L’ultima è che Bergoglio ha ricevuto l’ex capo della CIA, ed ex cpo del Pentagono Leon Panetta, uomo del klan Clinton e di Obama. Pochi mesi fa aveva ricevuto lo steso Clinton e il figlio di Georges Soros. A che scopo? Per quale utilità della Chiesa? O per ricevere istruzioni in vista della nuova Grande Impostura, magari climatica o di nuovo plandemica? Seguisse almeno la raccomandazione che gli ha dato Marcello Veneziani: “Quando non fa il Papa, si vesta in abiti civili”. E’ sempre più palese che Bergoglio agisce, e vuole apparire, come un funzionario degli USA precisamente del suo Deep State, come ausiliario e subalterno.
Viene quindi a punto la (ahimé lunga, ma imperdibile ) l’argomentazione di Monsignor Viganò: non è papa. Non lo è per vizio di consenso: del “suo” consenso. Non vuole essere papa, ma un funzionario di qualche “servizio” addetto alla distruzione della Chiesa e della fede cattolica.
Appongo solo in testa la conclusione :
“Se questa passio Ecclesiæ prelude alla fine dei tempi, è nostro dovere prepararci spiritualmente a momenti di grande tribolazione e di vera e propria persecuzione. “…
Bergoglio “Inimicus Ecclesiae”. Importante dichiarazione di mons. Viganò
2 Ottobre 2023 Pubblicato da Marco Tosatti
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo importante video dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, in cui l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti fa il punto sulla situazione attuale della Chiesa, e in particolare sulla figura, il ruolo e lo standing di Jorge Mario Bergoglio sulla sua elezione. Buona visione e diffusione.
Mons. Carlo Maria Viganò
VITIUM CONSENSUS
Intervento alla Catholic Identity Conference – Pittsburgh – 1 Ottobre 2023
A fructibus eorum cognoscetis eos.
Numquid colligunt de spinis uvas aut de tribulis ficus?
Sic omnis arbor bona fructus bonos facit; mala autem arbor fructus malos facit.
Non potest arbor bona fructus malos facere, neque arbor mala fructus bonos facere.
Omnis arbor quæ non facit fructum bonum exciditur et in ignem mittitur.
Igitur ex fructibus eorum cognoscetis eos.
“Dai frutti li riconoscerete. Forse si raccolgono dagli spini l’Uva o fichi dai rovi?”
Mt 7, 16-20
Permettetemi di rivolgere un saluto e un ringraziamento agli organizzatori della Catholic Identity Conference e a tutti coloro che vi prendono parte. In un momento di grande confusione è importante fare chiarezza su quanto accade, anche confrontandosi su posizioni differenti. Ecco perché sono grato all’amico Michael Matt per avermi dato l’opportunità di condividere con voi alcune considerazioni.
In questo mio intervento non cercherò di dare risposte, ma di porre una questione ormai non più procrastinabile, affinché noi Vescovi, il Clero e i fedeli possiamo guardare alla gravissima apostasia presente come un fatto del tutto nuovo e che non può trovare soluzione, a mio parere, ricorrendo alle categorie di giudizio e di azione ordinarie.
L’EVIDENZA DEL “PROBLEMA BERGOGLIO”
Il moltiplicarsi di dichiarazioni e comportamenti del tutto estranei a ciò che ci si aspetta da un Papa ed anzi in contrasto con la Fede e la Morale di cui il Papato è custode, ha portato molti fedeli e un numero sempre più cospicuo di Vescovi a prendere atto di qualcosa che fino a qualche tempo fa appariva inaudito: il Soglio di Pietro è occupato da un personaggio che abusa del proprio potere per lo scopo opposto a quello per cui Nostro Signore lo ha istituito.
