Manualetto di anti-economia – seconda parte

di Roberto Pecchioli

La crisi del 2007/2008

Le crisi ricorrenti cui va soggetto il sistema vanno quindi interpretate come momenti successivi della presa del potere da parte delle élites internazionali. Che, ripetiamolo una volta di più, sono formate dagli azionisti e dai dirigenti di alcune migliaia di multinazionali , di un centinaio di grandi banche unite nel sistema delle Banche Centrali al cui vertice è la BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali)   e dai titolari delle grandi reti di comunicazione e di tecnologia globale. La cupola di questa oligarchia nemica è costituita da poche decine di grandissime corporations unite da incroci azionari, legami di parentela, comune appartenenza a gruppi di pressione riservati ( massoneria, Consiglio per la Relazione Estere in Usa – CFR – RIIA in Gran Bretagna , Royal Institut for International Affairs, Gruppo Bilderberg, Round Table e simili).

Decise le linee guida nei conciliaboli di pochi, al potere politico non resta che adeguarsi, pena la sostituzione con personaggi più malleabili al sistema. Vale la pena ricordare la morte sospetta di Joerg Haider, l’abbattimento dell’aereo polacco con a bordo i vertici politici e bancari di quella nazione, il golpe bianco orchestrato in Italia nel 2011 contro Berlusconi, il commissariamento della Grecia, impedita a tenere un referendum sulle terribili misure imposte al popolo dai vertici delle banche e dell’Unione Europea, il  misterioso siluramento del ministro greco Varoufakis nel 2015, la nascita del narco-Stato Kosovo , i ricorrenti tentativi di far saltare governi sudamericani, per non parlare dell’ormai venticinquennale attacco militare nel Vicino Oriente, giustificato dall’esportazione della democrazia .

Nel 2007/2008 nasce la nuova crisi mondiale, innescata dai mutui immobiliari americani concessi senza garanzie, ma innanzitutto prodotta dall’immenso sviluppo di strumenti finanziari criminali e truffaldini, i cosiddetti “derivati” . Pensati come una sorta di collaterale contro i rovesci del mercato azionario, si sono via via trasformati in una forsennata scommessa su tutto. Si scambia il valore di un titolo, un pezzo di carta, non di un bene , di un servizio, un idea o una scoperta scientifica, ad una certa data, e si riscommette con qualcun altro, al rialzo o al ribasso, indefinitamente, tanto che i titoli derivati sono oggi almeno dieci volte il valore del Prodotto Lordo mondiale. Denaro che non esiste, evidentemente impagabile quando qualcuno , con soldi veri in mano, chiede di vedere il banco, e tutto salta, come nel bluff dei giocatori di poker.

Purtroppo, il sistema si è consolidato, e, in Europa, è oggi rappresentato da un tremendo ircocervo a più teste, la Troika, costituita da BCE (Banca Centrale Europea), l’oligarchia dell’Unione , con in testa la Commissione, e gli artigli del Fondo Monetario Internazionale , con la sua neonata continentale, il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità).  Negli anni, si è rafforzata la presa giuridica delle idee globaliste e liberiste (ordoliberismo), tant’è che  gli Stati non possono destinare fondi a settori economici in difficoltà che sarebbero “aiuti di Stato”, orrore, fuori dall’ortodossia ideologica , devono inserire nelle leggi, o addirittura nelle Costituzioni, il divieto di contrarre debiti – noi l’abbiamo fatto, con il sonno della ragione dell’intero Parlamento , modificando l’art. 81 della Carta, e sottostare quindi indifesi ai diktat del mondo finanziario, padrone delle banche e dell’emissione monetaria.

In più, con l’Euro, più un sistema di cambi fissi che una vera moneta comune, vincono i già forti – leggi Germania – e soccombono gli altri. Un esempio: la manifattura industriale italiana, divenuta la seconda in Europa, ed unica vera temibile concorrente dei tedeschi, ha perso, dall’istituzione della moneta, circa il 25 per cento della produzione e del valore, e non fa più ricerca o innovazione per mancanza di denaro, interi distretti hanno chiuso i capannoni, altri conservano in Italia solo la sede amministrativa, dopo aver delocalizzato anche la sede legale per lucrare vantaggi fiscali .

