La valorosa Procura ha scelto il “processo con rito immediato” contro Carminati, Buzzi ed altri 33 del processo Mafia Capitale. Oddio, quando si dice “immediato”, significa sempre la rapidità dei giudici: sarà il 15 novembre. “Immediato” significa solo che, così, il pm salta la fase preliminare: tanto, ha prove “schiaccianti”. Centinaia di intercettazioni, generosamente fornite ai giornali, con preferenza per l’organo ufficioso della (valorosa) magistratura d’accusa: il Fatto Manettaro. La dicitura scelta è “Mafia Capitale”: serve allo scopo mediatico, fa’ effetto sapere che a Roma c’è la Mafia – e non una semplice, banale storia di appalti ottenuti pagando mazzette ai politici. “Mafia” implica, dicono i critici, che le mazzette siano strappate con l’intimidazione e la violenza? Ma ecco, Carminati aveva una katana giapponese in casa…un suo guardaspalle aveva il tirapugni…e poi, erano tutti dei pregiudicati, quelli della “Cooperativa 29 giugno” che ha fatto affari ottenendo gli appalti. Infatti è nata così: come cooperativa di ex carcerati, da redimere, e solo a questo titolo poteva ottenere dal Comune e dallo Stato. Se fosse nata come “cooperativa di incensurati ed onesti” (ammesso che ne esistano) gli appalti se li sognava. Solo dei disonesti possono curare i giardini e occuparsi dei centri d’accoglienza, è la norma.Buonista.
Alcuni critici ritengono che la dizione “Mafia Capitale” sia esagerata, e che quella che si aprirà con rito immediato e col consueto ritardo sia una semplice faccenda di tangenti, tanto che magari in secondo grado il Carminati sarà perfino assolto… ma per intanto l’hanno cacciato a Bad e’Carros come un pluriomicida.
Noi, valorosi procuratori, ci dissociamo apertamente. E approviamo incondizionatamente la nuova fattispecie di reato: “Mafia-Capitale”. Anzi, esortiamo la valida procura ad esercitare la massima sorveglianza: il reato può essere applicato ad una quantità di situazioni. Una rapida lettura di giornali ci ha rivelato infatti, valorosi accusatori, che di Mafia Capitale non ce n’è una: ce ne sono tante. Ci pregiamo segnalarle alla Procura validissima.
I Casamonica. Per esempio.
Il fastoso funerale del caporione, con musica del Padrino ed elicottero lancia-petali in violazione dello spazio aereo, è stato molto discusso: come è potuto succedere? La questione è mal posta. La vera domanda, valorosissimi, è: perché i Casamonica a Roma “esistono”? Sono zingari che vengono da non so quale Abruzzo; come mai si sono impiantati con tanta arroganza e tracotanza? Inamovibili? Spadroneggiando in giro per l’Urbe?
Sono per caso la stessa genia di zingari che sé impadronita della stazione Tiburtina e devasta sistematicamente i wc, tanto che quella stazione non ha altro che un cesso chimico a pagamento posto sulle scale? Vi siete mai domandati, valorosissimi procuratori, perché in Roma (come del resto in tutta la penisola) gli zingari sono tracotanti, sapendosi impuniti?
Sicuramente sapete dare la risposta: perché sono una minoranza discriminata. Tanto perseguitata, tanto sofferente. Sicché quando uno dei loro ladri o delle loro ladresse vengono fermati da qualche agente (inesperto), la valorosa magistratura rilascia la ladressa, e quello che passa i guai è l’agente: ha perseguitato una povera fanciulla discriminata. La quale per giunta accusa, tracotante: |”Mi ha messo le mani addosso, mi ha palpata!”. Il valoroso magistrato, davanti all’evidenza, non ha dubbi: per lui la parola della zingara, ancorché magari recidiva, e del poliziotto, sono sullo stesso piano, L’una vale l’altra. Anzi la prima vale di più perché minoranza discriminata- Sicché rilascia la ladressa(mandata dallla cosca a rubare proprio in quanto minorenne, così non punibile) e denuncia il poliziotto per pedofilia. La cosa è così sistematica, che (come ci è stato confidato da uno del mestiere) che sono gli stessi superiori a consigliare discretamente, se vedono un borseggio compiuto da una zingarella, di voltare la testa altrove.
Ora, noi domandiamo: sarà per questo, valorosi procuratori, che i Casamonica sono “i re di Roma”, tracotanti e impuniti da minacciare fisicamente i giornalisti che seguivano le meste cerimonie funeralizie?
Perché la cosca Casamonica non è stata mai oggetto di una così approfondita indagine come quella contro Carminati? Perché mai non sappiamo niente di loro, e i giornali ne hanno scoperto l’esistenza per il funerale del Padrino?