Alcuni ritengono Jorge Mario Bergoglio palesemente eretico nelle questioni dottrinali, altri tirannico nelle questioni di governo, altri ancora considerano la sua elezione invalida a causa delle molteplici anomalie della rinunzia di Benedetto XVI e dell’elezione di chi ha preso il suo posto. Queste opinioni – più o meno suffragate da prove o frutto di speculazioni non sempre condivisibili – confermano tuttavia una realtà ormai incontestabile. Ed è questa realtà, a mio parere, che costituisce un punto di partenza comune nel cercare di porre rimedio alla sconcertante, scandalosa presenza di un Papa che si pone con ostentata arroganza come inimicus Ecclesiæ, e che come tale agisce e parla. Un nemico che, proprio perché occupa il Soglio di Pietro e abusa dell’autorità papale, è in grado di infliggere un colpo terribile e disastroso, quale nessun nemico esterno in tutta la storia della Chiesa ha mai potuto arrecare. I peggiori persecutori dei Cristiani; i più feroci adepti delle Logge massoniche; i più scatenati eresiarchi non erano riusciti, in così poco tempo e con tale efficacia, a devastare la Vigna del Signore, scandalizzarne i fedeli, disgustarne i Ministri, screditarne dinanzi al mondo l’autorità e l’autorevolezza, demolirne il Magistero, la Fede, la Morale, la Liturgia, la disciplina.
Inimicus Ecclesiæ, non solo rispetto alle membra del Corpo Mistico – che egli disprezza, ridicolizza (contro cui non cessa di lanciare velenosi epiteti), perseguita e colpisce; ma anche rispetto al Capo del Corpo Mistico, Gesù Cristo: l’autorità del Quale è da Bergoglio esercitata non più in funzione vicaria e quindi in necessaria e doverosa coerenza con il Depositum Fidei, ma in modo autoreferenziale e quindi tirannico. L’autorità del Romano Pontefice è infatti derivata dalla suprema autorità di Cristo, alla quale essa partecipa entro i confini e nell’ambito delle finalità che il divino Fondatore ha stabilito una volta per tutte, e che nessun potere umano può modificare.
L’evidenza dell’alienità di Bergoglio all’ufficio che ricopre è un fatto certamente doloroso e gravissimo; ma il prendere coscienza di questa realtà è la premessa indispensabile per porre un rimedio ad una situazione insostenibile e disastrosa.
AGERE SEQUITUR ESSE
In questi dieci anni di “pontificato” abbiamo visto Bergoglio fare tutto quello che non ci si sarebbe mai aspettati da un Papa, e viceversa tutto quello che farebbe un eresiarca o un apostata. Vi sono state occasioni in cui queste azioni sono apparse palesemente provocatorie, come se con le sue esternazioni o con certi atti di governo egli volesse deliberatamente suscitare lo sdegno del corpo ecclesiale e spingere sacerdoti e fedeli a reagire dandogli il pretesto per dichiararli scismatici. Ma questa strategia tipica del peggiore gesuitismo è ormai scoperta, perché l’intera operazione è stata condotta con troppa arroganza e in ambiti su cui nemmeno i Cattolici moderati sono disposti a transigere.
Gli scandali sessuali del Clero, ed in particolare la risposta della Santa Sede alla piaga della corruzione morale di Cardinali e Vescovi, hanno mostrato una vergognosa disparità di trattamento tra coloro che appartengono al cosiddetto “cerchio magico” di Bergoglio e quanti invece egli considera avversari. Il recente caso Rupnik è la prova di una gestione del potere simile a quella di un despota, legibus solutus e che si considera libero di agire senza dover render conto ad alcuno delle sue azioni. Spesso accade che le conseguenze delle decisioni assunte personalmente dall’Argentino vengano poi fatte ricadere sui subalterni, che si trovano accusati e screditati per scelte non loro. Penso al caso dell’immobile londinese in cui sono stati coinvolti ufficiali della Segreteria di Stato, mentre il contratto di compravendita reca l’augusto chirografo. Penso alla vergognosa gestione del caso Rupnik, che oltre ad aver riabilitato un criminale responsabile di orrendi delitti, in spregio alle numerose vittime, ha gettato discredito anche sull’ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinal Ladaria. Penso al caso McCarrick, che con la farsa di una procedura amministrativa segreta è stato frettolosamente liquidato senza alcun risarcimento alle vittime, e dichiarato res judicata inappellabile. E la lista potrebbe continuare all’infinito. Rimane evidente che gli sventurati che prestano volenti o nolenti la propria collaborazione a Bergoglio si trovano gettati a mare non appena la stampa scopre gli scandali vaticani. Di questo cinico comportamento utilitaristico si stanno accorgendo in molti, che infatti giungono a declinare nomine e promozioni proprio per non trovarsi negli scomodi panni di capro espiatorio.