Globalizzazione

La globalizzazione e la liberalizzazione doganale, che si manifesta con l’abolizione pressoché completa di limiti all’importazione di qualsiasi merce e con l’abbattimento o l’abolizione dei dazi d’ingresso, ha  prodotto la fuga di migliaia di aziende, che hanno delocalizzato la produzione ed esternalizzato ogni attività giudicata non strategica. L’imposizione di normative sempre più favorevoli ai grandi gruppi in materia di brevetti, proprietà intellettuale, privativa industriale rende impossibile una vera concorrenza e determina prezzi “di cartello”, tenuti vergognosamente alti da un indottrinamento mediatico che ci ha resi consumatori disciplinati , automi da acquisto, desiderosi proprio dei prodotti e dei “marchi” imposti da lorsignori.

La concorrenza tra aziende si gioca essenzialmente sul costo del lavoro, ed ecco servita la precarietà generalizzata, l’attacco agli stipendi, alla previdenza, ai diritti sociali, alla stabilità professionale, la minaccia di licenziamenti , l’allungamento dell’età lavorativa, l’arrivo di milioni di immigrati spinti fuori dai loro Paesi da mafie organizzate, false speranze, povertà indotta dalle politiche assassine del FMI e della Banca Mondiale.  Madamina, il catalogo è questo….

Vediamo adesso nel dettaglio alcuni strumenti del sistema e decifriamo alcune nuove parole o sigle che, un po’ esotericamente, riempiono la comunicazione scritta e televisiva. Naturalmente, anche qui, è tutto ben programmato e previsto. Don Lorenzo Milani , il priore di Barbiana, almeno su un punto intuì il vero, quando affermò che il padrone conosce 1000 parole, il povero 100, ed è per questo che è lui a comandare. Oggi il padrone è profondamente cambiato, ed in peggio, a partire dal fatto che non ha un nome ed un volto preciso .

Mercati, economia, finanza.

Mercato

“I mercati votano tutti i giorni”. Questo è uno dei tormentoni del nostro tempo. I cittadini votano, ogni tanto, ma non contano nulla, i mercati non hanno cittadinanza, sono apolidi come i loro genitori banchieri d’affari, ma contano molto. Mercati, peraltro, è un termine assai fluido, per designare qualcosa che, al contrario, è molto pesante. Dematerializzata anche la Borsa, che non è quasi più un luogo fisico, ma una rete informatica interconnessa, i mitici mercati non sono che le banche d’affari , i grandi fondi d’investimento e pochi altri. Poiché però il mercato azionario e mobiliare è, nel migliore di casi, un gioco a somma zero, occorre attirare  milioni di piccoli e medi investitori: le pecore da tosare, quelli a cui sottrarre i risparmi.

I gestori delle borse – a proposito, quella di Milano è sostanzialmente di proprietà dell’omologa londinese – sono gli inventori dei derivati, specie dei famigerati CDS ( Credit Default Swap) e di tutto il fantasmagorico mondo dei “prodotti finanziari”, con cui imbrogliano il mondo. L’ingrediente quotidiano sono voci messe in giro ad arte, speculazioni di pochi giganti ( ricordiamo l’attacco di un unico soggetto, il tycoon ebreo ungherese americano Soros, contro i titoli di Stato italiano, e , anni prima, contro la lira ), manovre di ogni tipo, disinteresse per i cosiddetti “fondamentali” dell’economia reale. Questi sono i mercati, con in più l’assoluta irrilevanza dell’intervento umano , affidati a modelli matematici, algoritmi ed informazioni già programmate . L’altro elemento criminale è la somma delle risorse impegnate sui “mercati”, che non esistono, poiché trattasi di cifre virtuali più volte superiori al Prodotto Interno Lordo ( PIL) del mondo.

