Poiché i Benetton non forniscono allo Stato missili, armamenti avanzati, radar – perché le concessioni autostradali sono state coperte dal segreto di Stato? E’ una domanda che vorrei porre, da povero cittadino, a giudici, procuratori: quale altro motivo riescono a immaginare per questo segreto – di Stato! – se non occulti scambi e benefici tra i politici che hanno concesso, e quelli che godono della concessione di un monopolio lucrosissimo? Domando sinceramente: perché io non riesco a immaginare altro. Magari i giudici e procuratori, invece sì. Hanno un motivo per trovare questo segreto normalissimo. E per questo non si sono mossi nonostante anche l’Authority dei Trasporti abbia più volte sottolineato la necessità di rendere pubblici tali contratti, che riguardano un servizio pubblico e il pubblico potere. E benché in qualunque altro paese il ministero dei trasporti rendano consultabili i contratti e gli atti che disciplinano il rapporto tra lo Stato e i gestori delle reti autostradali, come – del resto -di ogni servizio pubblico dato in concessione.
Si possono ipotizzare tangenti? Pagamenti sottobanco in qualunque forma al partito di governo concessionario? Lo si domanda ingenuamente, visti gli enormi profitti che la società in oggetto ricava dalla gestione del monopolio: quasi il 26 per cento sul fatturato l’utile netto, pari a 1,042 miliardi . E un margine operativo lordo che fa dire al giornalista economico Fabio Dragoni la seqguente battutaccia: “Un EBITDA di quasi il 68% sul fatturato come quello di #Autostrade credo possa essere superato soltanto dal traffico di stupefacenti”. E perché Mario Giordano li chiama “Avvoltoi”?
Non so se abbia ragione, non me ne intendo. Ma c’è un altro articolo su Scenari economici, di cui lascio la lettura agli esperti, che fa il confronto fra Autostrade Spa e ANAS e conclude: “A fronte di un maggior incasso per pedaggi Autostrade per l’Italia ha ridotto l’investimento in superficie di asfalto nuova fra il 2016 ed il 2017, calo che diventa del 36% se confrontato con il 2000. Se prendete delle buche sapete con chi arrabbiarvi. (…)
“Anche raddoppiando le spese ANAS per km di strada avremmo comunque una gestione molto meno costosa del sistema autostradale. (….) Praticamente una gestione pubblica costerebbe la metà rispetto alla gestione del monopolista concessionario, anche ipotizzando un raddoppio dei costi pubblici a km“.
Insomma i Benetton hanno aumentato i profitti e diminuito gli investimenti. La società ha diminuito gli investimenti del -26% dal 2016 al 2017.
Domando: c’è qualche motivo per cui a dei privati vengano fatto incamerare profitti di un miliardo l’anno nel quadro di una concessione le cui condizioni sono segrete? Ad una società che manco paga le tasse in Italia, avendo la sede in Lussemburgo? Questa domanda ha qualche relazione col fatto che il ministro delle infrastrutture del governo PD, Graziano Delrio, ha prolungato la lucrosissima concessione ai Benetton e a Gavio (altro gestore) fino al 2030, poco prima di scadere?
Magari c’è un do-ut-des. Magari un segretario di partito privatizza, e emerge subito come velista da regata, proprietario di yacht. O un altro riesce a comprarsi una villa staccando assegni da 400 mila euro com niente fosse. Non lo sto affermando, lo domando: c’è un do ut des?
Per esempio: Enrico Letta, che da presidente del Consiglio era il l’assegnatore della concessione di Atlantia, appena decade dalla carica, viene fatto consigliere d’amministrazione della società spagnola Abertis: che è controllata da Atlantia: Niente di male, valorosi procuratori. Ma si può vedere qui un do-ut-des?
Non so, domando. AI procuratori non interessa “aprire in fascicolo”? Come i 400 che hanno aperto contro Berlusconi? Tanto zelanti nel “dare la caccia ai 46 milioni della Lega”, non possono dar un’occhiata ai profitti immensi dei Benetton che il partito di potere ha regalato loro?
Sicuramente lo Stato – ipotizzate voi magistrati – avrà dato la concessione segreta ai Benetton per la loro professionalità specializzata nel settore. Anche se c’è d chiedere dove mai abbiano acquisito questa professionalità, nel loro precedente mestiere di stracciaroli inventori di un metodo di colorazione di magliette.
Acquistate senza metterci un soldo
Forse, direte voi, il fattore decisivo che ha guidato D’Alema nel ’99 a concedere a loro quel lucroso monopolio, era la loro immensa disponibilità di capitali: ce ne vogliono, per rilevare i 3 mila chilometri di Autostrade. Avranno pagato sull’unghia, come si dice, migliaia di miliardi di lire. Dei loro. Grandi capitalisti come sono.
