(La crisi della Palamara italiana)
Nel 2003 il crac del gruppo, che fatturava 400 milioni di euro
«Ci hanno distrutto, aggredendo anche i nostri beni patrimoniali e lasciando in mezzo alla strada oltre tremila persone e distruggendo una azienda che fatturava 400 milioni di euro l’anno». Nel 2003 il gruppo Ferri aveva 400 negozi. Sedici anni dopo, la Cassazione ha chiuso con la prescrizione il processo per bancarotta a carico dei fratelli di Corato che, solo oggi, hanno denunciato di aver subito una estorsione: un avvocato, lo stesso di cui ha parlato anche il re del grano Francesco Casillo, avrebbe chiesto 4 milioni di euro per salvarli dall’indagine condotta dall’allora pm di Trani, Antonio Savasta, e dagli arresti e dalle altre misure cautelari disposte dall’allora gip Michele Nardi.
Così come la denuncia di Francesco Casillo, che ha parlato di un milione di euro versati per far chiudere l’inchiesta di Savasta sul grano contaminato, anche quella dei fratelli Ferri è finita agli atti dell’indagine della Procura di Lecce sulla giustizia truccata nel Tribunale di Trani. Anche le accuse dei Ferri, così come quelle di Casillo, risalgono al 2003 e sono ormai prescritte. Ma mentre il re del grano fu assolto, le accuse di bancarotta ai Ferri sono cadute solo per il troppo tempo trascorso. Ma nel fascicolo che i carabinieri di Barletta hanno trasmesso ad aprile alla procuratore Leonardo Leone de Castris c’è qualcosa in più: una denuncia presentata cinque anni fa dalla gip Maria Grazia Caserta, che segnalava possibili irregolarità da parte di Nardi nella gestione dei compensi ai commissari giudiziali del gruppo Ferri. Una denuncia mai presa in considerazione.
«VERRETE ARRESTATI»
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