Il PIL è la somma di tutte le attività e di tutti i redditi aggregati di uno Stato. Non misura la felicità e l’infelicità, la giustizia o il bene, solo i redditi. Il paradosso è quello enunciato dall’economista Richard Easterlin, il quale dimostrò che non esiste relazione tra ricchezza e felicità. Per comprendere il funzionamento del PIL, immaginiamo di fare una passeggiata con la famiglia. Se torniamo a casa tranquilli e sereni, il PIL non aumenta; se, al contrario, veniamo travolti da un pirata della strada, il PIL si alza, tra spese mediche e funerarie, assicurazioni e tribunali……

Un’ulteriore elemento di pressione indebita , da parte dei mercati, è il sistema del “rating”, ovvero il voto attribuito ai titoli, ma anche agli Stati (!!!!) da parte di alcune agenzie specializzate. Il punto è che le tre sorelle monopoliste del settore, Moody’s, Standard & Poors e Fitch non sono affatto indipendenti, ma le loro azioni sono in mano ai grandi operatori finanziari, i quali possono così decidere il livello di rischio, quindi la remunerazione ed il costo economico dei loro investimenti. E’ una tombola nella quale tutte le cartelle sono in mano al banco. Quanto al rating degli Stati sovrani, che fino a due decenni fa sarebbe stato un assurdo logico, è fin troppo chiaro il peso ricattatorio del giudizio delle agenzie, vero autodafé contemporaneo, e si giustifica con il ruolo assunto dalle banche centrali, privatizzate , non più tenute ad acquistare i buoni del Tesoro pubblico, e non più prestatrici di ultima istanza. Ecco perché, assurdamente, nel magico mondo del mercatismo finanziario, anche gli Stati possono fallire.

Un ruolo importante, nel sistema finanziario, lo ricopre il cosiddetto shadow banking ( i termini anglofoni si sprecano…), ovvero l’imponente massa di transazioni elettroniche che avvengono fuori dai canali ufficiali, in un mercato parallelo , illegale persino nel sistema vigente, che viene stimato in almeno un quarto del totale . Altri attori importanti sono i cosiddetti Fondi sovrani, legati cioè a Stati, soprattutto quelli gonfi di petrodollari del Golfo Arabico, ed i fondi pensione. Questi ultimi presentano una specifica criticità, giacché la necessità di corrispondere ogni mese ai sottoscrittori le pensioni, li spinge ad investimenti a breve e brevissimo termine, all’acquisto di derivati e di titoli pericolosi, definiti “tossici”. L’esito è pesante per il sistema , ma può diventare addirittura drammatico per milioni di persone in caso di fallimento od insolvenza.

La privatizzazione del mondo. I grandi padroni.

La privatizzazione del mondo è il titolo di un libro molto fortunato di alcuni anni fa, dell’economista e uomo politico svizzero Jean Ziegler , e fotografa perfettamente la realtà che va svolgendosi davanti ai nostri occhi. La superstizione liberista ha stabilito, con un postulato indimostrato ma divenuto indiscusso a destra ed a sinistra , che solo i privati possono svolgere attività economica e d’impresa. Nessun dubbio che l’impresa privata funzioni, in genere, meglio di quella pubblica, ma, ovviamente, entro un sistema di regole , limiti, diritti e doveri che gli aggressivi spiriti animali  (Keynes) del nuovo capitalismo non tollerano. Esiste anzi una sorta di “furia del dileguare”, per usare un’espressione di Hegel, un’ indomabile forza tesa a distruggere ogni limite, qualsiasi norma o traccia del passato che rende vera la definizione di Joseph Schumpeter di “distruzione creatrice”, a proposito dell’essenza del capitalismo, nuova religione secolare, “capitalesimo”. Non si può, non si deve, accettare la privatizzazione di tutto.

Almeno quattro o cinque settori devono , a nostro avviso, rimanere fuori dal mercato: le fonti energetiche, le reti di comunicazione, l’acqua, l’ assistenza e la previdenza. In altri ambiti, penso alla scuola, alla sanità, al credito, alle assicurazioni, alla ricerca scientifica, il ruolo dello Stato deve rimanere centrale, al fine di impedire la creazione di monopoli privati e per garantire a tutti l’uso di beni e servizi che definiamo comuni. Proprio il concetto di “beni comuni” sta emergendo come argine ideologico e pratico allo strapotere dell’intervento privato, e si affaccia il sentimento della necessità di un limite al cosiddetto sviluppo, che freni, con la globalizzazione, lo sfruttamento delle risorse naturali necessario alla fame di energia ed insieme il processo di concentrazione d’imprese in un mercato grande quanto il mondo .

