di Roberto PECCHIOLI
Aveva ragione nonna Luigia: tutti i tempi vengono, ripeteva in dialetto scuotendo la testa, dall’alto dei suoi novant’anni. Chi scrive non avrebbe mai immaginato, per convinzioni e storia personale, di indignarsi per l’aumento delle spese militari italiane. Come si cambia, messi davanti alla realtà più nera. Sempre, abbiamo sognato un’Italia con un esercito forte, indipendente e bene armato, capace di difendere i confini e di accompagnare cortesemente alla porta gli occupanti da tre quarti di secolo. La pensiamo ancora così e non ci appartengono il pacifismo a gettone, le bandiere arcobaleno e le lenzuola con scritto “mettete dei fiori nei vostri cannoni”, retaggio di una canzone degli anni Sessanta del secolo passato, viste sul portone di una scuola.
In tempi normali, avremmo accolto con sollievo l’iniziativa governativa di investire più denaro nella difesa nazionale, per dignità e spirito patriottico. Oggi, siamo al colmo dell’ira. Tutti i tempi vengono, anche quelli che mai avremmo voluto vivere. Leggiamo le notizie sulle decisioni governative mentre dalla cassetta della posta ritiriamo la bolletta del gas e quella dell’elettricità. Come tutti, abbiamo subito un pesante salasso e la lettura del dettaglio mostra l’enorme aumento di tasse e balzelli sull’energia. Siamo in attesa della mazzata relativa alle auto-sanzioni della neo Italia bellicosa con l’elmetto, i brividi di freddo e le difficoltà produttive per mancanza del gas fornito dall’irascibile orso russo.
Dalle nostre parti un detto irriferibile derideva un tale Bartolomeo, principe degli autolesionisti. Ci è toccata l’Italia di Bartolomeo. Poiché al male non c’è fine, la lettura dei quotidiani sparge sale sulle ferite: da inizio pandemia, persi duecentomila posti di lavoro nel solo settore dei bar e della ristorazione, con 57 mila imprese chiuse. Lavori precari e insicurezza sociale dilagano, ma che ci vuoi fare, è la “gig economy”, bellezza, quella dei lavoretti a vita per generazioni di Peter Pan.
Da Bruxelles, intanto, ci impongono nuove fregature: per seguire l’utopia – o l’incubo- green, abbatteremo di molti miliardi le provvidenze fiscali chiamate ora pomposamente Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD). Il lato grottesco è che neppure si sa a quanto ammontino: i dati ministeriali e quelli indipendenti divergono enormemente. La certezza è che salterà l’IVA agevolata sui consumi elettrici per famiglie e piccole imprese: un conticino da due miliardi. Pollice verso per gli sconti sul gasolio usato dall’autotrasporto, che ovviamente pagheremo tutti alla cassa del supermercato, mentre risulta antiecologica anche l’esenzione dell’accisa sui carburanti impiegati nella navigazione e nella pesca.
L’ IVA sulla prima casa cesserà di essere agevolata (4 per cento) e saranno altri due miliardi, con la conseguenza della contrazione del settore, un errore da scuola elementare, giacché quand le batiment va, tout va, quando funziona l’edilizia, funziona tutto. Evidentemente, è vero anche il contrario. Il sospetto di chi legge il piano dei soloni europoidi è che ogni attività economica sia dannosa per il solo fatto di essere svolta. Il Grande Reset avanza e le prime vittime sono le nostre tasche e le prospettive delle nuove generazioni.
Non avremo nulla e non saremo affatto felici. Ci correggiamo: non è vero che non avremo nulla, perché Mario Draghi, il Viceré plenipotenziario dell’impero del denaro d’occidente comprerà più armi. Nel prossimo biennio le spese militari aumenteranno di cinque miliardi e mezzo. Finalmente un segno più!
Anche questa decisione è stata presa a porte chiuse, senza dibattito tra le forze governative, tanto meno in parlamento, luogo del tutto inutile, in cui imperano mutismo e conformismo, peraltro assai ben retribuiti. Le obiezioni dei grillini sono state bloccate d’imperio dal Viceré: o così o cade il governo, orrenda prospettiva per centinaia di nullafacenti installati tra Montecitorio e Palazzo Madama in tutti i settori dell’emiciclo.
