conseguenze disastrose. La proposta sembra ignorare completamente la complessità delle identità umane e le connessioni intrinseche tra un popolo e la sua terra.
L’editoriale di Cerasa è più una fuga dalla realtà che un contributo costruttivo al dibattito. Proporre deportazioni di massa non solo è moralmente discutibile, ma è illegale e peggiorerebbe ulteriormente la situazione.
Israele: una massiccia operazione di pulizia etnica, condotta alla velocità della luce e con l’assistenza degli Stati Uniti.
Jonathan Cook
Data di pubblicazione: 1 novembre 2023
Ci sono tutti i segnali che indicano che Israele sta ancora una volta prendendo seriamente in considerazione una massiccia operazione di pulizia etnica, condotta alla velocità della luce e con l’assistenza degli Stati Uniti.
Quando nel fine settimana le forze israeliane hanno iniziato a compiere limitate incursioni di terra nel nord di Gaza, sono proliferate le notizie secondo cui Israele stava preparando piani per espellere gran parte o tutta la popolazione dell’enclave nel vicino territorio egiziano del Sinai.
In parte, questi timori sono stati alimentati da un rapporto della settimana scorsa, pubblicato dall’outlet israeliano Calcalist, su una bozza di politica trapelata dal ministero dell’intelligence che delinea proprio un piano di pulizia etnica per Gaza.
Ulteriori preoccupazioni sono state sollevate da un articolo del Financial Times di lunedì, secondo cui il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, avrebbe fatto pressioni sull’Unione Europea sull’idea di spingere i palestinesi della Striscia nel Sinai con la copertura della guerra.
Alcuni membri dell’UE, tra cui la Repubblica Ceca e l’Austria, sarebbero stati ricettivi e avrebbero avanzato l’idea durante una riunione degli Stati membri la scorsa settimana. Un diplomatico europeo senza nome ha dichiarato al FT: “È il momento di esercitare una maggiore pressione sugli egiziani affinché accettino”.
Secondo il documento del ministero dell’Intelligence israeliano trapelato, dopo l’espulsione, i 2,3 milioni di palestinesi di Gaza verrebbero inizialmente ospitati in tendopoli, prima di poter costruire comunità permanenti nel nord della penisola.
Una “zona sterile” militare, larga diversi chilometri, impedirebbe qualsiasi ritorno a Gaza. A lungo termine, Israele incoraggerebbe altri Stati – in particolare Canada, Paesi europei come Grecia e Spagna e Paesi del Nord Africa – ad assorbire la popolazione palestinese nel Sinai.
Secondo quanto riferito dal ministero, l’espulsione dei palestinesi da Gaza nel Sinai sarebbe “in grado di fornire risultati strategici positivi e duraturi”.
Per i palestinesi, invece, questo ha echi traumatici dell’espulsione di massa dei palestinesi dalla loro patria alla creazione di Israele nel 1948 – quella che i palestinesi chiamano la loro Nakba, o Catastrofe.
Piano di pulizia etnica
Il documento trapelato è stato subito liquidato come speculativo. In realtà, Israele ha in programma un piano di pulizia etnica per Gaza, approvato dagli Stati Uniti, almeno dal 2007. Poco dopo la vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi e la presa di controllo dell’enclave.
Dopo una serie di tentativi diplomatici segreti falliti negli ultimi 16 anni per convincere l’Egitto ad accettare questo cosiddetto “piano di pace” – noto ufficialmente come Piano per la Grande Gaza – Israele potrebbe essere tentato di sfruttare il momento attuale per attuarne una versione molto più crudele con la forza.
Questo spiegherebbe certamente l’attuale devastante campagna di bombardamenti di Israele a Gaza – che i funzionari stanno paragonando all’orribile bombardamento di civili nella città tedesca di Dresda durante la Seconda Guerra Mondiale – e l’ordine di Israele a un milione di palestinesi di fare pulizia etnica dal nord di Gaza.
Domenica, Israele ha bombardato gli edifici intorno all’ospedale al-Quds, nel nord di Gaza, riempiendo i reparti di nubi di polvere tossica. Gli amministratori hanno ricevuto ripetuti avvisi che l’ospedale doveva essere evacuato immediatamente. Il personale ha detto che era impossibile perché troppi pazienti erano troppo malati per essere spostati.
La concentrazione dei palestinesi nel sud di Gaza – dove vengono anche bombardati e privati di energia elettrica, cibo, acqua e comunicazioni, con ospedali e centri di assistenza che non possono funzionare – ha creato una catastrofe umanitaria senza precedenti.
Le pressioni sul capo militare egiziano Abdel Fattah el-Sisi aumentano di giorno in giorno affinché apra il valico di Rafah per motivi umanitari e lasci che i palestinesi si riversino nel Sinai.
L’attacco di Hamas alle comunità israeliane vicine a Gaza del 7 ottobre potrebbe aver fornito proprio il pretesto di cui Israele ha bisogno per rispolverare il suo piano di pulizia etnica.
Con Washington e l’Europa a bordo e i media occidentali ancora concentrati sul trauma di Israele piuttosto che su quello di Gaza, Netanyahu non può aspettare troppo a lungo prima che la sua finestra d’azione si chiuda.
Pressione sull’Egitto
Il Piano per la Grande Gaza è venuto alla luce per la prima volta nel 2014, dopo una fuga di notizie nei media israeliani ed egiziani, apparentemente parte di una campagna di pressione su Sisi, da poco insediatosi con il sostegno degli Stati Uniti. L’anno precedente i militari egiziani avevano rovesciato il governo eletto dei Fratelli Musulmani.
Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha confermato l’esistenza del piano all’epoca, insistendo sul fatto che l’aveva annullato. Ha detto a un intervistatore che era stato “sfortunatamente accettato da alcuni qui [in Egitto]. Non chiedetemi altro al riguardo. L’abbiamo abolito, perché non può essere”.
Middle East Eye è stato uno dei pochissimi media occidentali a riportare questi sviluppi all’epoca.