Un grande economista ultraliberale, il Von Hajek sosteneva che un mercato funzionante deve essere aperto  sia in entrata che in uscita . Oggi, il mercato è aperto, per la schiacciante maggioranza delle piccole e medie imprese, ed anche per un buon numero di grandi, solo in uscita, nel senso che l’irruzione dei giganti globali e multinazionali espelle inevitabilmente ogni concorrenza. Sempre Von Hajek, in polemica con l’economia statalista, affermò che “chi possiede tutti i mezzi, determina tutti i fini”. Questa è la fotografia dell’economia e della finanza contemporanea!  La migliore destra americana, quella di Russell Kirk e Barry Goldwater, pur fortemente liberista, era decisamente ostile alle concentrazioni azionarie ed ai “cartelli”. Oggi siamo direttamente pervenuti a monopoli privati al posto di quelli pubblici. E’ indispensabile infatti diffondere al massimo la proprietà privata, al fine di generalizzare il senso di responsabilità, la morale civica e rendere effettiva la concorrenza di più soggetti in ogni campo.

I processi di concentrazione stanno trasformando in un deserto la cosiddetta libera imprenditoria, costretta alla resa nella distribuzione commerciale, ma anche nella manifattura , nei servizi, persino nell’agricoltura. Va da sé che le fusioni significano la fine di milioni di posti di lavoro, oltre a nuove delocalizzazioni ed a ingenti fenomeni di elusione fiscale, poiché la grande impresa sceglie anche dove pagare le tasse, quando non addirittura , se pagarle, tra deduzioni, legislazioni ad hoc, compagini azionarie costruite a scatole cinesi Un esempio italiano sono le fusioni bancarie, che, a detta di molti, distruggeranno in pochissimi anni il tessuto di banche popolari e cooperative, il cui torto, oltre all’insufficiente dimensione, è il voto capitario, ovvero la possibilità per tutti i soci di contare in modo uguale. Nella società di capitali, i voti si pesano, non si contano, come usava dire Giovanni Agnelli, e basta un ben organizzato “patto di sindacato” per governare grandi aziende con meno di un terzo delle azioni.

Una follia del nostro tempo è il pericolo che il diritto di proprietà privata sia vanificato, “mangiato”, dall’onnivora presenza delle multinazionali e dei grandi gruppi in genere. Aveva ben ragione Maurizio Blondet, già una decina di anni fa, intuendo che l’oligarchia globale stava realizzando una sorta di comunismo con altri mezzi: troppo grandi e lontani per essere combattuti, padroni dei governi espropriati delle sovranità , lasciano tutti noi nelle condizioni di sudditi, la cui unica libertà è scegliere i (loro) prodotti da consumare, le ( loro) idee in cui credere, i canali mediatici, sempre loro, su cui informarsi. Unione Sovietica LiberalCapitalista.

Chi è chi ?

Ma chi sono, in definitiva, i grandi padroni che stanno comperando a stock tutta l’economia mondiale ? Secondo alcuni studiosi svizzeri, le multinazionali di grandi dimensioni sono circa 43.000 e generano i due terzi del reddito mondiale. Si possiedono l’un l’altra, talché il loro numero si riduce a 1318 gigantesche entità, ed esisterebbe un nucleo dominante, chiamato “unità centrale” che le possiede tutte, o che, quanto meno, forma un unico , immenso cartello con l’80 per cento del reddito globale. Appare quindi chiaro che la tanto sbandierata competizione o concorrenza non è che fumo negli occhi ad uso dei popoli. Sempre in base allo studio elvetico, il nocciolo duro dei giganti comprende soltanto 147 corporazioni. La gran parte di esse sono banche o fondi d’investimento, che dunque rappresentano la cupola mondiale del potere industriale ed economico, oltreché di quello finanziario. I nomi sono ormai noti al pubblico : Barclays, Axa France, JP Morgan, Goldman & Sachs, Deutsche Bank, Morgan Stanley, Bank of America, Chase Manhattan, Citigroup, ed anche l’italiana ( italiana ? vedremo poi che non è proprio così) Unicredito Italiano.

