Leggo in una articolo filo-Bergoglio le speranze che il ragionier Enzo Bianchi (il guru di Bose) ripone sul sinodo amazzonico. Speranze rivelatrici. “Il Papa indica un orizzonte profetico”, “il fenomeno della fede che si deve inculturare nelle genti, nei popoli, è un fenomeno al quale nel passato abbiamo prestato poca attenzione” . Sic. “Il Papa ci chiede di fare una revisione e di chiederci davvero come un popolo può esprimere la sua fede, la sua liturgia, la sua vita cristiana in termini che le sono propri. È un’esaltazione della diversità nell’unità cattolica”: Perché poi, alla fin fine, dice, “Se là [fra gli amazzonici] hanno il problema di quelli che non diventano cristiani, noi abbiamo quello delle nuove generazioni che alla messa non van più e non sentono nessuna attrattiva da parte della liturgia cattolica. Cosa vogliamo fare? Accettare il dato di fatto o ripensare per poter dialogare anche liturgicamente con le nuove generazioni”.
Mi domando se, in fondo, non siano mossi dal senso di un fallimento della grande azzardata campagna di marketing lanciata dal Concilio modernista. Il Sudamerica è stato il terreno delle loro sperimentazioni ed “offerte” cattoliche ultra moderniste, marxiste, rivoluzionarie – e adesso “là hanno il problema di quelli che non diventano cristiani” come “qui” che i giovani “alla Messa non vanno più”. Un consuntivo tremendo per i conciliaristi.
Naturalmente, ora ci riprovano aumentando le dosi. Sunteggia il giornalista amico: “Periferie, migrazioni, sfruttamento delle risorse naturali, cambiamenti sociali e vulnerabilità familiare, corruzione, tutela dell’ambiente. Questi i temi al centro del Sinodo per la Regione Panamazzonica”, e “comunioni” amazzoniche, ossia dalle”culture” infere e dalle forze magiche e stregonesche. Come dimostrano le prosternazioni dei prelati davanti a Pachamama. Non manca niente, in apparenza, dal catalogo delle offerte. Ma è vero?
Mai una volta, nei secoli, che ci si sia posti il tema di “inculturare” il messaggio di Cristo nel Vedanta, nelle Upanishad, o nel Canone Pali; o anche, se volete, nel film che ha avuto successo tra i giovani diversi anni fa, “Matrix”.
Oserei suggerire ai prelati un modesta idea: se vogliono “inculturare”, perché non cominciano da Matrix? Intendo quel film di qualche anno fa, che ebbe successo tra i “giovani”.
Perché come dice Morpheus a Neo, «Matrix è ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità.» Gli spettatori appena smaliziati riconoscono che qui si allude a ciò che la sapienza dell’India ha chiamato Maya. Magari, partendo da Matrix, invece di finire con gli stregoni amazzonici o seguaci ecologici di Greta, riescono ad arrivare fino – che so – al Vedanta. Perché Matrix dice quel che dicono Cristo, le Upanishad, lo Svegliato: in questa vita, nell’aldiquà, siamo dentro alla Matrix; che questa è una trappola – o un test, o una prova – da cui dobbiamo uscire, e in fretta , tanto ne usciremo con la morte – e sforzarci di andare al di là, dove è il Reale. “Tranello” chiamò l’aldiquà il grande Shalaluddin Rumi: “Tutti i mortali fuggono dalla loro volontà e dal loro io , si addossano l’obbrobrio del vino e della buffoneria pur di liberarsi per un tratto dell’autocoscienza. Tutti sanno che l’esistenza è un tranello, che volontà autocoscienza e memoria sono un inferno”. Questa è la differenza fra le vere e false spiritualità: quelle vere ti avvertono che siamo nella Matrix, e si deve uscirne. E quelle che te lo nascondono, ti distraggono con le magie, la coca e la chicha e Pachamama, o la raccolta differenziata perché bisogna controllare il Clima. Un “capo spirituale” che ti dà disposizione su “immigrazione, sfruttamento delle risorse naturali, tutela dell’ambiente”, un “nuovo umanesimo”; un governo globale “contro il riscaldamento globale” palesemente non smaschera la “Matrix” e allora è