Ci si attenderebbe qualche segnale dall’opposizione. Al contrario, l’oppo-finzione è più giuliva che mai. Soddisfatti i bollenti spiriti atlantisti di Fratelli d’Italia, uno dei cui esponenti di punta, Ignazio La Russa, ha addirittura suggerito di finanziare l’aumento del bilancio della difesa con una bella sforbiciata al reddito di cittadinanza. Non siamo tifosi sfegatati del RDC, ma almeno allevia il dramma di molte famiglie e di tanti italiani in difficoltà. Meglio i carri armati e le mitragliette, per la solita, stravecchia destra trombona sempre sensibile al fascino delle divise e al rombo dei cannoni, purché in casa d’altri. Inutile usare perifrasi: il nostro è un parlamento di servi, la classe politica è di un livello penoso e il governo non lavora per gli interessi del popolo italiano. In fin dei conti, fa benissimo: tutto tace, la massa mascherata è docile e impaurita come un gregge di agnellini.
Tutti i tempi vengono, anche quello del pentimento per aver sostenuto a suo tempo la fine della leva militare e l’istituzione di un esercito di mercenari, pardon professionisti. I danni sociologici dell’abolizione della leva sono nell’insostenibile fragilità dei giovani maschi, nella fine di ogni disciplina – interiore prima che esteriore- nell’indifferenza per ogni progetto comune, che in qualche modo l’esercito coltivava. Dal punto di vista operativo, siamo nelle mani di militari carrieristi, in gran parte provenienti dalla disoccupazione, poco motivati, pronti a farsi raccomandare per partecipare alle lucrose missioni umanitarie o di polizia internazionale (si deve dire così, guerra è parola sdoganata dal perfido Putin un mese fa). Paghiamo di tasca la condizione di servi- o semplici sguatteri- del Big Fellow d’oltre oceano, gettiamo il denaro dei cittadini e lasciamo sul campo non pochi caduti.
Il Drago ha parlato, però: bisogna aumentare il budget militare, e subito. Applausi a scena aperta dalle opposte (opposte?) tifoserie politiche, unite nel mussoliniano “è l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende” e pazienza se il solco è nell’interesse altrui, gli amiconi di sempre, quelli con cento basi sul “nostro” territorio. C’è almeno un lato positivo: è saltata una delle narrazioni fondamentali dell’ideologia finanziaria. Il debito può aumentare sino al 5,9 per cento, nello stesso momento in cui calano le stime della crescita, che non supererà il tre per cento, alla faccia dell’atteso rimbalzo post pandemia.
Dove sono la sinistra sociale, la destra popolare, il mondo cattolico, i sindacati, la cosiddetta società civile? Il debito sale, ma per la gioia di chi fabbrica armi e mezzi di trasporto militari. Per la cronaca, tra di essi ci sono holding come Gedi che possiedono i giornaloni, tali ormai solo per arroganza, pervasività e pensiero unico. Quanto a tirature, chiedete al vostro edicolante, se non ha già chiuso per mancanza di clienti.
Più poveri, più tassati, più impauriti, ma perbacco, più armati. Chi dissente è nemico della patria, pur se non è chiaro quale, si vedono in giro tante bandiere, non la nostra. Eppure non dovrebbe essere difficile rimanere esterrefatti – non diciamo indignati- dinanzi all’aumento di tasse e balzelli per finanziare l’aumento del bilancio militare – di un esercito scalcinato e servile- nel pieno di una drammatica crisi di lungo periodo che minaccia vita e benessere del nostro popolo.
Ma che importa, lo chiede – ovvero lo ordina – la Nato, un potere forte, più ancora dell’Unione Europea che smantella per ragioni di “transizione ecologica” (le parole non mancano mai ai pifferai del potere) il sistema degli aiuti fiscali che dava fiato a interi comparti economici e rendeva un po’ meno gravoso il carico tributario. Per la strada, l’opposizione, il malcontento, la rabbia si sentono, si toccano, ma non riescono a diventare azione. Nei palazzi del potere e della rappresentanza, dietro le liti di facciata, l’unanimità sospetta dei ladri di Pisa, il tradimento come prassi, l’indifferenza. Mettete dei draghi nei vostri cannoni.