Il settore bellico è posseduto da costoro, e sono 1800 miliardi di fatturato nel 2011 , come le grandi compagnie petrolifere, il settore farmaceutico – Big Pharma vale 500 miliardi di dollari annui-  e così anche le telecomunicazioni.  Secondo altri osservatori, ma i dati risultano sorprendentemente coincidenti con quelli svizzeri, tenuto conto della riservatezza dei dati , le sette principali banche del mondo controllano praticamente tutte le multinazionali . Si tratta di Bank of America, JP Morgan, Citigroup/Banamex, Wells Fargo, Goldman Sachs, Bank of New York Mellon, a loro volta controllate dai cosiddetti “Big Four”, Black Rock, State Street Corporation, FMR/Fidelity, Vanguard.  Quanto ai nomi delle multinazionali , ci limitiamo ai nomi di Coca Cola, Johnson & Johnson, Nestlé, Pfizer ( quelli del Viagra), AT&T, Dupont, Honeywell, Mac Donald, Wal-Mart ( immensa catena di distribuzione commerciale) , Disney, Warner, Viacom, CBS ( il gotha dell’informazione e dell’intrattenimento). I padroni del mondo. Black Rock, la Roccia Nera, che contende a Vanguard il ruolo di Fondo numero uno , ha in pancia i pacchetti di controllo di Apple, ExxonMobil, Microsoft, Chevron, Shell, Pearson, proprietario dell’Economist, la Bibbia dell’informazione economica e finanziaria.

Un analista cinese, Song Hong Bing ha rivelato, nel libro “La guerra delle valute”, che gli incroci azionari sopra descritti hanno al centro una sola dozzina di grandissime famiglie , tra le quale spiccano i Rothschild, gli Warburg, i Rockefeller i Lazard ed i banchieri Israel  Moses Seifs, con sede a Roma. I Rothschild, se fossero uno Stato, con 5 milioni di milioni di Dollari di patrimonio, sarebbero, sarebbero al quinto posto assoluto, davanti alla Germania ed al Giappone.

La Federal Reserve, la banca centrale degli Usa, ha tra i suoi soci dodici banche, con un consiglio di sette persone, le quali, casualmente , sono anche esponenti dei Big Four. La cupola dei superpadroni, quindi, ha in mano la maggiore banca centrale del mondo !

     Il sistema finanziario e bancario. L’invenzione del debito.

“Il potere del capitalismo finanziario ha un obiettivo di vasta portata: niente meno che creare un sistema mondiale di controllo finanziario in mani private in grado di dominare il sistema politico di ogni Paese e l’economia del mondo nel suo complesso. Questo sistema deve essere gestito in maniera feudale dalle banche centrali del mondo, le quali agiscono in coordinamento tramite accordi segreti stipulati nelle frequenti riunioni a porte chiuse”. Carroll Quigley (1996).

Non sono le parole di un complottista paranoico, ma di un eminente economista e sociologo, docente universitario e consigliere di governi americani. Il sistema bancario internazionale è un unico grande potere, le cui ramificazioni si estendono sino alle minuscole agenzie di paese ed agli sportelli elettronici. Del banchiere Paterson abbiamo parlato all’inizio, ma dobbiamo ora mostrare come il sistema che egli ha inaugurato sia la ferrea mano che stringe sino all’asfissia popoli, Stati, individui. Nessuno intende demonizzare il credito come tale, che, al contrario, è un elemento decisivo dell’intera filiera economica. Ciò che dobbiamo smascherare e combattere senza tregua è il potere del denaro concentrato in mani private, a partire dell’emissione monetaria.

Per farlo, iniziamo con due brevi , ulteriori citazioni, una del padre della Costituzione americana, Thomas Jefferson, non certo un nazista o bolscevico, l’altra di uno dei capostipiti della famiglia più potente del mondo, i Rothschild. “ Se gli Americani consentiranno mai a banche private di emettere il proprio denaro, prima con l’inflazione e poi con la deflazione le banche, e le grandi imprese che ne cresceranno attorno, priveranno la gente delle loro proprietà finché i loro figli si sveglieranno senza tetto nel continente conquistato dai loro padri.”