SI ROMPE IL MURO DEL SILENZIO
Il silenzio dell’Episcopato dinanzi alle enormità bergogliane conferma che l’autoritarismo autoreferenziale del gesuita Bergoglio ha trovato servile obbedienza nella quasi totalità dei Vescovi, terrorizzati dall’idea di essere fatti oggetto delle ritorsioni del vendicativo e dispotico satrapo di Santa Marta. Alcuni Vescovi diocesani iniziano a non sopportare più la sua azione devastatrice, che mina l’autorità e l’autorevolezza della Chiesa intera. Il Vescovo Joseph Strickland, ad esempio, ha lodevolmente ribadito verità dottrinali immutabili che il Sinodo sulla Sinodalità dei prossimi mesi si appresta a demolire. E il cardinal Gerhard Ludwig Müller ha giustamente ricordato che il Signore non ha conferito potere al Papa per “bullizzare” i buoni Vescovi.
Qualcosa quindi inizia a cambiare: gli schieramenti vanno delineandosi e vediamo da una parte la “chiesa sinodale” di Bergoglio – che chiama emblematicamente “nostra” – e dall’altra quel che resta della Chiesa Cattolica, verso la quale egli non manca di ribadire la propria assoluta estraneità.
LA SANATIO IN RADICE DELLE IRREGOLARITÀ AL CONCLAVE
Mons. Athanasius Schneider sostiene che le eventuali irregolarità verificatesi nel Conclave del 2013 sarebbero comunque sanate in radice dal fatto che l’eletto Jorge Mario Bergoglio è stato riconosciuto come Papa dai Cardinali elettori, dall’Episcopato e dalla maggioranza dei fedeli. In pratica, a prescindere dalle vicende che possono aver portato all’elezione di un Papa – con o senza interventi esterni – la Chiesa si dà un lasso di tempo oltre il quale non sarebbe possibile impugnare un’elezione, se il nome dell’eletto è accettato dal popolo cristiano. Ma questa tesi è messa in discussione da un precedente storico.
All’epoca di Urbano VI – siamo nel 1378 – la maggioranza dei Cardinali, dei Prelati, dei Sovrani cattolici e del popolo riconobbe come Papa Clemente VII, in realtà antipapa. Tredici Cardinali su un totale di sedici mise in discussione la validità dell’elezione di papa Urbano, in ragione della minaccia di violenze del popolo romano al Sacro Collegio, e anche i pochi sostenitori di Urbano ben presto si pentirono di averlo eletto, convocando un Conclave a Fondi da cui uscì eletto l’antipapa Clemente VII. Anche San Vincenzo Ferrer era convinto che il vero papa fosse Clemente, mentre Santa Caterina da Siena era schierata con Urbano. Se il consenso universale fosse stato un argomento indefettibilmente valido, si sarebbe dovuto considerare Papa Clemente e non Urbano. L’Antipapa Clemente, sconfitto dall’esercito di Urbano VI nella battaglia di Marino del 1379, trasferì la Sede ad Avignone, dando luogo allo Scisma d’Occidente che durò trentanove anni. Vediamo quindi che il consenso universale è un argomento che non regge alla prova della Storia.
LA VIA TUTIOR DI MONS. SCHNEIDER
Mons. Athanasius Schneider ci ricorda che la via tutior consiste nel non obbedire a un Papa eretico, senza doverlo necessariamente considerare decaduto ipso facto dal suo ufficio in quanto separato dalla Chiesa e quindi non più capace di esservi a capo, come invece ritiene San Roberto Bellarmino. Ma anche questa soluzione – che se non altro riconosce che Bergoglio è eretico – non mi sembra risolutiva, dal momento che l’obbedienza che i fedeli possono negargli è solo marginale rispetto a tutti gli atti di governo e di magistero che costui ha compiuto e continua a compiere senza che i suoi sudditi possano fare alcunché. Certo, ci si può organizzare per la celebrazione clandestina della Messa cattolica, ma cosa possono fare un sacerdote o un laico quando una cupola eversiva di Vescovi manovrati da Bergoglio si appresta a introdurre con il Sinodo sulla Sinodalità cambiamenti dottrinali inaccettabili? E cosa potranno fare quando nelle loro parrocchie una diaconessa benedirà le “nozze” di due sodomiti?