meglio andare a vedere il film – e “inculturarlo” nel messaggio di Cristo. Cosa è il Reale? Matrix allude al superamento di “maya”. Un riferimento alla dottrina indù del Vedanta: la dottrina dell’advaita. La non-dualità. Cioè, che il Reale è una Unità. Che significa molte cose: da una parte, che atman è Brahman , l’anima individuale è il Divino , ma anche in generale che gli altri, tutto il mondo, anche i tuoi nemici, sono te stesso. Per un grave difetto di “inculturazione”, ciò ha fatto concludere agli studiosi occidentali che abbiamo a che fare con “panteismo”: cosa che è invece propria negata esplicitamente nell’Atma-Bodha di Shankaracharia: “Brahma non è affatto simile al Mondo”. Né d’altra parte l’anima individuale va confusa con l’io di cui abbiamo esperienza empirica: “neti neti”, né questo né quello , nulla di ciò in cui ci identifichiamo. Asserzione che non contraddice quella immediatamente seguente, “niente vi è al di fuori di Brahma”: infatti l’intero universo è contenuto nel divino, non è vero il reciproco: l’universo è rigorosamente nulla in confronto a Brahman. Ora, “atman è Brahman” è un’asserzione che il buon cattolico si sente in dovere di rifiutare come eretica e panteistica, data l’irriducibilità assoluta del mio piccolo insignificante “io” con Dio. Ma San Paolo, alla fine della sua corsa eroica, sapendosi prossimo a lasciare la testa sul ceppo, e a ricevere la corona del grande atleta vincitore, annuncia: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. Dice che la sua atman ora è Brahman, o no? .Dice anche come ha fatto: “Sono stato crocifisso con Cristo”. Ho buttato via il mio “io”, per amore mi sono inchiodato alla Divina Volontà. Quindi, va capito: l’identità dell’atman con Brahman non è una dottrina, è un apice metafisico. Non è un tema “filosofico” di cui si possa discutere nelle università; è il punto d’arrivo di uno sforzo ascetico supremo, di una eroica abnegazione totale di sé . Difficile da capire? No, difficile da “essere”. Come è difficile l’esortazione : “Siate perfetti come è perfetto il Padre mio, che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. A noi parrebbe che la perfezione dovrebbe far piovere sui giusti, e lasciare a secco gli ingiusti. Invece, Egli ci ha ordinato: “Pregate per i vostri nemici, amate coloro che vi perseguitano”. Ciò che sta dicendo Gesù, è che il Suo Regno, il Reale è advaita. Senza-dualità. Ovviamente, che amare i propri nemici è quasi impossibile nella Matrix – perché per noi, il mondo è duale: esiste il giusto e l’ingiusto,il nemico e l’amico, il bene e il male. Questa è la Matrix. Per lo stesso motivo – cogliere che il Reale è advaita, senza dualità alcuna – la dottrina del Risveglio insegna, anche con esercizi mentali, a sviluppare la compassione per tutti i viventi: gli animali perché non avendo intelligenza non possono operare per la propria Liberazione; i nostri simili perché rischiano di sprecare”questo stato umano così difficile da ottenere”il solo dove si può arrivare al Nirvana. Dunque anche i nostri nemici sono da compatire. Gli occidentali discutono se la compassione buddhista sia meno della carità cristiana – tuttavia è sempre qualcosa di più che “l’immigrazione e lo sfruttamento delle risorse naturali”, l’accoglienza dei sodomiti nelle scuole elementari eccetera. Quello che ha d’imperfetto, attende di essere rettificato da Cristo. Utile recuperare dal Buddhismo il motivo per cui noi non siamo capaci di amare i nemici: la paura è il motivo, insito nella voglia di vivere in un “io” che si sa privo di consistenza durata, Realtà: vuoto. “Una razza che trema”, che si agita come “pesci in una corrente quasi prosciugata” – così ci vide lo Svegliato secondo l’Atthavagga. Abbiamo paura, e per questo abbiamo nemici, ci difendiamo. E non è facile, perché nel mondo, noi siamo immersi in Maya. Tradurre “maya” con”illusione”, è una semplificazione da cattiva inculturazione. Le illusioni, sarebbero facili da far svanire; in realtà, Maya “non è affatto distinta dalla Sua onnipotenza”. E’ quella che nella nostra cultura chiamiamo al Creazione. Qualcosa di molto duro, e concreto, come Matrix. Una prova, un labirinto di coltelli – che ci ferisce, che ci maciulla, che alla fine ci fa morire tutti, in un ospedale, in un incidente, o in un campo di battaglia, giusti e ingiusti. Perché c’è la sofferenza nel mondo? Protestiamo noi (come ha ben visto Dostojevsky, ipocritamente). “Perché i bambini, gli innocenti soffrono”? La risposta di Dio alla sofferenza degli innocenti è questa: si fa uno di noi, e si fa inchiodare in croce. Vuol dire che è il solo modo di uscire dalla Matrix, altrimenti ne avrebbe trovato un altro. E non ci lascia spazio a illusioni sentimentali e tenerezze: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”, e anzi: “Chi vuol salvare la propria vita – la perderà”. Bisogna superare il test. In fondo è strano che Cristo esorta al coraggio supremo per superare il Test, l’abbandono del proprio “io” e i cattolici oggi (non escludo me stesso) appaiono tremebondi, impauriti di tutto, si distinguono quasi tutti per queste prudenze, diremmo, democristiane. C’è qualcosa di sbagliato in certo insegnamento clericale . Ma i santi soccorrono. “Perché vi confondete agitandovi?”, disse Gesù a don Dolindo: è la paura, che appartiene allo strato più profondo della nostra vita nella Matrix, che ci esorta ad abbandonare: “ Lasciate a me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà. Vi dico in verità che ogni atto di vero, cieco, completo abbandono in me, produce l’effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose. Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell’anima, stornare il pensiero della tribolazione, e rimettersi a me perché io solo vi faccia trovare, come bimbi addormentati nelle braccia materne, all’altra riva”. E’ il coraggio di tornare il bambino eroico che “segue la mamma nella stanza oscura” attaccato alle sue vesti, che ci fa ottenere di superare il tremendo Test. Alla fine, se e quando saremo nel Reale – il suo Regno – vedremo che nonostante tutti i nostri sforzi, sacrifici, sofferenze, versamento di sangue – in realtà ha fatto tutto Lui, con la sua Grazia, nei modi più incredibili e prodigiosi miracoli. Ma questo se saremo di quelli che “non hanno voluto salvare la nostra vita”. Il che non significa – non mancheranno gli accusatori – che Blondet vi sta dicendo che le religioni sono tutte vere. Sto dicendo solo che quelle che avvertono che siamo in una Matrix per superare il terribile Test, sono come “antichi testamenti” – in attesa di Cristo, che vi ha il suo posto potenziale, ed attendono un San Paolo che con santa faccia tosta e capacità di inculturazione, come all’aeropago di Atene, dicesse «Passando in e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un’ara con l’iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio.» Per cui adesso viviamo la grecità come cristianizzabile, cosa allora non affatto sicura. Mi auguro che il sinodo amazzonico scopra fra i culti stregoneschi il dio sconosciuto da annunziare. Dubito. Che “Periferie, migrazioni, sfruttamento delle risorse naturali, cambiamenti sociali e vulnerabilità familiare, corruzione, tutela dell’ambiente” non sia un parlar d’altro. Perché, d’accordo, capisco l’inquietudine clericale, il problema di marketing: se nell’Amazzonia “ hanno il problema di quelli che non diventano cristiani, noi abbiamo quello delle nuove generazioni che alla messa non van più e non sentono nessuna attrattiva da parte della liturgia cattolica. Cosa vogliamo fare?”. Magari essere più santi? Più crocifissi? Più abbandonati come disse Gesù a don Dolindo?
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