Paolo Becchi
di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Liberoquotidiano.it, 25/05/2018
Al Colle cercano fino all’ultimo di bloccare Paolo Savona. Fatto il Comandante, bisogna ora fare i Colonnelli. I tre tasselli più importanti dell’esecutivo sono quelli dell’Economia, degli Interni e del Lavoro. Tre ministri che devono dare la necessaria veste politica ad un governo che voglia realizzare il contenuto ambizioso del “contratto di governo” e che voglia veramente presentarsi come esecutivo politico.
I due leader di partito, Salvini e Di Maio, dovrebbero andare rispettivamente agli Interni e al Lavoro, con accorpamento a quest’ultimo del dicastero dello Sviluppo economico, soluzione che ci sembra ragionevole vista le difficoltà in cui versano – ormai da diversi anni – i settori produttivi del Paese e la forte connotazione politica della persona che ne sarebbe a capo. All’Economia, invece, il patto giallo-verde prevede l’indicazione del prof. Paolo Savona. Mentre il Presidente del Consiglio incaricato stava ricevendo ieri i gruppi parlamentari a Montecitorio per il suo giro di consultazioni verso la formazione del nuovo governo, Salvini “blindava” la proposta della la nomina di Paolo Savona al Ministero dell’Economia, blindatura confermata ufficialmente anche per bocca di Di Maio. E fin qui tutto lecito, tutto legittimo.
L’indicazione di Savona incontrerebbe però l’opposizione da parte del Colle per via della posizione euroscettica del professore, indiscrezione confermata da un intervento a gamba tesa del Quirinale avvenuto nel pomeriggio di ieri, una iniziativa atipica con la quale il Capo dello Stato ha puntualizzato che non ci sono presunti veti bensì diktat nei confronti del Presidente del Consiglio e del Presidente della Repubblica nell’esercizio delle funzioni che la Costituzione attribuisce a entrambi. La preoccupazione del Colle – si legge dal comunicato diramato dall’Ansa nel pomeriggio di ieri – è che si stia cercando di limitare l’autonomia del Presidente del Consiglio incaricato e, di conseguenza, del Presidente della Repubblica nell’esercizio delle loro prerogative.
Questo intervento del Quirinale è inaccettabile, per due motivi. Il primo è che il Presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, non ha mai denunciato alcuna pressione né tanto meno diktat nei suoi confronti, il secondo è che i nomi dei ministri li sceglie il Presidente del Consiglio di concerto coi gruppi parlamentari che poi gli dovranno votare la fiducia in Parlamento, sottoponendo al Capo dello Stato la lista dei ministri per la nomina, esattamente come recita l’art. 92 della Costituzione.
La questione sarebbe presto risolta se si leggesse la Costituzione. Il Presidente del Consiglio si assume tutta la responsabilità politica del Governo di fronte alle Camere, alle quali chiede il voto di fiducia esattamente come recita l’art. 94. Per quale strano motivo il Presidente del Consiglio dovrebbe assumersi la responsabilità politica di un governo da lui presieduto, che non sia composto da ministri indicatigli dai gruppi parlamentari che dovranno votargli la fiducia? Per quale motivo il Presidente del Consiglio dovrebbe chiedere la fiducia alle Camere per un governo sul quale ha posto il cappello il Capo dello Stato? Capo dello Stato che, secondo quanto previsto dall’art. 90 della Costituzione, è estraneo al rapporto di fiducia Camere-Governo per via del fatto che non è responsabile di nessuno degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni.
La Terza Repubblica fa fatica a nascere per il tentativo della Seconda di conservare le posizioni di potere. E in questo gioco al massacro il Colle non è neutrale – come dovrebbe invece essere – ma parte in causa, mettendo il bastone tra le ruote ai partiti che hanno vinto le elezioni e che hanno il diritto – oltre che la responsabilità – di dare risposte concrete al Paese. E per dare risposte ai cittadini è diritto/dovere di chi ha la maggioranza in Parlamento di esprimere sia la figura del Presidente del Consiglio che quella dei ministri. La nomina dei ministri di cui all’art. 92 della Costituzione, prerogativa del Capo dello Stato su proposta del Presidente del Consiglio, è un atto formale col quale il Presidente della Repubblica effettua un controllo di forma e non di sostanza. Mattarella sta facendo di tutto per evitare elementi di euroscetticismo all’interno del nuovo Governo.
Pur tra mille resistenze Mattarella ha accettato Conte, ma ora intende intervenire sulla lista dei ministri, ed in particolare su Savona. Ma se salta Savona, Salvini ne esce sconfitto. Il leader della Lega non può pertanto rinunciare a quel nome, quindi assisteremo ad un vero e proprio braccio di ferro, tanto più che la linea politica del Governo la scelgono i partiti che votano la fiducia all’esecutivo e non il Capo dello Stato. Questo Governo si regge su uno scambio politico tra il nome del Presidente del Consiglio e il nome del Ministro dell’Economia. O passano entrambi o Conte dovrà rinunciare all’incarico, che tra l’altro ha accettato con riserva. La nostra è ancora una Repubblica parlamentare. Per quella presidenziale il Presidente dovrà prima farsi eleggere dal popolo.