Danilo Quinto
Il ruolo del legislatore impone di vestire l’abito della dignità, innanzitutto. Si può essere parlamentari solo per garantirsi con quattro anni e sei mesi l’indennità pensionistica?
Questa è l’unica ragione vera per cui questo Parlamento, dopo sole sette votazioni per il Presidente della Repubblica, si è arreso ed ha trovato una soluzione comoda e di compromesso, che lascia inalterati gli assetti di Governo, rendendo il premier Draghi ancora più forte di prima. Una soluzione diversa, non concordata tra i partiti di maggioranza ed espressione della volontà dei singoli legislatori – che, come dice la Costituzione, rappresentano la Nazione senza vincolo di mandato – avrebbe inevitabilmente portato alle elezioni anticipate e alla caduta del Governo.
Nel corso di questa legislatura, altre due volte questo Parlamento – ed in particolare lo schieramento di centrodestra – al solo fine di garantire le pensioni dei suoi nominati, ha evitato di agire perseguendo la strada maestra delle elezioni anticipate. La prima, quando Salvini si sfilò inopinatamente dall’esperienza di governo con Conte e il Movimento 5 Stelle. La seconda, quando il Presidente della Repubblica nominò Draghi al posto di Conte e il centrodestra – con l’eccezione della Meloni, che da allora sta conducendo con abilità una finta opposizione – non solo lo sostenne, ma entrò nell’esecutivo. Se non ci fossero state le pensioni da garantire, le dimissioni in massa dei parlamentari di centrodestra avrebbero imposto lo scioglimento delle Camere.
Si è preferito vivacchiare, invece. Consentendo che l’azione di Governo facesse lievitare il debito pubblico di oltre 300 miliardi, che i ceti più deboli divenissero sempre più deboli, che l’establishment politico e affaristico si spartisse i 209 miliardi provenienti dall’Europa del cosiddetto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Soprattutto si è consentito che lo Stato – prima con atti amministrativi e poi con Decreti Legge che vengono de plano approvati – invadesse nella loro intimità le vite dei cittadini, ne facesse carne da macello sull’altare della scienza, scegliesse di procedere con vessazioni inaudite contro una parte della sua popolazione, facendo strame di tutti i princìpi che la Carta Costituzionale ha posto per salvaguardare le libertà ed evitare forme di dispotismo e di autoritarismo. Il neo- presidente della Corte Costituzionale, il giorno del suo insediamento, dichiara: “La giurisprudenza della Corte Costituzionale, nelle materie in cui la Scienza ha un peso, è di ascoltare le ragioni della Scienza. Come è stato fatto nel caso della fecondazione assistita”. È questo il ruolo previsto dalla Costituzione per la Corte Costituzionale, affidarsi alla scienza e non al diritto e alle leggi, per le sue decisioni?
Negli ultimi tre decenni, la politica ha esaurito il suo compito. Semplicemente, non esiste più. È pura gestione del potere e di interessi particolari, esercitati per conto di gruppi estranei alla politica in senso stretto, che si scontrano tra loro. Il mestiere della vera politica impone soprattutto la salvaguardia della propria dignità, della libertà nei confronti di se stessi e di quella altrui e dell’amore per la verità. Se ai cittadini viene sottratta la politica, uno Stato muore. È quanto accaduto in Italia.