Parlare di Europa con Václav Klaus significa confrontarsi con chi il continente l’ha visto diviso, frammentato, depredato dalle ideologie del Novecento e infine riunito sotto quella bandiera che ha criticato fin dal primo momento. Da quando, cioè, ha iniziato a gettare il seme dell’euroscetticismo, sia da primo ministro cecoslovacco che da presidente della Repubblica Ceca (dal 2003 al 2013). Il suo potrebbe essere definito un pensiero proto-sovranista, anche se come profilo accademico si mostra da sempre come un liberale convinto. Semplicemente, nel modo più politicamente scorretto possibile, sostiene che per salvare l’Europa come entità sia necessario smantellare l’attuale Unione europea come sovrastruttura e passare ad una libera cooperazione tra i paesi. Gli Occhi della guerra lo hanno incontrato in occasione della sua visita a Roma, ospite con il suo libro Comprendere l’immigrazione (Giubilei Regnani) del convegno Europa Sovranista organizzato il 9 marzo dal think tank Nazione Futura.
Presidente Klaus, superata la dicotomia destra/sinistra, le prossime elezioni europee saranno quelle del popolo contro le élite?
“Sebbene la divisione fondamentale della politica di oggi abbia una dimensione verticale non credo che categorie come destra e sinistra siano superate. E non lo saranno nemmeno in futuro. Cambiano solo forma”.
In che modo?
“Le élite di cui parliamo, per esempio, sono tutt’altro che informi. Anzi, sono a tutti gli effetti forze di sinistra, anche se fingono di non saperlo”.
E verranno spazzate via nel segreto dell’urna…
“Non credo. Mi aspetto che le forze euroscettiche possano ottenere risultati migliori rispetto al passato, ma i partiti pro-Ue resteranno maggioritari”.
Niente Europa delle Nazioni, quindi?
“No. Non ci saranno cambiamenti così profondi, almeno non per ora. Nemmeno la formazione di una potenziale nuova costellazione anti-Ue all’interno del Parlamento europeo sarà sufficiente. Servono cambiamenti profondi nella mentalità dei cittadini”.
I progetti come l’Internazionale sovranista di Matteo Salvini e The Movement di Steve Bannon non potrebbero accelerare questa presa di coscienza da parte dei popoli?
“Con mio grande rammarico non ho ancora mai incontrato il signor Salvini, che tuttavia non considero un populista di destra. Le idee di Steve Bannon mi piacciono molto, ci siamo confrontati spesso e ritengo che la sua potenziale influenza possa essere positiva. Ma tenderei a non sopravvalutarla”.
Quale sarebbe la sua ricetta per cambiare l’Europa?
“I problemi dell’Unione hanno molte dimensioni. A livello legislativo dovremmo tornare ad un’impostazione pre-Maastricht (e naturalmente dire addio al Trattato di Lisbona). Inoltre, I due principali cardini di ‘unificazione’ dell’era recente – la Convenzione di Schengen e l’euro – andrebbero rivisti. Infine, dovremmo contrastare le migrazioni di massa e restituire il potere decisionale agli Stati nazionali”.
Ricominciare da zero, insomma…
“Basta leggere il manifesto di Emmanuel Macron per rendersi conto del fatto che l’Europa così com’è non abbia ragione d’esistere. Non solo è sbagliato, ma estremamente pericoloso. In sostanza vorrebbero trasformare l’Unione in un soggetto ancor più regolamentato, burocraticizzato, antidemocratico, succube di istanze pseudo-progressiste. Paesi come l’Italia – così come la Repubblica Ceca – dovrebbero lottare insieme per cambiare l’attuale modello di integrazione europea. Se il nostro sforzo comune fallisse, lasciare l’Ue diventerebbe un’opzione. Per capirlo, basta guardare i due decenni di stagnazione subiti dopo l’adozione dell’euro”.
Lei è considerato il padre del sovranismo in Europa. Per definire le sue teorie politiche è stato persino coniato un termine: klausismo. Quale leader europeo interpreta al meglio questa dottrina?
“Mi lusinga molto essere considerato il padre del klausismo. 28 anni fa, quando fondai il Partito Civico Democratico, mi definii semplicemente conservatore dal punto di vista politico-culturale e liberale in economia. In realtà il mio pensiero, che tanto piace alle basi militanti, non ha così tanti sostenitori al vertice della politica. Diciamo che, pur non essendo lui un klausista, mi confronto spesso con il signor Orbán. Abbiamo qualche divergenza, ma molti punti di vista in comune”.
Ecco, a proposito del gruppo di Visegrad. Le forze di sinistra di tutto il continente pensano che quel blocco sia uno dei principali problemi dell’Unione europea. Specie riguardo le posizioni in tema di immigrazione e redistribuzione dei migranti, cosa ne pensa?
“La redistribuzione dei migranti è un’idea inaccettabile che mira alla ristrutturazione etnica del nostro continente e alla graduale erosione delle identità nazionali. Invece di proteggere i confini dell’Ue, le élite europee propongono questo progetto di ingegneria sociale che minaccia la storia, la cultura e la tradizione dei singoli Stati. I Paesi del gruppo di Visegrad si sono confrontati da vicino con ideologie del genere e sono riluttanti a ripetere di nuovo simili esperienze”.
Dagli Stati Uniti, all’Ungheria fino all’Australia, in tutto il mondo aumentano le misure di sorveglianza e protezione dei confini. È questa la giusta direzione da seguire per porre fine alla crisi migratoria?
“Tutte le società si basano su confini, frontiere, cancelli, recinzioni, muri. È impossibile sbarazzarsene. Noi abbiamo vissuto per anni dall’altra parte della Cortina di Ferro eppure non abbiamo mai pensato di teorizzare un abbattimento totale delle frontiere”.
La via più semplice per fermare i migranti non sarebbe quella di sostenere di più gli Stati di origine?
“Non con gli aiuti umanitari, autentici sprechi di denaro che finisce nelle tasche di politici e burocrati corrotti. L’unica forma di aiuto efficace, credo sia quella di commerciare liberamente con questi Paesi”.
Il governo italiano viene spesso accusato di strizzare l’occhio alla Russia. Lei che ha vissuto la protagonista le primissime fasi post-sovietiche riesce a considerarla un interlocutore?
“Abbiamo sofferto per decenni il dominio imperiale sovietico. Per questo motivo siamo forse ipersensibili nei confronti della Russia. Tuttavia, siamo consapevoli degli importanti cambiamenti che ci sono stati dopo la caduta del comunismo. Dovremmo riconoscerli e rispettarli. Non sono sufficienti, ma nemmeno trascurabili. Sono convinto che debba essere logico accettare la Russia come un Paese con le proprie ambizioni e i propri interessi. L’Italia lo sta facendo probabilmente meglio di altri Paesi europei”.
E per quanto riguarda le altre superpotenze? Considera la Cina e l’India come opportunità o potenziali minacce?
“Cina, India, Russia, Brasile e tutti gli altri Paesi dovrebbero essere dei normali partner. Quello che vorrei respingere con forza è l’idea di dover combattere una nuova Guerra Fredda. Noi che ne siamo stati vittime, ne sappiamo qualcosa”.
C’è un pericolo di islamizzazione dell’Europa?
“L’islam è una religione che va rispettata, l’islamismo è una minaccia. È bene che venga contenuto e che non venga importato – men che meno intenzionalmente – in