Certamente la disobbedienza a ordini illegittimi di un Superiore eretico o apostata è doverosa sub gravi, poiché l’obbedienza a Dio viene prima dell’obbedienza agli uomini, e perché la virtù dell’Obbedienza è gerarchicamente subordinata alla virtù teologale della Fede. Ma il danno che ne deriva per il corpo ecclesiale non è impedito con un’azione di semplice resistenza: occorre risolvere la questione alla radice.
IL VIZIO DI CONSENSO NELL’ASSUNZIONE DEL PAPATO
Preso dunque atto che Bergoglio è eretico – e basterebbero Amoris Lætitia o la dichiarazione dell’immoralità intrinseca della pena capitale per averne la prova – dobbiamo chiederci se l’elezione del 2013 sia stata in qualche modo inficiata da un vizio di consenso; se cioè l’eletto abbia voluto diventare Papa della Chiesa Cattolica o piuttosto capo di quella che egli chiama la “nostra chiesa sinodale”, che nulla ha a che vedere con la Chiesa di Cristo proprio perché si pone come altra rispetto ad essa. Questo vizio di consenso si rileva a mio parere anche dal comportamento di Bergoglio, ostentatamente anticattolico e eterogeneo rispetto all’essenza stessa del Papato. Non vi è azione di costui che non suoni palesemente di rottura rispetto alla prassi e al Magistero della Chiesa, e a ciò si aggiungono le prese di posizione tutt’altro che inclusive verso i fedeli che non intendono accettare arbitrarie innovazioni o peggio eresie conclamate.
La questione fondamentale verte sulla comprensione del piano eversivo della deep church, che con i metodi denunciati a suo tempo da San Pio X nei riguardi dei Modernisti si è organizzata per compiere un colpo di stato in seno alla Chiesa e portare sul Soglio di Pietro il profeta dell’Anticristo. La mens rea nell’infiltrarsi nella Gerarchia e ascenderne i gradi è evidente, così come è evidente che i piani della fazione ultra-progressista non potevano arrestarsi dinanzi a Benedetto XVI, da essi considerato troppo conservatore e soprattutto odiatissimo per aver osato promulgare il Motu Proprio Summorum Pontificum. E così ecco spinto Benedetto XVI a dimettersi, e subito pronto quello sconosciuto Arcivescovo di Buenos Aires che l’11 Ottobre 2013, in una conferenza alla Villanova University (qui), l’allora Card. McCarrick, suo amico di lunga data, rivelò essere stato fortemente voluto da un «very influential Italian gentleman», emissario del deep state presso la deep church: chi lavora nella Curia Romana sa bene chi è chiamato «il gentiluomo» per antonomasia e quali siano i suoi legami con il potere di qua e di là del Tevere, e ne conosce pure gli imbarazzanti penchant che spiegano la contiguità con la lobby omosessuale vaticana. È altresì significativo che McCarrick si dica convinto che Bergoglio «cambierà il Papato nell’arco di quattro anni», confermando l’intenzione dolosa di manomettere l’istituzione divina e irriformabile della Chiesa.
Vedere Bergoglio partecipare a un evento della Clinton Foundation, dopo altri non meno scandalosi endorsement dell’élite globalista, conferma il suo ruolo di liquidatore fallimentare della Chiesa, in vista della costituzione di quella Religione dell’Umanità che dovrà servire da ancella della sinarchia del Nuovo Ordine Mondiale. Ecumenismo, ecologismo, vaccinismo, immigrazionismo, ideologia LGBTQ+, gender e altre istanze della religione globalista sono fatti propri da Bergoglio non solo tramite un’azione di ostentato e orgoglioso sostegno ai fautori dell’Agenda 2030, ma anche con un’opera di sistematica demolizione di tutto ciò che nel Magistero vi si oppone e di spietata persecuzione di chi esprime anche prudenti perplessità.
