“Chi sarà il successore di Vladimir Putin?”.
Questo il titolo sorprendente a un articolo su Strategika 51. Il quale, essendo Strategika in qualche modo una voce “vicina”, se non “interna” al potere di Mosca e alle sue stanze di elaborazione strategica – o che tale vuole apparire – apparentemente in consonanza ai centri militari, che si dice nata “nel 2011 durante il caos ingegnerizzato delle guerre ibride di seconda generazione che hanno colpito alcuni paesi nella regione centrale del mondo”, vuol dire che la questione della successione a Putin, di cui si è vociferato recentemente, è effettivamente su tavolo negli ambienti che contano a Mosca. Ma non è il mormorio di una fronda dissidente. Anzi.
Leggiamo subito che “due nomi stanno cominciando a circolare in alcuni circoli del potere russo e non da poco. Il primo è Ramzan Ahmadovich Kadyrov, l’attuale presidente della Cecenia; il secondo è Sergey Kujugetovich Shoïgu, ufficiale generale degli eserciti russi e ministro della Difesa; due uomini godono dell’assoluta fiducia di Vladimir Putin anche se Kadyrov è abbastanza controverso perché la sua possibile accessione alla presidenza della Federazione Russa costituirebbe un precedente storico: quello del primo leader russo di fede musulmana dai tempi dell’ Orda d’oro”. L’improbabilità che la scelta cada su Kadirov , l’utile alleato che tiene la Cecenia sotto il pugno di ferro, indica un qualche tentativo promozionale dello stesso: il pezzo ha due foto del ceceno che Putin guarda con (diremmo) esagerata simpatia…
Ma questo importa meno: si vuol dire che – secondo Strategika – è Putin che sta gestendo la sua eventuale successione. E il motivo è che “Vladimir Putin vuole assicurarsi che la Russia non ritorni mai all’era disastrosa di Boris Eltsin e degli oligarchi che l’hanno fatta a pezzi e spogliata, trasformando una grande potenza in uno stato fallito. La Russia non solo ha fatto molta strada, ma è stata in grado di realizzare tutti i suoi antichi sogni geostrategici come l’accesso ai mari caldi, la santuarizzazione senza precedenti del suo immenso territorio, un posto privilegiato nella vendita di armamenti, una politica influente in Medio Oriente, Oriente e Africa, una nuova dottrina nell’Oceano Artico, un’alleanza strategica con la Cina e, infine, un ruolo diplomatico di grande potenza. Dotato di una visione fredda, Vladimir Putin non vorrebbe che questi progressi vadano persi per colpa di una nuova generazione di tecnocrati russi deboli di carattere e ossessionati dalle illusioni di un Occidente in stato morte clinica ma che vuole tornare alla ribalta mantenendo la menzogna universale, questa volta tramite i giganti di Internet”.
E’ così lumeggiato l’ambiente avversario interno: tecnocrati deboli di carattere e illusi dalle sirene dell’Occidente.
“Il successore di Vladimir Putin dovrà essere un uomo forte e non un servile tecnocrate incapace di governare un enorme paese delle dimensioni della Russia”.
Il criterio di preferenza per la scelta del successore è dunque: il carattere. La forza del carattere. Il motivo:
“Queste due preferenze avanzate da Vladimir Putin ai suoi strateghi sono illuminanti circa la valutazione russa dell’evoluzione della situazione mondiale a breve termine e non soffre di ambiguità: il mondo si avvia verso un confronto in modalità dura, ed è fuori questione di consegnare la Russia a burocrati o politici di bassa levatura” [ancora un’allusione ai nemici interni, evidentemente in grado di preoccupare]
Continua Strategika con una informazione: “Putin ha riattivato il governo di emergenza post-apocalittico, una sorta di equivalente del Governo del Giudizio”: Doomsday Governement, così si chiamano l’insieme di procedure, rifugi, comunicazioni sicure che devono garantire che l’esecutivo USA continui a funzionare anche in caso di guerra atomica. “Però in una versione più adatta alle realtà geostrategiche russe – e sui venticinque scenari post-Putin, ventiquattro prevedono un conflitto che coinvolge attacchi nucleari tattici e guerre su almeno tre differenti teatri regionali. In questo caso, è totalmente deplorevole lasciare le sorti del paese a un eventuale secondo Eltsin e a un’orda di oligarchi voraci al servizio della finanza predatrice transnazionale”.
Decisamente, da queste parole, “un secondo Eltsin” come successore di Vladimir sembra abbastanza concreta all’autore di Strategika, se ritiene di doverla esorcizzare di nuovo, con tanta foga.
Tanto più che, prosegue, “la sola questione è sapere se una parte dei russi sono occidentalizzati nella loro mentalità e quindi permeabili alla cosiddetta ideologia “liberale” promossa dai media, dal cinema, dalle serie tv, dall’entertainment e dai social globali, al punto di creare zombie standardizzati ai quattro angoli del pianeta applaudendo dopo il ritorno del finto Obama e del loro surrogato alla Casa Bianca, accetterà un uomo forte come Kadyrov o Choïgu i cui principi sono in contrasto con la sottocultura globalista decrepita e debilitante”.
