Michele telefona: “Sono diventato uno statale a Londra!”

“…e non  ho fatto o’concuorzo!”,  esordisce.  Era  da un po’ che non sapevo più  niente dall’amico, che chiamerò Michele.  Un annetto fa lui e sua moglie mi avevano detto la loro intenzione di cercar lavoro all’estero.  Non che fosse disoccupato: ingegnere informatico, Michele è un genietto nel  suo campo;  ha lavorato 12 anni in ditte di information technology e  grosse banche  nostrane. Con una parentesi di ricerca pura – un dottorato  in università italiana –  finito in questo modo: il docente ha firmato col proprio nome la ricerca fatta da Michele, ha brigato per un finanziamento di 8 milioni per sviluppare detta ricerca – mai andata in porto.  Più che la necessità, a fare di Michele un emigrante è stato il  crescere di un senso di schifo. Ma dal punto di vista dello stipendio, stava bene. Abbandonare il posto in banca, un ottimo posto nella bella cittadina natale, nel  Nord-Italia :  a 47 anni?  Un’età  in cui da noi è impossibile trovare o ritrovare un lavoro?

Tanto per cominciare,  ha investito la liquidazione per un corso di due mesi nel Regno Unito allo scopo di perfezionare il suo inglese, con la moglie. Adesso, letto il mio articolo sui pensionati statali, mi chiama: “Sai che sono diventato statale anch’io, qui?  E senza fare o’concuorzo!”.  E’ stato assunto dalla contea –  la contea in GB è l’ente locale essenziale,  meno di una Regione e più di una Provincia –  di H.  nel modo che mi racconta. “Un giorno, leggo sul web l’annuncio, la Contea locale  cerca un  addetto per una mansione che può essere   giusta per la mia competenza.  Mia  moglie mi incita: ‘Mandagli  il tuo curriculum’. Io non volevo, mi sembrava così improbabile, ci credevo poco… sicché, visto che nel bando (chiamiamolo così) c’era un numero  di telefono,  chiamo prima per chiedere informazioni. Mi risponde il manager  incaricato delle assunzioni, a cui spiego in breve: chi sono e cosa so fare, e domando:  secondo lei, Sir, posso provare a mandarle il CV, essendo straniero? Lui è cordiale, simpatico,  mi saluta senza impegnarsi”.

“Tre giorni dopo mi richiama lui e mi dà  appuntamento per un colloquio. Informale, precisa.  Vado e mi ritrovo a   discutere per un’ora con due persone: il manager  con cui ho parlato al telefono,  e quello che sarebbe diventato il mio futuro direttore. E’ un colloquio vivace, interessante, cordiale; mi fanno un sacco  di domande, anche tecniche e professionali – da cui capisco che quei due statali, le cose, le sanno.  Alla fine mi dicono sorridendo: “Sì, ci pare che puoi spedire il curriculum”.

civil servant

“Dovevo tornare  in patria,  il mio corso era finito, e quindi glielo spedisco dall’Italia. Mi richiamano  poco dopo: posso venire nello H.? Sarò sottoposto a due interviste:  formali, stavolta.  Volo.   Le due “interviste formali” sono due prove, una orale e una scritta, difficilissime.  La prova scritta consisteva in18  domande  a cui dovevo rispondere in mezz’ora:  ingegneria, logica, matematica, una prova quasi impossibile per difficoltà –  ho intuito che mirava a testare la capacità di mantenere un pensiero razionale sotto pressione. Saprò dopo che nella prova scritta sono stato il primo fra i candidati.”

E dopo questo ti hanno assunto.  “Non solo mi hanno assunto. Mi hanno proposto uno stipendio iniziale maggiore  di quello tabellare, previsto per  la mansione, perché “tu hai un’esperienza  superiore a quella richiesta”.