Perché non ci sono intercettazioni dei Casamonica e famigli? Si dice che facciano i soldi con controllo dello spaccio: quando potremo leggere sul Fatto Quotidiano le frasi che i Casamonica da Novanta sussurrano i loro picciotti?Per telefono o nelle intercettazioni ambientali?
Segnaliamo ai valorosi magistrati quest’altra Mafia-Capitale: anche se forse li renderebbe meno popolari, perché li esporrebbe all’accusa di prendersela con una minoranza -come tutti sanno – da millenni perseguitata.
ATER
E’ l’ente che a Roma gestisce ed assegna le case popolari. Lo segnaliamo ai valorosi come un altro nucleo di Mafia Capitale. Con la possibilità di collegare il futuro processo a quello dei mafiosi-zingari Casamonica.
Abbiamo infatti saputo – dai giornali – che a membri della famiglia Casamonica sono assegnate case popolari a Spinaceto, sottratte a cittadini poveri. Una sola persona, Angelina Casamonica (oggi defunta) ha avuto la casa dall’ATER. Al canone di 7,65 euro mensili. Ebbene: né lei né i suoi successori, che continuano ad abitare i locali, hanno mai pagato il modestissimo affitto.
L’ATER reclama da loro, per arretrati, un totale di 32.272 euro più 0,7 centesimi. Ma non li caccia da quella casa, come spetta a morosi da così lunga data, che per di più dimostrano (dalle grosse cilindrate parcheggiate sotto) di non essere affatto bisognosi.
Non sarà che elementi della cosca Casamonica intimidiscono l’ATER, i suoi impiegati e i suoi esattori quando si presentano a riscuotere? (se si presentano, cosa ci dicono rarissima a Spinaceto). E onde venga appurato che i dipendenti dell’ATER non subiscono intimidazioni ma collaborano d loro volontà a dare gli appartamenti ai Casamonica & Picciotti, non sarà il caso di incriminarli per “associazione a delinquere di stampo mafioso”? Aspettiamo a piè fermo le vostre immancabili azioni repressive, coraggiosi e validissimi procuratori.
La ben nota ATAC
E’ la notoria azienda trasporti. La cui natura di associazione a delinquere di stampo mafioso è più che comprovata dal fatto che i suoi dirigenti stampavano milioni di biglietti falsi, che poi non venivano contabilizzati, e con cui hanno “prodotto 70 milioni di euro l’anno da spartirsi e per finanziare i partiti” (dai giornali).
Ora, perché, valorosi magistrati, lasciate esistere l’ATAC? Lasciate occupare a questa associazione delinquenziale i mezzi pubblici romani, di cui questi farabutti fanno quel che vogliono, tenendo in ostaggio i passeggeri? Perché non la smantellate e sbattete in galera tutti i suoi funzionari, senza dimenticare i tranvieri che stanno conducendo “la loro lotta” per evitare di timbrare il cartellino (come fanno nel resto del mondo i veri tranvieri) a suon di scioperi bianchi in cui tengono sotto sequestro i passeggeri?
Ve lo ricordiamo, valorosi procuratori, perché giusto ieri abbiamo saputo che dieci di questi dirigenti, che il sindaco Marino voleva licenziare, restano al loro posto per questo motivo: il Comune non ha i soldi per pagare le liquidazioni d’oro cui, si fa’ per dire, “hanno maturato il diritto”.
Pensioni d’oro!? Solo voi, validi procuratori, potere risolvere la questione con uno dei vostri metodi più efficaci : la loro carcerazione preventiva, magari a Bad e Carros, così sarà più macchinoso per i loro avvocati difenderli. Insomma, fate per questi quel che avete fatto per Carminati. Come mai non agite, o valorosi?
Avrete certo la collaborazione del nuovo assessore alla Mobilità, Stefano Esposito. , il quale ha recentemente detto (a chiacchiere) quanto segue, senza bisogno di intercettazioni, in un dibattito pubblico: “L’Atac è il simbolo del sistema clientelare romano”…: “Ci sono più probabilità che si vinca al superenalotto che un controllore salga su un autobus“…”Lo sciopero è un diritto sacrosanto, ma l’utilizzo dello sciopero solo per una battaglia politica è inaccettabile” . Ecco una persona informata sui fatti, che potreste convocare come testimone, valorosissimi pm.
Tanto più che, se davvero ha intenzione di fare pulizia in Atac-Mafia-Capitale, questo neo-assessore avrà bisogno del vostro aiuto. Esposito ha infatti detto: “Metterò in campo tutti gli strumenti che la legge mi mette a disposizione perché la dove ci fossero sabotaggi, scioperi bianchi che non vengono dichiarati farò tutto quello che posso fare”.