“Datemi il controllo sulla moneta di una nazione e non mi preoccuperò di chi ne fa le leggi”. Questa lugubre massima di Mayer Amschel Rothschild, banchiere tedesco del XVIII secolo, fondatore dell’impero bancario della famiglia Rothschild, la dinastia più influente del pianeta, introduce uno dei temi più spinosi della nostra epoca: il controllo dell’emissione della moneta. Tale argomento è spesso trascurato nelle analisi economiche e viene tenuto volutamente lontano dai programmi accademici, ma è diventato il tema centrale per valutare la realtà nella quale siamo immersi. I popoli , attraverso gli Stati, si sono spogliati di uno degli elementi decisivi della sovranità: il potere di battere moneta. Secondo Niccolò  Machiavelli, fondatore della scienza politica, esercito e moneta sono i due presupposti senza i quali non esiste sovranità.

La moneta

Sino ad alcuni decenni fa, restava valida la definizione di moneta risalente al sommo Aristotele : la moneta è “la misura del valore”, ovvero serve per calcolare il valore dei beni e dei servizi creati dall’uomo attraverso il suo lavoro.  Gli studi di Giacinto Auriti ci hanno insegnato che la moneta è anche “valore della misura”,  cioè misura di se stessa, o motivatore universale, come dice Marco Della Luna. In verità, la moneta ha un valore indotto, fiduciario, perché determinato dalla sua accettazione , per legge o convenzione. Nel passato si attribuiva funzione di moneta agli oggetti più vari, dalle conchiglie al sale . Auriti ha scoperto altresì che il valore di qualcosa è un rapporto tra fasi di tempo, ossia attiene alla previsione di utilizzo di quel bene . La moneta’, dunque, ha ed è, un valore indotto, creato da chi prevede , appunto, di poterla spendere.

Se dunque il valore è indotto, non ha più importanza alcuna l’esistenza di una riserva, in oro o in altra forma. Diventa invece essenziale stabilire chi emette la moneta e chi, dunque, ne è il “proprietario” originale. A questa domanda, formulata dall’europarlamentare italiano Mario Borghezio, il commissario europeo Olli Rehn ha risposto “al momento dell’emissione, le banconote in euro appartengono all’Eurosistema e che, una volta emesse, sia le banconote che le monete in euro appartengono al titolare del conto su cui sono addebitate in conseguenza”. Con ciò, ha riconosciuto, poiché Eurosistema è sinonimo di Banca Centrale Europea, l’inganno formidabile di cui siamo vittime, poiché la BCE ha il diritto di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione, ma non ne ha la proprietà giuridica ( art. 128 Trattato di Maastricht ).

Essa stampa le banconote o crea elettronicamente i valori nominali. Ma nessun riferimento normativo, nessun trattato, nessuna legge, nessuna deliberazione, niente di niente ci dice che l’Eurosistema abbia la facoltà di addebitare la moneta. E’ evidente che si appropria di questo grande ed esclusivo privilegio.
Ciò che diceva il professor Giacinto Auriti trova finalmente conferma in un atto ufficiale della Commissione Europea: le Banche Centrali si appropriano del valore della moneta perché emettono addebitando, prestando, e il prestare è una qualità esclusiva del proprietario.

L’emissione monetaria. La frode del debito.

Una nazione che non s’indebita fa rabbia agli usurai .(Ezra Pound)

In un recentissimo documento dell’Eurosistema, si fa un’affermazione chiarissima: noi non possiamo fallire, perché siamo quelli che creano il denaro. Un altissimo dirigente della Federal Reserve, tale Biankfein, in un’intervista , affermò serenamente ”Faccio il lavoro di Dio, creo il denaro.” Potremmo chiudere il capitolo su queste affermazioni, per far capire l’importanza capitale dell’emissione monetaria e del problema della proprietà iniziale della moneta.  Naturalmente, noi non pensiamo affatto che la riappropriazione, da parte dei popoli , dunque degli Stati, della sovranità monetaria, sia la soluzione ai problemi economici del mondo: però ne è il presupposto indispensabile.

