Per il vostro ingenuo cronista, una delle sorprese è stata l’apprendere che ci sono due Pignatone e due Jelo. Uno è Giuseppe Pignatone, da Caltanissetta, il procuratore capo andato in pensione l’8 maggio, e l’altro è Roberto Pignatone, grosso tributarista in Roma – e fratello del primo. Così c’è Paolo Jelo, procuratore aggiunto, e c’è il fratello Domenico Jelo, avvocato in Roma.
Conflitto d’interesse? Non sia mai. I clienti dei due fratelli – fra cui un grosso faccendiere di nome Piero Amara, condannato per corruzione in atti giudiziari – potevano avere l’idea che questi erano in grado di ottenere trattamenti di favore dai fratelli? Idea sbagliatissima, perché ci sono le prove che quando in una causa entrava un cliente del fratello, Pignatone si asteneva. Il punto è che c’è un altro procuratore, di nome Rocco Fava, che ha presentato esposto al Consiglio Superiore della Magistratura, sostenendo che Pignatone non s’è sempre astenuto.
Poi ci sarebbe l’ex presidente dell’Anm, Luca Palamara, che è indagato per ipotesi di corruzione a Perugia. Lo scrivono ‘la Repubblica‘ e il ‘Corriere della Sera’. La vicenda sarebbe legata a quella di Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone. L’inchiesta si inserisce nelle vicende sul rinnovo della carica di procuratore capo di Roma sul tavolo del Csm dopo l’addio di Giuseppe Pignatone. …. L’indagine sulla segnalazione arrivata da Roma procede perché nell’amicizia tra Palamara e Centofanti c’è qualcosa, viaggi e regali diciamo ‘galanti’, che viene ritenuto vada molto al di là dell’opportuno”. E quindi, riporta ancora il quotidiano ricordando che Centofanti è “un lobbista già arrestato per frode fiscale”, “Palamara viene iscritto nel registro degli indagati per corruzione”. Palamara risponde: “Accusa infamante, voglio essere sentito”.
Chi giudica i giudici? Il Consiglio Superiore della Magistratura il cui capo sarebbe Mattarella – ma che è composto da quelle correnti di magistrati che sono oggi in lotta fra loro, senza esclusione di colpi bassi e denunce infamanti, per mettere un loro uomo sulla poltrona lasciata libera da Pignatone. Perché la poltrona della procura di Roma è la più importante d’Italia? Perché è quella da cui la magistratura controlla, intercetta condanna e inquisisce i politici eletti al governo. O i governatori di regioni o i sindaci.
Le correnti in lotta hanno i loro giornali di riferimento – da una parte Il Fatto, dall’altra Repubblica e Corriere – i quali ricevono soffiate molto interessanti che gettano fango sull’aspirante procuratore avversario. Così per esempio Il Fatto rivela che Pignatone è stato anche lui a cena con Centofanti – dal che si desume che Il Fatto è contro la corrente che vuole “la continuità” a Roma . Si desume così che Il Fatto (l giornale del Procuratore Totale) è contro Pignatone. Si desume anche lo “stile” accusatorio, visto che quella cena in cui Pignatone si trovò con Centofanti era una cena istituzionale dell’ENI. Quindi non c’era reato. Ma tipico di Travaglio, basta il sospetto, per condannare.
Il bello di questo spettacolo è che le notizie di reato e gli schizzi di m. sono tutti verissimi e ben accertati, tali dobbiamo ritenerli visto che vengono da magistrati procuratori. Il lato preoccupante è che abbiamo in corso, fra gli applausi dei grillini, un Mani Pulite 2 diretto contro la Lega, il governatore Fontana e il sindaco di Varese, intercettati per sospetti di conflitto d’interesse molto simili a quelli che intercorrono fra Pignatone e Jelo e rispettivi fratelli in Roma. Ma i due procuratori saranno stati intercettati mentre parlavano ai fratelli? C’è qui una certa disparità.
Il che non vuol dire che il vostro cronista abbia il minimo sospetto sulla limpida onestà di Pignatone o Jelo. Anzi, si affretta a dire. I loro avversari che vogliono occupare la poltrona di procuratore capo di Roma hanno avuto gli stessi rapporti con più meno gli stessi faccendieri. Naturalmente qui c’è una piccolissima questione morale – facilmente risolvibile del resto. Come? Riconoscendo nell’ordinamento che la funzione di Procuratore d’accusa “è” una carica politica, di parte, non neutrale, non magistratuale: lo dimostra la stessa faida in corso per occupare il potere di controllare i politici. Riconosciuta questa, si deve procedere alla separazione delle carriere: che i procuratori non possano mai diventare giudici giudicanti.
Il procuratore-magistrato è il più puro retaggio del fascismo: quanto era lo Stato ad elevare l’accusa, e l’accusatore si chiamava infatti Pubblico Ministero. Strano, i procuratori più progressisti non hanno nessuna fretta di gettare alle ortiche questo residuo della dittatura Male Assoluto. Anzi mettono in galera qualunque politico che si sia mai provato a liberarli da quel residuo nero.
Non si aspetti il lettore una spiegazione da noi sulle fazioni in lotta. Né un giudizio su chi stia conducendo la battaglia giusta di moralizzazione nel Partito dell’Onestà . Non avendo fratelli a Roma nel Palazzo, non ci ho capito niente. Secondo un amico ci sarebbe uno scontro per accaparrasi il potere fra “renziani” e “grillini”. Ossia Matteo Renzi si sta per accaparrare la procura di Roma. Io non so. Relata refero.
Il vostro cronista nota soltanto che fra i nomi degli esimi procuratori in corsa e lotta mai nei resoconti dei media risuona un procuratore Brambilla, un sostituto Parodi, un pm Pautasso. Si constata dunque – senza giudicare – che l’intero controllo della Onestà, e la sua gestione, è occupato totalmente da figli delle regioni dell’Onestà totale ed assoluta; dove detti figli, magistrati, combattono senza quartiere – e senza fine – mafia e ‘ndrangheta, aiutati dalla “società civile” coi suoi professionisti dell’antimafia. Con la più assoluta autonomia.
Non tranquillizza del tutto il fatto che il capo del CSM, quello che dovrebbe decidere di mettere in riga tutti e farli vergognare di questo spettacolo che stanno dando, è anch’egli un noto palermitano. Che ha proprio scelto Pignatone come “consigliere ” speciale del suo Colle.
Si sente la mancanza di un sardo: nel pieno di Mani Pulite, quando i magistrati dello steso consiglio Supremo della Magistratura, stavano per votare (loro, con tutte le loro correnti) una mozione di sfiducia contro il presidente del Consiglio, che era Craxi, “il presidente della Repubblica Francesco Cossiga minacciò di far intervenire i carabinieri per sciogliere la seduta manu militari, rilevando l’enormità che questa pretesa del “parlamentino di giustizia” di sfiduciare il governo. Fu questo gesto di Cossiga l’unico atto delle Istituzioni, in tanti anni, per fronteggiare con la dovuta energia le esorbitanze dell’ordine giudiziario e di chi pretendeva di rappresentarlo in tal modo”.
(Mauro Mellini, Il Partito dei Magistrati, 2011)
Il solito amico mi suggerisce di collegare questa faida alla “profezia” di Renzi il giorno prima delle europee, che sembrò sbagliata: «Salvini? Tanto velocemente è arrivato, altrettanto velocemente se ne andrà. Il leader della Lega sta per vedere i suoi titoli di coda». E’ una idea da cui energicamente mi dissocio. Sperando di non dover chiedere ai lettori una colletta per pagare le spese legali.