Ora, quel che può fare – anche se lo volesse – è penosamente limitato dalle leggi. Infatti abbiamo saputo quanto segue: che sui licenziamenti nelle municipalizzate, i sindacati hanno potere di veto. Legalmente. Per una legge approvata a suo tempo da Berlusconi.
Il coinvolgimento dei sindacati nell’associazione a delinquere si impone, ci pare. A meno che non preferiate, valorosi, stralciare la posizione e avviare un’indagine (con intercettazioni a strascico) sui sindacati come autonoma “Associazione a delinquere di stampo mafioso”: una inchiesta che, possiamo assicurarlo senza ambagi, sarebbe piena di succose sorprese e paradossali sviluppi, coinvolgenti quel che si dice “il mondo politico”.
Il Servizio Studi del Parlamento
Di questa entità misteriosa si sa pochissimo. Il suo metodo mafioso è accertato dall’ultimissimo inghippo messo in atto per impedire la riforma del Senato. Spieghiamo: nel progetto di riforma, suonava una frase che dice: «La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali nei quali sono stati eletti». Nel passaggio alla Camera, il testo è stato modificato come segue: “La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti».
Il “Nei” è stato cambiati in “Dai”. «È una modifica fatta intenzionalmente – ha accusato il sottosegretario alle Riforma, Luciano Pizzetti – È stato usato come un cavallo di Troia per cambiare le riforme». Siccome infatti la microscopica variazione comporta che il testo approvato al Senato è diverso da quello che deve essere approvato alla Camera, tutto ritorna alla casella di partenza.
Di chi è la “Manina” che ha fatto il cambiamento? “E’ stata una richiesta del Servizio studi”, ha dichiarato nientemeno che Emanuele Fiano, relatore renziano: « Una correzione che risolveva un margine di ambiguità. Non potevamo dire di no». Da questa ammissione, esimii procuratori, sono evidenti alcune cose: che i parlamentari agiscono sotto schiaffo di una entità, annidata nella burocrazia del Parlamento (quella che si dà stipendi da 7 mila al mese come prima assunzione), a cui “non posson dire di no”. Come al Padrino, che faceva “offerte che non si possono rifiutare”?
Ci sarebbe da intraprendere (con le dovute intercettazioni) una succosissima indagine sul come e qualmente i nostri eletti vengono manovrati, insufflati, condizionati – in una parola, manipolati – dagli apparati cosiddetti tecnici a cui – per forza, data la loro ignoranza dei grovigli legali in cui si sono essi stessi ingarbugliati – si devono affidare per la stesura delle loro leggi e leggine. Come questa cosca sia potente e strapagata, ed agisca sotto la protezione della “legalità”, non vi inganni: la legalità se la scrivono loro, a vantaggio proprio e degli amici politici che aumentano il suo potere e i suoi stipendi.
Lo stampo mafioso è confermato dal cronista del Corriere, che ha cercato di interrogare la cosca: “Quanto al servizio studi, non è dato sapere di più: la discrezione dei funzionari è leggendaria, di interviste non se ne parla e nessuno si assume la paternità della richiesta”.
Perché non mettere sotto controllo quei telefoni? Perché vi siete fermati a Buzzi e Carminati, o validissimi accusatori?
Poi c’è quello che si fa’ chiamare “Il Papa”…
Ve la segnaliamo dopo quel che siamo venuti a sapere attorno a Mamadou Kamara, quell’ivoriano povero profugo bisognoso di tanto aiuto, che ha ammazzato i due coniugi di Palagonia per derubarli di: smartphhone, computer, tablet, macchine fotografiche. Agli inquirenti è apparso “sicuro, sfrontato, imperturbabile”, come un vero assassino professionale: quale probabilmente era nel suo paese, perché, nella dichiarazione che ha dovuto stilare all’arrivo (8 giugno), al ‘centro d’accoglienza” Cara di Mineo, ha scritto: “Non potevo più stare nel mio Paese, la Costa d’Avorio. Avevo paura per la mia vita, così sono fuggito e sono arrivato in Libia dove ho pagato per imbarcarmi. Sono venuto in Italia in cerca di fortuna».
La Costa d’Avorio non è in guerra. Se il giovinotto non ci poteva più stare, magari era perseguito dalle leggi del suo paese? E poi: “Sono venuto in Italia in cerca di fortuna” è giustificazione sufficiente o no, per escluderlo da ogni accettazione come profugo? Macché – al centro di Mineo, i buoni volontari (bella cosca anche loro) gli hanno fatto riempire la domanda d’asilo politico: complicità in omicidio per rapina? Non so, domando rispettosamente.