Ripetiamo ancora una volta i fatti: il denaro, motore e sangue degli scambi, viene creato dal nulla (denaro fiat) dal sistema delle banche centrali. Nel caso dell’eurozona , dalla BCE, che ha il monopolio dell’emissione, vive nella più totale indipendenza ed immunità fiscale, politica e giuridica in base al Trattato di Maastricht ed è formata dalle banche centrali dei Paesi aderenti, di proprietà prevalentemente privata. Nel caso della Banca d’Italia, solo il 5 per cento delle azioni è in mano ad una istituzione pubblica nostra, l’INPS, il resto è proprietà delle varie banche italiane. Italiane? Premesso che Unicredit e Intesa San Paolo possiedono la netta maggioranza , entrambe sono in mani straniere. Il fondo Black Rock detiene quote decisive di entrambi gli istituti, Unicredit è parzialmente posseduto da un fondo sovrano del Golfo Arabico, mentre altri giganti globali già nominati nel presente breviario compaiono tra gli azionisti delle due banche, e di altre partecipanti a Bankitalia, come Carisbo, Carige e BNL ( Vanguard, Jp Morgan, BNP Paribas , State Street), tanto è vero che nelle assemblee sociali vengono regolarmente rappresentate da prestigiosi studi legali d’affari italiani. Di che cosa stiamo parlando, dunque, quando citiamo la Banca d’Italia ? E’ un’impresa privata in mani estere con copertura pubblica, che, insieme con le altre banche centrali dell’eurosistema, ha il diritto di emettere le banconote che abbiamo in tasca e, soprattutto, quelle scritturali, elettroniche , prestandole agli Stati ad un interesse, detto tasso ufficiale di sconto (TUS, ora TUR Tasso Ufficiale di Riferimento) , determinato da esse stesse !

Nel caso italiano, la truffa risale al governo Ciampi, nel 1992, quando il governo si spogliò della prerogativa di determinare il Tasso di Sconto. In sostanza, accade questo: BCE addebita (attenzione alle parole) agli Stati l’importo di moneta emittenda , pretendendo un certo tasso d’interesse, e segnando quindi come uscita la cifra, che recupera al termine del prestito gravata da interesse. Ma la moneta è creata dal nulla, non ha una garanzia reale, se non l’aspettativa economica dello Stato, e la capacità dei suoi cittadini di creare ( qui il verbo è appropriato) la ricchezza corrispondente con il lavoro.

La grande truffa

Se è vero quanto affermato a proposito dell’emissione monetaria, è ragionevole il calcolo di uno studioso non conforme , come Marco Saba, il quale sostiene che, solo in Italia, il sistema bancario evada circa 300 miliardi ( sì, miliardi) di euro l’anno, un terzo del bilancio dello Stato, giacché l’addebito di valuta allo Stato è di circa mille miliardi di euro. Una semplice considerazione aritmetica: se la moneta creata è in quantità 100, ovviamente non potrà essere ripagata neppure al tasso dell’1 per cento, se il circolante è 100, e non 101. La “stabilità” monetaria, cioè i rubinetti chiusi ed in mano alle banche, del resto, sono scritti, nero su bianco, nei Trattati di funzionamento dell’Unione Europea.

Ecco perché il debito pubblico si basa su una colossale truffa. Siamo indebitanti per l’eternità, se la matematica ha un senso, con qualcuno che  NON è un vero creditore, ma afferma semplicemente di esserlo, in quanto gli consentiamo di cliccare cifre su una tastiera , chiamarle denaro , rivendicarne la proprietà e pretendere un interesse. Sono usurai per colpa nostra che non capiamo il loro segreto, ormai svelato, e non pretendiamo che i governi esercitano il loro potere. Loro non hanno i popoli, e non hanno neppure le armi per costringerci a fare la loro volontà, a meno che americani e sionisti non si tolgano l’ultimo pezzetto della loro maschera e si manifestino per ciò che sono: sgherri e sicari di un potere luciferino.