Quindi: Bergoglio è eretico e palesemente ostile alla Chiesa di Cristo. Per svolgere il compito assegnatogli dalla deep church ha dissimulato le proprie posizioni più estreme, in modo da trovare un numero sufficiente di voti al Conclave. Per garantirsi obbedienza totale, chi ha ordito il piano si è assicurato che fosse ampiamente ricattabile, come sempre avviene. E una volta eletto, Bergoglio ha potuto mostrarsi per quello che è e dare inizio alla demolizione della Chiesa e del Papato.
Ma può un Papa distruggere il Papato che egli incarna e rappresenta? Può un Papa devastare la Chiesa che il Signore gli ha affidato per difenderla? E ancora: se la partecipazione al Conclave di un Cardinale ha come scopo un’azione dolosa, un atto eversivo ai danni della Chiesa; se lo scopo è compiere un crimine, anche se si rispettano apparentemente le procedure e le norme dell’elezione, vi è incontestabilmente una mens rea. E questa intenzione criminale emerge dall’astuzia con cui è stato consumato un inganno degli Elettori in buona fede, con la collaborazione di quelli complici. Mi chiedo allora: non siamo in presenza di un vizio di consenso che inficia la validità dell’elezione? Senza dire che la stessa compresenza di un Papa rinunciatario e di un Papa regnante è già di per sé un elemento che induce a credere che costoro avessero un falso concetto dell’essenza del Papato, considerato come un ruolo condivisibile con altri. Non dimentichiamo che la distinzione tra munus e ministerium è arbitraria e che non può esserci un Papa che si dedica al “ministero orante” e uno che governa. Cristo è uno, una la Chiesa, uno solo il Successore di Pietro: un corpo con due teste è un monstrum che ripugna alla natura ancor prima che alla costituzione divina della Chiesa.
POSSIBILI OBIEZIONI
Qualcuno potrà obiettare: Ma anche se Bergoglio ha agito con il dolo, ha comunque accettato ciò che i Cardinali gli offrivano: l’elezione a Vescovo di Roma e quindi a Pontefice Romano. Quindi ha assunto l’ufficio e va considerato Papa. Io credo invece che l’accettazione del Papato sia viziata perché egli considera il Papato altra cosa rispetto a ciò che è, come il coniuge che si sposa in chiesa escludendo i fini specifici del Matrimonio e rendendo quindi nulle le nozze per vizio di consenso, appunto. Non solo: quale congiurato che agisce dolosamente per ascendere a una carica sarebbe così sprovveduto da spiegare a chi deve eleggerlo di avere intenzione di diventare Papa per dare esecuzione agli ordini dei nemici di Dio e della Chiesa? Buongiorno. Sono Jorge Mario Bergoglio e ho intenzione di distruggere la Chiesa facendomi eleggere Papa. Mi date il vostro voto? La mens rea sta proprio nel ricorso all’inganno, alla dissimulazione, alla menzogna, alla delegittimazione degli avversari fastidiosi e all’eliminazione di quelli pericolosi. E che volesse compiere il piano criminale dell’élite globalista l’abbiamo sotto gli occhi: tutti i desiderata delle mail di John Podesta, braccio destro di Hillary Clinton, hanno trovato o stanno trovando esecuzione, dall’adozione della parità di genere come premessa al sacerdozio femminile all’inclusione LGBTQ+, dall’accettazione della teoria gender alla partecipazione all’Agenda 2030 in materia di cambiamento climatico, dalla colpevolizzazione del “proselitismo” all’esaltazione dell’immigrazionismo come metodo di sostituzione etnica. E parallelamente, vi è la rimozione e la condanna dell’altra Chiesa, quella “preconciliare”, fatta di rigidi intolleranti, a partire da Nostro Signore, come ha blasfemamente scritto Antonio Spadaro. E con la cancel culture applicata a Fede e Morale, anche l’eliminazione della Messa che a quella Chiesa appartiene intrinsecamente, e che Bergoglio considera in conflitto con la “nuova ecclesiologia” al punto da proibirla come incompatibile con la “chiesa sinodale”.
