di Luca Fumagalli Lo scrittore Julien Green, nom de plume di Julian Hartridge Green, un anglicano convertitosi al cattolicesimo, dopo che ebbe la ventura di assistere per la prima volta alla nuova messa di Paolo VI, stupito per averla trovata incredibilmente simile al rito protestante, si rivolse alla sorella Mary chiedendole: «Ma, allora, perché mai ci siamo convertiti?». Quello di Green è solamente uno dei tanti aneddoti che raccontano dello sconcerto che molti provarono innanzi alle innovazioni liturgiche introdotte con il Concilio Vaticano II. Furono soprattutto i paesi a maggioranza protestante, tra cui l’Inghilterra, i primi focolai della contestazione. Le sparute comunità cattoliche che lì risiedevano colsero immediatamente e più facilmente di altri la pericolosa somiglianza tra il Novus Ordo Missae e i riti luterani e calvinisti dei propri connazionali. Non a caso fu un’eminente psicologa norvegese, la dottoressa Borghild Krane, la prima a lanciare l’allarme a tutti i cattolici del mondo affinché si organizzasse un’azione comune per preservare il secolare patrimonio liturgico della messa tradizionale. L’appello ebbe come esito la nascita di numerose associazioni tra il 1964 e il 1965, anno in cui i delegati di sei stati europei si riunirono a Roma e decisero di costituire un coordinamento internazionale, comunemente noto come “Una Voce“, formalizzato a Zurigo l’8 gennaio 1967. La britannica Latin Mass Society, con il suo amore per il rito tridentino, occupò sin da subito un posto di grande rilievo tra i gruppi federati. È testimonianza dello spirito vivace e intraprendente dell’associazione un primo appello inviato nel 1965 a Paolo VI in cui veniva denunciato come «la discontinuità rispetto all’uso della lingua latina nella santa messa» si sarebbe tradotta in una «grande privazione spirituale». Nel documento si implorava poi Montini di poter almeno «continuare a celebrare regolarmente la messa in latino» accanto al Novus Ordo in lingua volgare. La supplica non ottenne alcuna risposta e la riforma fu varata nella confusione generale, mostrando da subito le diverse falle in cui presto si inserì l’ulteriore “fumo di Satana” della creatività liturgica e dell’eterodossia. Con l’introduzione del nuovo messale, onde evitare che le grandi tradizioni della Chiesa finissero nella discarica della storia come un mucchio d’inutile ferraglia, la Latin Mass Society, nella figura dello scrittore e poeta Alfred Marnau, decise di prendere nuovamente l’iniziativa. Occorreva questa volta rompere gli indugi con un’azione incisiva ed eclatante. Marnau propose quindi di inoltrare una petizione a Paolo VI. A differenza di tutte le richieste precedenti, puntualmente cadute nel vuoto, questa volta avrebbe dovuto essere sottoscritta anche da eminenti personalità della cultura, dell’arte, dello spettacolo e della politica, anche lontani dal cattolicesimo. Elaborato il testo della richiesta e approvato il piano d’azione, agli inizi del 1971 Marnau, spinto dall’urgenza, in quasi tre settimane raccolse 57 firme tra cui quelle di personaggi del calibro di Graaham Greene, Herman Grisewood, Kathleen Raine, Cacil Day Lewis e, naturalmente, Agatha Christie il cui nome è stato successivamente associato all’indulto concesso dallo stesso Montini. L’esito felice dell’iniziativa è però da attribuire alle doti diplomatiche dell’allora arcivescovo di Westminister, il cardinale John Carmel Heenan. Fu lui, nell’udienza del 29 ottobre del 1971, che convinse Paolo VI ad accogliere le richieste dei fedeli inglesi. C’è chi arrivò persino a sostenere che l’atteggiamento benevolo nei confronti dell’appello fu determinato dalla scoperta da parte di Montini della firma della Christie, di cui era un noto estimatore. Molto più verosimilmente, Paolo VI rimase favorevolmente colpito dagli argomenti del cardinale, tra l’altro suo stretto collaboratore. Heenan, anticipando ogni possibile obiezione, puntò soprattutto sulla recente canonizzazione dei Quaranta Martiri – morti per difendere la messa in latino – e, soprattutto, garantì che l’eventuale indulto non avrebbe prodotto alcuna frattura in senso alla Chiesa inglese. Montini si rese poi conto che quella richiesta non era la solita petizione promossa dai “nostalgici” della Latin Mass Society, ma un accorato appello che proveniva da quel mondo moderno che tanto gli stava a cuore e con il quale era così desideroso di dialogare. La vicenda si concluse dunque positivamente. Il 5 novembre 1971 fu ufficialmente comunicata la decisione al cardinale Heenan: Paolo VI avrebbe concesso ai fedeli inglesi il tanto agognato indulto. L’incredibile storia dell’iniziativa che portò a «salvare la messa tridentina in Inghilterra» è raccontata per la prima volta al pubblico italiano nel saggio L’indulto di Agatha Christie, frutto dalla prolifica penna di Gianfranco Amato, presidente nazionale dell’organizzazione “Giuristi per la Vita” e da tempo impegnato in prima linea nella lotta contro l’ideologia gender. Il libro, completo e interessante, si occupa non solo di ripercorrere le fasi della resistenza inglese al nuovo messale, ma anche e soprattutto di studiare le innovazioni conciliari. È proprio riguardo quest’ultimo punto, però, che il lavoro di Amato mostra le pecche più evidenti. Non convince, infatti, la teoria per cui il Concilio fu un evento positivo rovinato solo dalle interpretazioni tendenziose successivamente operate dai teologi progressisti; così, allo stesso modo, poco chiare appaiono le ragioni che sostennero l’opportunità di un indulto. In ultimo, lo spirito di “restaurazione ratzingeriana” che permea il libro – pubblicato per la prima volta nel marzo 2013 – al vaglio della storia mostra tutta la sua chimerica inconsistenza. Al netto di questo, comunque, L’indulto di Agatha Christie merita di essere letto, quantomeno per riscoprire le origini storiche e le tappe che portarono una periferia della cattolicità, almeno per qualche tempo, a diventare un portastendardo della «tradizione vivente» della Chiesa. Là, nelle nebbiose brughiere inglesi, qualcuno custodiva ancora un barlume di quel mondo ritenuto ormai perduto in mezzo al fango del progressismo più folle e ideologico. Il libro: G. AMATO, L’indulto di Agatha Christie. Come si è salvata la Messa Tridentina in Inghilterra, Verona, Fede & Cultura, 2013, pp. 220, prezzo 18 Euro. |