Al medesimo centro d’accoglienza, si sono raccolte voci dei santi volontari che vogliono tanto bene ai profughi: “Arrivò il 9 giugno e due giorni dopo, l’11, si presentò per iscriversi al corso di fitness. Lui non è un ragazzo molto alto, diciamo un metro e settanta, ma è molto atletico, muscoloso. Però frequentò il corso solo per una settimana, poi lasciò. Allo stesso modo s’iscrisse subito anche alla scuola di lingua italiana, in aula però si presentò solo due volte. Mai si è affacciato neppure al job center o nei nostri tanti laboratori. Si faceva vedere solo a mensa e al bazar.
Corso di fitness?
Scusate: oltre che di vitto e alloggio, schede SIM per chiamare le famiglie all’estero, diamo a questi negri giovani e muscolosi “il corso di fitness”?! A spese nostre? Noi, cittadini, il corso di fitness ce lo paghiamo. E ci sono vecchietti che avrebbero bisogno del corso di fitness e non se lo possono permettere, né l’ASL glielo passa perché c’è la spending review. Non parliamo poi dei malati da SLA che avrebbero bisogno di ben altra riabilitazione, e non possono averle che col contagocce perché mancano i soldi.
Dunque: noi spendiamo denaro pubblico perché giovani negri già molto muscolosi, venuti per uccidere e rapinare si facciano ancor più muscoli?
Ebbene: di questo odioso scandalo e ripugnante affare, o valorosi procuratori, siamo in grado di additare il possibile mandante.
E’ un individuo dell’età del boss Casamonica. Vestito di bianco con un croce al collo – esattamente come appare nei manifesti del funerale il defunto boss della cosca zingara, Vittoriano Casamonica. Uno che i suoi chiamano “Il Papa” – come Casamonica – che è certamente un nome di battaglia (non l’abbiamo mai visto mai inginocchiato davanti al Santissimo, mai è stato fotografato mentre prende la Comunione), e in Argentina s’è affiliato ad una setta:
Inoltre perseguita i cattolici praticanti, amando invece scompisciatamente radicali, protestanti, luterani e valdesi – nonché tutti quelli che vengono, a suo dire, dalle “periferie esistenziali” per “fare una vita migliore” qui da noi. Non i profughi che fuggono dalla guerra, no; l’individuo noto come “il Papa” vuole che accogliamo tutti, proprio tutti, anche quei muscolosi come Amadou, venuti per rapinare i tablet e gli smartphone, con abbastanza soldi da pagarsi il passaggio illegale. Altrimenti accusa noi italiani di “razzismo”.
Ora, abbiamo le prove che questo individuo non parla a nome della Chiesa quando pretende minacciosamente che l’Italia accolga tutti costoro senza distinzione né limiti.
Grazie ad Antonio Socci, abbiamo saputo che la Chiesa africana – la Conferenza episcopale, con il suo segretario Nicolas Djomo – ha fatto un appello ai giovani africani, perché non emigrino: “Non fatevi ingannare dall’illusione di lasciare i vostri Paesi alla ricerca di impieghi inesistenti in Europa e in America”. Invece, “Utilizzate i vostri talenti e le altre risorse a vostra disposizione (perché i soldi, quelli ce li hanno, e i vescovi lo sanno,ndr.) per rinnovare e trasformare il nostro continente e per la promozione della giustizia, della pace e della riconciliazione durature in Africa. Voi siete il tesoro dell’Africa. La Chiesa conta su di voi, il vostro continente ha bisogno di voi”.
Da Anna Bono, che è ricercatrice in Storia e istituzioni dell’Africa presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Torino ed ha studiato il problema, abbiamo saputo che ad emigrare in massa non sono gli affamati (che non si possono certo permettere un ‘passaggio’ da 3 mila euro almeno) bensì : “una netta prevalenza di giovani, maschi, istruiti, partiti da centri urbani dove avrebbero potuto continuare a vivere, così come fanno i loro coetanei rimasti a casa”. E “in gran parte la motivazione non è un pericolo di vita incombente né la miseria estrema. Gli emigranti dall’Africa per lo più non stavano morendo di fame, non vivevano sotto le bombe o nel terrore di un regime spietato. Difatti pochi ottengono lo status di rifugiato”.
Quello che vogliono, quando vengono tra noi, è lo smartphone.
In decine di migliaia,- questi intraprendenti istruiti , ciascuno dei quali caccia 3 mila euro almeno, depauperano l’Africa non solo delle loro persone, ma dei capitali con cui i paesi potrebbero svilupparsi. E’ un fenomeno negativo, come proclama la Chiesa africana. Qualunque cosa dica quello che si fa’ chiamare “Vescovo di Roma”, ma nel suo ambiente chiamano “Il Papa”.
Che segnaliamo alle Signorie Vostre,validissimi pm, nel quadro di una possibile inchiesta su Mafia-Capitale bis.