Altrettanto falsa è la vergognosa manipolazione sul “vivere al di sopra dei propri mezzi”, poiché l’Italia, da anni ed anni, realizza avanzi primari consistenti, cioè spende meno di quanto incassi, al netto degli interessi ! Di più: fino alla fine degli anni Ottanta del secolo passato,  la gran parte del debito pubblico era in mano ai risparmiatori italiani: si trattava, dunque, di una partita di giro, eravamo noi a finanziare a debito lo Stato, attraverso buoni del Tesoro e Certificati di Credito. Dopo, c’è stata la privatizzazione delle banche, voluta dal neo-capitalismo vincente, e realizzata con l’immonda spartizione sul panfilo Britannia, presenti, per parte italiana il solito Andreatta, l’altrettanto recidivo , pardon padre della patria Ciampi ed un giovane funzionario in carriera, certo Mario Draghi, e tutto è cambiato.

Il Giappone ha un debito pubblico più elevato del nostro, addirittura doppio, ma conserva una banca centrale semi pubblica ed i suoi buoni ( i “bonds”) sono posseduti da giapponesi. Nessuno chiede ai giapponesi di pagare un debito impagabile !

Quanto agli Stati Uniti, la Federal Reserve è un’entità privata, diretta da banchieri di fiducia del sistema finanziario privato, ancorché formalmente nominati dal governo, anzi dall’amministrazione federale. Nata nel 1913 dopo una battaglia durissima ( ricordate il monito di Jefferson?) , e dopo che la morte violenta di due presidenti, Lincoln nel 1865 e Garfield nello stesso 1913, e forse poi anche di Kennedy, va probabilmente ascritta alla loro opposizione al potere di emissione monetaria alla finanza privata, la Fed negli ultimi anni è stata protagonista di una operazione, tuttora in corso, che dimostra oltre ogni dubbio la falsità delle asserzioni monetariste sul controllo della moneta. Parliamo del cosiddetto “quantitative easing”, cioè, nella lingua di noi poveri cristi, l’immissione massiccia di moneta elettronica , creata al momento, per aiutare le banche in difficoltà. Poiché quel denaro non è entrato, se non in minima parte, nel circuito produttivo e creditizio, il bombardamento di denaro fiat non ha generato inflazione, ma ha soltanto dato un po’ di respiro alle banche.

La BCE di Draghi, che dai tempi del Britannia ha fatto carriera , passando per la banca d’affari più pericolosa dell’universo, Goldman Sachs, ha compiuto il medesimo percorso, e siamo in deflazione: denaro non ce n’è, e i prezzi di molte materie prime ed “utilities” ( distribuzione di energia elettrica, gas, acqua, ecc.) diminuiscono, almeno all’origine.

Il sostanziale fallimento economico del quantitative easing, che non ha rilanciato nessun comparto o Paese, è la prova della sua irrilevanza ai fini dell’inflazione, il grande nemico dei creditori ( nel caso del sistema finanziario, falsi creditori e veri imbroglioni), sta facendo balenare un’idea lanciata negli anni Trenta da Keynes come provocazione e poi rilanciata addirittura da Friedman. La chiamano  “helicopter money”, ovvero denaro lanciato sulla folla da un elicottero, per rafforzare i consumi privati.

Il possibile accredito diretto di denaro ai cittadini, la consueta creazione dal nulla di pezzi di carta filigranata,  significa almeno tre cose, tutte importanti.  La prima è che nessuno sa come emergere dalla presente crisi senza fuoriuscire dal sistema; la seconda è che aveva ragione Auriti con le sue idee sulla moneta credito, impropriamente oggi risuscitata dai grillini come reddito di cittadinanza; terza, e decisiva, se l’accredito lo fa una banca, perché non può farlo lo Stato ? Torniamo al punto di partenza, con la richiesta, anzi l’esigenza della sovranità monetaria. Una banca pubblica sa quanto denaro pompare nel sistema, ed il circuito debito/credito rimane all’interno di relazioni e transazioni da cui sono escluse i potentati finanziari privati, che perseguono il profitto e non certo il bene comune. Un esito del genere sarebbe assolutamente rivoluzionario, ed a quel punto la lotta sarebbe tra il sistema post keynesiano propugnato da economisti come Hudson e dalla  MMT ( Teoria Monetaria Moderna) e la moneta credito degli auritiani. Sarebbe bellissimo assistere ad un dibattito di questo tipo: significherebbe, comunque, che i popoli hanno vinto ed i banchieri perduto. Non è affare di oggi, purtroppo.

FINE SECONDA PARTE