MODESTA PROPOSTA ALLA PLUTOCRAZIA: SCHIAVISMO, PERCHE? NO?

Un lettore raccapricciato mi gira un  articolo apparso su 24  Ore qualche giorno fa:

Reintrodurre la schiavitù è o no un’opzione per la società moderna?

scritto da Enrico Verga il 26 Gennaio 2018

L’autore, Enrico Verga,  dati i “fattori che stanno radicalmente cambiando il rapporto uomo-lavoro”, propone di “reintrodurre nell’economia moderna tale soluzione contrattuale”: il contratto di schiavitù.

“La schiavitù è spesso vista con un’accezione negativa, riconosce, tuttavia, la sua abolizione “è piuttosto recente”, e fu adottata da paesi democratici come gli Stati americani.

Di più: Con nomi differenti esiste e prolifera ancora in una buona parte del mondo.   Il guaio è che oggi, “Più o meno qualsiasi rapporto di lavoro esuli dallo schema del contratto di impiego in un’azienda capitalistica a fronte di un salario”,  sarebbe dalla legislazione corrente a rischio di essere dichiarato   lavoro schiavistico.   Questa legislazione passatista ostacola “uno dei grandi successi della società moderna, capitalista e liberista (in pratica i discendenti di Friedman), che è “l’esternalizzazione dei costi spinta all’estremo”, costi che vengono “ di fatto, scaricate spesso sui budget statali”.  Il  mercato  ha già  instaurato nuovi tipi di rapporto, lungo il “ virtuoso percorso di emancipazione dell’individuo dall’azienda”

Infatti sono già “milioni di lavoratori  a partita Iva;   e   non parliamo de“i contratti a zero ore”, che obbligano il lavoratore ad essere disponibile a chiamata 24 ore su 24, e ad essere  pagato solo quando è chiamato  al lavoro: questi non  dispongono dei benefit di cui godeva nell’impero romano uno schiavo: “Uno schiavo aveva diritto a un alloggio, cure mediche, vitto. Molti schiavi ricevevano formazione. Anche oggi i costi della formazione coperti dal padrone sono sicuramente un asset per il dipendente-schiavo”.

Conclusione  dell’autore:

Se assumiamo che gli aspetti negativi dello schiavismo (sfruttamento, incertezza per quanto riguarda il proprio futuro, mancanza di libertà) sono già di fatto presenti in una larga parte della classe lavoratrice, mi domando se non sarebbe un vantaggio per la comunità e lo stato se le grandi aziende non si facessero carico di un contratto di schiavismo”.

Ora, io prendo  – voglio prendere – questo pezzo come una magistrale satira  “nera” del capitalismo terminale, sul livello della “Modesta Proposta”  con cui Jonathan Swift, nel 1729, proponeva di risolvere il problema dell’ennesima carestia in Irlanda con la vendita e il consumo alimentare (arrostiti, bolliti o in fricassea) dei bambini dei cattolici irlandesi. Swift era irlandese e cattolico, nonchè l’autore dei Viaggi di Gulliver.

Enrico Verga. Satirico. Cercatelo su twitter: https://twitter.com/EnricoVerga/status/872383203046248448

Tuttavia, capisco anche l’orrore del lettore. Anzitutto, fino alla fine, non si capisce se questo Verga (“Consulente strategico e istituzionale, Master in International relations alla Università Cattolica del Sacro Cuore, senior analyst a Longitude”, autopresentazione da rampante della Erasmus Generation ) sta scherzando oppure è il primo a credere davvero che la schiavitù debba essere reintrodotta come una innovazione utile del contratto di lavoro post-moderno  e rimedio alla disoccupazione irreversibile di massa conseguente alla massima efficienza del capitale; contribuisce a questa incertezza la perizia  abitudinaria con cui adotta il gergo economicistico e  liberista proprio del  giornale economico. Infatti resta il dubbio  che se non l’autore, la direzione di 24 Ore abbia pubblicato il pezzo non  avendone colto il carattere di satira, ma come seria proposta di riforma  del mercato del lavoro, proprio perché ha riconosciuto il gergo aziendale.