Ecco dunque lanciato il sasso nello stagno. Vorrei che prendessimo in seria, serissima considerazione l’eventualità che Bergoglio abbia voluto ottenere l’elezione con il dolo, e che si prefiggesse di abusare dell’autorità di Romano Pontefice per fare l’esatto contrario di ciò che Gesù Cristo ha dato mandato a San Pietro e ai suoi Successori di fare: confermare i fedeli nella Fede cattolica, pascere e governare il Gregge del Signore, predicare il Vangelo a tutte le genti. Tutta l’azione di governo e di magistero di Bergoglio – sin dalla sua prima apparizione alla Loggia vaticana presentandosi con quell’inquietante “Buonasera” – si è dipanata in senso diametralmente opposto al mandato petrino: ha adulterato e continua ad adulterare il Depositum Fidei, ha creato confusione e indotto in errore i fedeli, ha disperso il Gregge, ha dichiarato di ritenere l’evangelizzazione dei popoli «una solenne sciocchezza» e abusa sistematicamente del potere delle Sante Chiavi per sciogliere quel che non può essere sciolto e legare ciò che non può essere legato.
Questa situazione è umanamente insanabile, perché le forze in gioco sono immani e perché la corruzione dell’Autorità non può essere sanata da chi ad essa è sottoposto. Dobbiamo prendere atto che la metastasi di questo “pontificato” origina dal cancro conciliare, da quel Vaticano II che ha creato le basi ideologiche, dottrinali e disciplinari che dovevano condurre inevitabilmente a questo punto. Ma quanti dei miei Confratelli, che pure riconoscono la gravità della crisi attuale, hanno la capacità di riconoscere questo legame di causalità tra la rivoluzione conciliare e le sue estreme conseguenze con Bergoglio?
CONCLUSIONE
Se questa passio Ecclesiæ prelude alla fine dei tempi, è nostro dovere prepararci spiritualmente a momenti di grande tribolazione e di vera e propria persecuzione. Ma sarà proprio ripercorrendo la via dolorosa della Croce che il corpo ecclesiale potrà purificarsi dalle sozzure che lo deturpano e meritare gli aiuti soprannaturali che la Provvidenza riserva alla Chiesa nei tempi della prova: dove abbonda il peccato, sovrabbonda la Grazia.
Permettetemi infine di ricordarvi che l’Associazione Exsurge Domine da me fondata ha come scopo dare un aiuto spirituale e materiale ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose perseguitati dalla chiesa bergogliana a causa della loro fedeltà alla Tradizione. Se volete contribuire con una donazione alla realizzazione dei nostri progetti, potete farlo dal sito dell’Associazione.
- I nuovi Dubia. Cinque cardinali tentano di ottenere risposte chiare dal papa.
- Opus Dei. Lettera al papa di una soprannumeraria.
- Mons. Schneider. Preghiera per il “Sinodo sulla sinodalità” del 2023.
Da Isaia a Liala. La parabola della “chiesa in uscita”
Alla messa si legge Isaia: “Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. Siamo divenuti tutti come una cosa impura… le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento… Signore, non adirarti fino all’estremo, non ricordarti per sempre dell’iniquità…”.
Si legge anche Giovanni: “Allora gli dissero: Signore, dacci sempre questo pane. Gesù rispose loro: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”.
Poi, all’uscita, ecco un foglio. Titolo: Il sinodo dei vescovi in breve.
Prendo, leggo. “Lo scopo [del sinodo] è far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, resuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani”.
Mi chiedo sempre: come ha fatto il linguaggio cattolico a passare dalla forza, dal vigore, diciamo pure dalla virilità delle Scritture all’attuale sdolcinatezza esangue? Lo scopo non dico di un sinodo, ma di una qualunque cosa degna di essere chiamata cattolica, potrà mai essere “far germogliare sogni”, “resuscitare un’alba di speranza”, “imparare l’uno dall’altro e creare un immaginario positivo che illumini le menti”?
Come abbiamo fatto a passare da Isaia a Liala (con tutto il rispetto per Liala, regina dei romanzi rosa)?
Ve lo immaginate Gesù che dice: “Venite a me, così facciamo germogliare sogni”. Oppure: “Venite a me, dai, così impariamo l’uno dall’altro a creare un immaginario positivo che illumini le menti”.
Se questa è la proposta della “Chiesa sinodale”, detta anche “Chiesa in uscita”, mi sembra non solo lecito ma doveroso rispondere come Totò all’onorevole Trombetta: “Ma mi faccia il piacere!”.
A.M.V.