Ma ecco che un trader, Giovanni Zibordi, nega. “Va ricordato che i Benetton si comprarono Autostrade senza in pratica spendere soldi loro, perchè la comprarono attraverso una società ad hoc che si caricò di debiti per pagare l’acquisto e poi la fusero con Autostrade, trasferendo così il debito su Autostrade stesse…”.
Certo, questo si chiama Leveraged buy-out, va di moda,è perfettamente legale – anche se non capisco perché, visto che consente ad un capitalista senza capitali propri di comprare grandissime imprese, pagandole con il saccheggio delle imprese acquisite. Non dovrebbe essere legale soprattutto quando si tratta di imprese di Stato e monopoli naturali: perché allora saremmo capaci tutti di concorrere facendo altrettanto. L’Italia è piena di capitalisti senza capitale, che in collusione col governo “comprano” in questo modo grossissimi tesori: fece lo stesso Colaninno, che comprò Telecom senza soldi suoi, pagandola poi con gli utili di Telecom. Siccome a fare il capitalista così saremmo buoni anche noi ingenui, almeno vorremmo che una tale concessione fosse messa all’asta, libera e aperta. E ciò, senza voler girare il coltello nella piaga, facendo notare come in questo modo, i capitalisti non fanno avanzare il sistema industriale italiano, ma lo depauperano e depredano, facendogli perdere valore. Ciò vale tanto più per i Benetton, che i profitti miliardari lucrati in Italia, li hanno spesi per comprare autostrade in Cile, terreni in Argentina e altrove?
Prima, quando le Autostrade erano IRI, reinvestivano i profitti in manutenzione, ampliamenti della rete e ammodernamenti: come dovrebbe essere moralmente richiesto quando si gestisce un monopolio di interesse pubblico. O addirittura, ridurre i prezzi del servizio,perché a questo serve il monopolio pubblico: adempiere all’obbligo istituzionale, per lo Stato, di fornire il servizio alla intera comunità nazionale alle medesime condizioni”.
Lo Stato ha fatto privatizzazioni in perdita!?
Invece D’Alema, Prodi, Amato, quelli delle privatizzazioni, hanno mancato a questo dovere, vendendo a privati il cui scopo non è mai stato migliorare il servizio, ma ricavarne più profitti – appunto riducendo i “costi” di manutenzione, anzitutto.
Ma fecero le privatizzazioni, si diceva, perche lo Stato così incamerava denaro, col quale doveva ridurre il debito pubblico.
Ora, signor procuratore, ecco qui un titolo di Repubblica – un giornale “amico” – del 2017:
“la corsa alla privatizzazioni è costata allo stato 40 miliardi”.
Ho pensato a un errore di stampa: in realtà, si voleva scrivere che “la corsa alle privatizzazioni ha reso allo Stato 40 miliardi”; non che è “costata” 40 miliardi.
Invece è andata proprio così, e il testo lo dice: “Se il Tesoro avesse tenuto in portafoglio tutte le principali aziende che ha collocato a Piazza Affari” dice – “oggi si troverebbe in tasca 40 miliardi in più”. Sono una bella cifra 40 miliardi, procuratore: nelle casse dello Stato, quel che manca da anni e che è necessario – secondo Savona e Bagnai – per lanciare un grande piano lavori sulle infrastrutture e il riequipaggiamento del territorio, abbandonati dal PD ai rentiers privati : in cambio di che cosa? E’ una domanda. Il Segreto di Stato impedisce che si sappia la risposta?
Capisco il procuratore Cozzi: “Non è stata una fatalità, è stato un errore umano”. Errore umano, è un tocodelicato. Magari farebbe nascere la sensazione di voler gettare tutto sulle spalle dell’ingeger Morando che sbagliò, e chiuderla lì col morto. Ma certo non sarà così. Lo si deve capire, il valoroso procuratore: gli si leggeva in faccia la preoccupazione. Una seccatura che sottrae risorse alla “caccia ai milioni della Lega”. Una grossa gatta da pelare. Con nomi di intoccabili da toccare, per cui ci vorrebbe un Di Pietro bis capace di sbatterli in galera per farli confessare. Qualcosa nella sua faccia ci dice che il procuratore Cozzi non sarà quel Di Pietro che apre la Mani Pulite del PD . Ma potremmo sbagliare: in fondo è quella di Genova è la procura che dà la caccia dovunque nel mondo ai 46 milioni della Lega. E’ anche quella che ci dirà la verità sul perché la Procura di Siena ha archiviato come suicidio questo:
Siamo tranquilli. Le nostre domande avranno risposte.