Ma ad agghiacciare il lettore, io credo, è qualcosa di peggiore,  che non riguarda Verga. L’intuizione  che il rapporto di lavoro schiavistico è  lo sviluppo logico e naturale del capitalismo plutocratico. E il  sentire che nella nostra società non  esiste più alcun anticorpo, alcun  principio etico e politico  –  non diciamo religioso –   su cui  appoggiare una qualunque resistenza popolare o opposizione  alla reintroduzione della schiavitù.

Un popolo che ha già  accettato l’aborto, le dodici vaccinazioni, la Fedeli  come ministra di una scuola che negli asili prescrive l’insegnamento del piacere sessuale ai bambini di 5 anni; un popolo che ha già accettato   come normalità e opinione comune  le  nozze sodomitiche  le sfilate omosessuali e  il suicidio assistito legale, perché non dovrebbe accettare per sé la schiavitù, firmando il contratto, in cambio di vitto e alloggio? La Finestra di Overton   è già  aperta, anzi  spalancata, è stata già scardinata, non ci sono più temi tabù che incontrino un rigetto organizzato ed attivo nel popolo italiano. Non è solo che questo popolo è di una passività pietrificata, di una ignoranza sub-umana. Questo è un popolo in cui i genitori delle Olgettine incoraggiavano le loro figlie bellocce ad andare ai festini di Berlusconi, “perché quello ha i soldi!”.  Con una simile dotazione di dignità personale, di rispetto di sé, di irresponsabilità  e livello morale, come non capire che milioni di nostri simili, già sono predisposti a  firmare la propria schiavitù contrattuale  per mangiare, perché sono già psichicamente schiavi?

Il solo  argomento che si può usare contro l’introduzione  della schiavitù quale grandiosa innovazione post-moderna, è –  adottando il gergo e l’ideologia economicista – propria di 24 Ore – ricordare  didatticamente  che la schiavitù   è “inefficiente” ed anti-economica;  che la disponibilità di manodopera schiavistica nelle antiche plutocrazie, ritardò nell’impero romano l’introduzione di “nuove tecnologie” come i mulini ad acqua e a vento e persino i camini, tutti inventati dal Medioevo cristiano.  Soprattutto, bisognerà ricordare al capitalista post-moderno quel che insegnò l’agente britannico ai padroni di schiavi di quel paese delle Antille: i vostri schiavi li dovete mantenere da vecchi e malati; liberateli, e ci dovranno pensare da soli. Vi liberano da un costo, la loro emancipazione accresce i vostri profitti. Anche per i piaceri sessuali che  sono un benefit della  schiavitù:

«Cosa pensate che vi convenga di più: vostra moglie o una di queste ragazze?… Con una prostituta i costi diminuiscono… Chi è più conveniente: uno schiavo o un operaio salariato?… I sentimenti non fanno parte dell’economia…»

Lo disse Marlon Brando, agente britannico Walker, inviato per  creare un “mercato” nei tropici schiavisti che se ne sottraevano con un’economia non  monetaria. Il film era Queimada, lo girò Gillo Pontecorvo,  di sinistra.   Com’è cambiata la sinistra d’oggi,  che toglie le libertà e dignità del lavoro dando  in cambio i piaceri (per chi se li può permettere), lo vedete tutti: non sperate che una Cirinnà  o un Grasso, o una Boldrini o Bonino,  si opporranno al  nuovo contratto.  Come sempre nella globalizzazione,  bisognerà guadagnare  alla causa  i capitalisti, facendo leva sul discorso del profitto:   studi  di importanti economisti lo hanno già ampiamente dimostrato:  la liberazione degli  schiavi fu la prima “esternalizzazione” di successo, l’espulsione   a carico della società delle spese per istruire , curare, formare, tener sani i lavoratori-cittadini.  Non vi conviene tornare  indietro.