Questo punto, il vostro cronista resta senza fiato.   Memore dei tanti amici che, rimasti disoccupati a 40 anni o più, in Italia, bussano a tutte le porte, si offrono per qualunque  mansione, e si sentono rispondere: “Purtroppo lei è un po’ troppo qualificato per noi … ci basta un ragioniere”.  Nel Regno Unito, due dirigenti pubblici hanno fatto  il ragionamento contrario: “Questo tipo  si offre ed è troppo qualificato per noi:  dunque non facciamocelo scappare!”.  E, incredibile, hanno l’autonomia decisionale di aumentargli  lo stipendio, a loro giudizio, di prendersi la responsabilità – e se la prendono! Non hanno paura di un procuratore  che li metta sotto inchiesta per il loro atto arbitrario,   che è facile interpretare  come  “abuso di potere in atti d’ufficio”? Non temono,  nei piani alti degli uffici di  Contea,  il ricorso inevitabile di un partecipante  escluso  presso l’onnipotente TAR del Lazio? Come può succedere? Qual è il sistema che consente insieme tanta libertà,responsabilità e lealtà alla causa pubblica?

Apparentemente,  non esiste “o’ concuorzo”  nel Regno Unito. Vi è ignorata l’istituzione del “concorso pubblico” a valore legale-notarile  come unico ed esclusivo accesso  al pubblico impiego, con relativo allungarsi per decenni delle tragicomiche “graduatorie” da cui le pubbliche amministrazioni devono attingere per coprire i loro bisogni di personale,  fino al loro esaurimento (prescrivono le leggi)  ossia anche chi ha  superato “o’ concuorzo” dieci anni or sono e la sua qualità professionale   . ammesso che ci fosse –  è invecchiata, non esercitata e non più  messa alla prova.  L’amico Michele  è stato assunto col sistema che da noi  diciamo “a chiamata diretta”: un metodo semi-illegale,  giustificato  solo per “urgenze ed emergenze”, emergenze di cui toppi enti e municipalizzate abusano per assumere – a chiamata diretta – figli, amanti e aggiudicare lavori pubblici a ditte mafiose e tangentare.

Da noi, il termine  in neolingua “chiamata diretta”  evoca  la cooperativa di pregiudicati messa su da Buzzi e Carminati, a cui il Comune di Roma dava incarichi ben pagati.  Evoca  la dirigente ANAS Antonella Accroglianò, che assegnava appalto ad amici in cambio di “antinfiammatori”, ossia buste da 15 mila euro,  auto, vacanze gratis. Né è da dire che l’aver superato “Il concorso pubblico”  sia una  qualunque garanzia di merito e competenza. Altrimenti come mai la sora Ilva   ha potuto diventare capa del cerimoniale presso la presidenza del Consiglio, a 170 mila euro annui, senza sapere l’inglese?

In Inghilterra,   pare che la dirigenza statale non abbia sentito  il bisogno di  acquisire il sola, vera grande competenza richiesta ai direttori pubblici da noi: in neolingua, “pararsi il culo”.  Evitare ogni responsabilità,   scaricare il barile;  seguire le procedure, non fare nulla di più, perché c’è un magistrato che intercetta o un collega che spia, e sei  sospettabile d’abuso d’ufficio. “Pararsi il culo” è  una  competenza    necessaria alla sopravvivenza e alla carriera, e comprende tante competenze diverse,  leccare il medesimo ai sindacati,  ai politici, ai propri stessi dipendenti   sulle cui inadempienze e furbizie  e assenze conviene chiudere un occhio  anzi due,   e dare loro “ punteggio massimo” a fine allo alla voce “produttività”, così  che a nessuno venga negato l’aumento automatico di stipendio.  Tanto chi se ne frega, mica sono soldi nostri.

Michele gira il coltello nella piaga: “Dopo i primi tre  mesi come  pubblico impiegato –    continua  – posso dirti,  confrontando  le mie precedenti esperienze nel settore bancario italiano:  il livello di spreco  delle banche italiane – formalmente private –   non ha alcun paragone con quel che si spende in Contea. Qui investono nel capitale umano, non ci sono auto blù, né tappeti persiani o quadri d’autore negli uffici del direttore.  E fra i colleghi, ti dico, devo ancora conoscerne uno che non sia bravo, all’altezza della mansione”.

