(è la profezia di Dostoevskij )
Gentile Blondet,
le invio in allegato un articolo di oggi della Gazzetta di Modena che riporta il caso allarmante di due bambini che “non potranno più frequentare l’asilo nido e la scuola dell’infanzia fino a data da destinarsi” in quanto i genitori sarebbero stati fotografati senza mascherina “durante una manifestazione no-mask dei negazionisti” [probabilmente la manifestazione anti-lockdown tenutasi a Modena due weekend fa]. A quanto pare è stata la stessa polizia a comunicare questo provvedimento alla famiglia.
Questo probabilmente diventerà un precedente per futuri casi in cui la gente impaurita e ottusa segnala alla polizia i vicini / i parenti / i conoscenti che non rispettano le assurde regole.
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A margine, rileggendo il romanzo “Delitto e castigo” di Dostoevskij mi sono imbattuta in questo passaggio nelle ultime pagine – molto curioso poiché, anche se immaginato 155 anni fa, sembra adattarsi piuttosto bene all’odierna quotidianità:
[…] Raskòlnikov rimase in ospedale fino alla fine del digiuno e della settimana santa. Quando stava ormai rimettendosi si ricordò dei sogni che aveva avuto in preda alla febbre e al delirio.
Nel corso della malattia aveva sognato che l’intero mondo era stato condannato a essere vittima di una sorta di terribile pestilenza, della quale non s’era mai visto né udito nulla di simile, che dal profondo dell’Asia stava raggiungendo l’Europa. Tutti erano destinati a soccombere, a eccezione di alcuni, pochissimi, eletti.
Erano apparsi certi nuovi parassiti, degli esseri microscopici che s’insediavano nei corpi delle persone. Ma questi erano degli spiriti, dotati di un’intelligenza e una volontà. Le persone che li accoglievano dentro di sé, diventavano immediatamente furiose e folli.
Ma mai, mai quelle persone si ritenevano più intelligenti e infallibili come dopo il contagio. Mai avevano ritenuto più infallibili le proprie sentenze, le proprie deduzioni scientifiche, le proprie convinzioni morali e le proprie credenze.
Interi villaggi, intere città e popoli erano stati infettati e avevano perso la ragione. Erano tutti in preda all’ansia e non si comprendevano l’un l’altro, ognuno pensava d’essere l’unico a conoscere la verità, e si tormentava guardando gli altri, si picchiava il petto, piangeva e si torceva le mani.
Non sapevano chi e come giudicare, non riuscivano a mettersi d’accordo su chi fosse buono e chi cattivo. Non sapevano a chi dare la colpa, e chi difendere. La gente si ammazzava in preda a una sorta di rabbia insensata. Si preparavano ad andare l’uno contro l’altro con intere armate, ma le armate, già in marcia, improvvisamente cominciavano a smembrarsi, i ranghi si scompaginavano, i guerrieri si buttavano l’uno addosso all’altro, s’infilzavano e si sgozzavano, si azzannavano e si divoravano l’un l’altro.
Nelle città le campane suonavano a stormo per tutta la giornata: chiamavano tutti a raccolta, ma chi fosse chiamato, e perché, nessuno lo sapeva, mentre erano tutti in preda all’ansia. Avevano abbandonato i mestieri normali in quanto tutti proponevano le proprie idee, le proprie rettifiche, e non riuscivano a trovare un accordo: l’agricoltura si fermò. La gente si radunava un po’ dappertutto: concordavano insieme qualche cosa, giuravano di non separarsi, ma immediatamente davano inizio a qualcosa di completamente diverso di quanto avevano appena stabilito, cominciavano a addossarsi la colpa l’uno l’altro, s’azzuffavano e si tagliavano la gola.
Ebbero inizio gli incendi, ebbe inizio la fame. Tutto e tutti perivano. La pestilenza cresceva e avanzava sempre più. Soltanto alcune persone si erano salvate in tutto il mondo, si trattava dei puri e degli eletti, predestinati a dare inizio a un nuovo genere di uomini e a una nuova vita, a rinnovare e purificare la terra, ma nessuno aveva visto queste persone da nessuna parte, nessuno aveva sentito le loro parole e le loro voci. [pp.672-3]
Un saluto,
Elisa