Qui si esprime chiaramente il dubbio che l’elettorato russo, “corrotto” dall’occidentalizzazione, rifiuterà gli uomini forti all’altezza di una stagione “di conflitto con attacchi nucleari tattici e su tre differenti teatri”. Del resto è sintomatico che dei due che Strategika ritiene ideali successori di Putin, uno sia un ceceno e l’altro un mongolo dell’Altai, e nessun russo bianco.
Il pezzo va letto, almeno, come segno dell’aria che tira in certi ambienti (militari?) russi assediati e allarmati dalle continue provocazioni americane, e dall’instabile Erdogan.
Un elenco nemmeno completo delle ultime è per sé impressionante:
Solo martedì 24, davanti a Vladivostok, Mar del Giappone, “Il cacciatorpediniere anti-sub Ammiraglio Vinogradov” ha dovuto minacciare di speronamento il cacciatorpediniere USS John S. McCain perché era entrato nelle acque territoriali russe per due miglia “e il suo equipaggio si è rifiutato di obbedire alle richieste delle forze armate russe”; nella stessa zona, è stato lanciato un attacco missilistico “di avvertimento” contro la nave della Settima Flotta statunitense dalla corvetta “Eroe della Federazione Russa Aldar Tsydenzhapov” nuovissima in fase di test, con un missile da crociera Uran (antinave e stealth),
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Poche ore dopo, nel Mar Nero, il cacciatorpediniere americano Donald Cook ha violato scientemente le acque territoriali russe davanti alla Crimea (di cui non riconosce l’annessione); per Avia Pro, che echeggia sicuramente le preoccupazioni dei militari, “La forza russa poteva, dopo i primi due avvertimenti, semplicemente distruggere il cacciatorpediniere con un missile anti-nave, ma per qualche motivo sconosciuto ha permesso alla nave da guerra americana di avvicinarsi ancora di più … visto che anche nel del Mar del Giappone e sono stati violati i confini russi, è molto probabile il fatto che la flotta americana stia preparando una svolta attraverso lo stretto di Kerc.
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Un drone d’attacco multiuso turco Bayraktar TB2, decollato da una delle basi militari in Ucraina, è volato ai confini settentrionali della Crimea. Secondo le fonti, il drone è stato avvistato nell’area di Kherson, tuttavia in seguito ha smesso di essere tracciato da risorse di monitoraggio pubblicamente disponibili, il che non esclude la possibilità che l’UAV possa avvicinarsi ai confini russi a una distanza di diverse decine di chilometri. Non è noto se questo drone appartenga alle Forze Armate dell’Ucraina o se sia stato utilizzato dalla Turchia. Perché “La Turchia non solo non riconosce il ritorno della Crimea alla Federazione Russa, ma dichiara anche che la Crimea è sempre stata una parte della Turchia. È possibile che Ankara cerchi di sfidare la Russia agendo attraverso il territorio dell’Ucraina “, sottolinea l’esperto (L’esperto innominato è la figura tipica di Avia.Pro)
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Il 24 novembre, all’una di notte, “Israele ha sferrato un attacco aereo in Siria, colpendo l’area di Damasco. E’ il secondo attacco che avviene in una settimana. L’esercito siriano ha dichiarato che gli aerei israeliani sono partiti dalle alture del Golan, territorio della Siria conteso da Israele. Il raid ha arrecato solo danni materiali.
Sempre in Siria, nella notte “è stato effettuato un potente attacco nell’area dell’insediamento di Al-Malikiya utilizzando aerei militari, lanciarazzi multipli e cannoni antiaerei. Secondo le forze democratiche siriane (i Rojava), l’attacco è stato respinto con enormi perdite per gli aggressori – che si sono rivelati jihadisti turchi. Successivamente, una pattuglia militare russa è stata inviata con urgenza nell’area, che, secondo le forze democratiche siriane, ha consegnato diverse dozzine di corpi alla parte turca, il che indica che si tratta non solo di jihadisti, ma anche di militari turchi”: Il motivo dell’attacco: “in precedenza la parte turca aveva rivendicato alla Russia quest’area come territorio in cui le era necessario condurre un’operazione antiterrorismo contro i curdi.
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In Nagiorno-Karabakh, dove le truppe russe s fanno da interposizione a garanzia del cessate il fuoco, la Turchia ha preteso di allestire propri posti di osservazione; al rifiuto della Russia, Ankara ha annunciato che altrimenti avrebbero agito nella regione in modo indipendente, indipendentemente dalla posizione del Cremlino.
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In Libia, si sono rivisti due bombardieri SU24 dell’aviazione russa appena camuffati, a sostegno di Haftar, come segnala un “osservatore” sionista:
https://twitter.com/Oded121351/status/13313005146974
I comandi russi sono continuamente, per così dire, con il dito sul grilletto su tutti teatri – il loro nervosismo, se appena diventa dubbia la stabilità del potere di Putin, è molto comprensibile.