Però gli hanno dato un primo stipendio aumentato rispetto alle tabelle.  Una spesa che in tre mesi Michele gli ha già ampiamente compensato: ha scoperto e riparato una falla della sicurezza nel sistema informatico dell’ente.  A volte, assumere gente “più qualificata” del necessario produce sorprese positive di questo tipo, che è inutile sperare dalla mezze calzette.  “Da noi, un troppo competente è evitato  come un pedante e rompiballe, lo so per esperienza”,  dice.  “L’ambiente umano è splendido, vivace, arricchente”, aggiunge.

Non posso pensare che Michele sia travolto dall’entusiasmo del neofita  per la Perfida Albione, perché lo conosco: è un freddo razionale  razionalista,   con  la mente analitica dello scienziato (sul lavoro è facile immaginarlo un “pedante rompiballe”, in neolingua burocratica italiota). Quindi gli chiedo: ma non hai trovato qualcosa “contro”, fra tanti pro? ”Sì, lo stipendio”; risponde: “Un solo stipendio non basta per vivere in due. Per questo Anna è ancora in Italia, mi raggiungerà appena troviamo un lavoro anche per lei. Per ora vivo in un appartamentino di 60  metri quadri,  che mi costa 950 sterline al mese, ossia 1.300 euro. A un’ora di treno da Londra”. Come?, dunque l’ottimo stipendio non basta? “Non  riesco a  risparmiare quasi nulla” risponde lui (un vizio italiano da cui non si è liberato, penso  io), “per cui penso che fra un anno o due dovrò  lasciare il posto in contea  per guadagnare di più nel privato”.

Mi resta la domanda: che  cosa dà agli statali di là  l’orgoglio, la lealtà  del sevizio pubblico che ai nostri manca del tutto? La domanda , temo, è troppo complessa per   avere una risposta semplice.  Ma viene in mente la frase di Churchill: “Attenti  a come  noi  plasmiamo le nostri istituzioni,   perché poi le istituzioni plasmano noi”.

La dirigente ANAS, un'antropologia
La dirigente ANAS, un’antropologia

Da noi abbiamo tanto deformato le istituzioni nell’illusione di renderle più di manica larga, più favorevoli al nostro gruppo o kabila, che le istituzioni abbiamo finito per doverle basare sulla  diffidenza e il sospetto; la “legalità” è tassativa e punitiva proprio per questo, e hanno formato il tipo umano – un vero  mostro antropologico –    che deve essere intercettato  ossia controllato ogni momento., facce come la Dama Nera,  o altri tipi  che – non vorrei esagerare- già dall’aspetto andrebbero tenuti lontani da denaro pubblico.  Come risanare un simile sistema? Si può ancora? Temo  che nella lealtà dei pubblici dirigenti inglesi entri quella cosa spregevole che chiamiamo “amor di patria”. Temo, ancor peggio, che il risanamento debba risolvere la questione che fu posta da Platone nelle sue opere: come si crea un popolo? Come lo si ispira?  Ma, come ha  commentato Simone Weil forse “il livello delle intelligenze è sceso ben al disotto dell’ambito nel quale problemi simili possono venir formulati”.

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Michele dice: “Via via che  capaci e i competenti  verranno via dall’Italia, il Sistema  –  nelle mani dei soli incapaci e disonesti-  finirà per collassare”.  Devo dargli torto, la sua è la tipica ingenuità  del vero competente.   La Regione Sicilia, la Calabria, sono da gran tempo svuotate dei migliori,  e i peggiori  ormai solidissimi  al potere addirittura spingono anche gli ultimi a emigrare: per loro non c’è lavoro, sono troppo qualificati, ma c’è lavoro per 22 mila forestali di cui una parte  rilevante sono pregiudicati per incendi dolosi.  Vadano via, gli ingegneri, gli studiosi, i competenti, i plurilingui; esigono civiltà, pretendono onestà, treni in orario;  con loro i viadotti quando mai crollerebbero di nuovo, dopo pochi mesi? Porterebbero via il  lavoro alle imprese di movimento terra…questi  pedanti  rompiballe. Vadano via, e restiamocene tra noi,   il caro calore del  branco, stiamo meglio. Ci intendiamo in dialetto stretto, noi.    Il Sistema sprofonda  senza fine   ma non collassa, non nel senso di ridurre questi marpioni alla fame e alla mendicità . E’  il futuro dell’Italia tutta.