Marco Tosatti
Cari amici di Stilum Curiae, Super Ex è tornato a manfestarsi – ogni tanto ritornano, per fortuna – e questa volta ci parla del caso Pell, dei suoi ricordi vaticani sul cardinale australiano e sui suoi nemici, quelli clericali e quelli laici. Sono riflessioni molto interessanti, e che concordano con accenni e voci che chi scrive aveva colto in Vaticano, quando anni fa Pell era le bestia nera dei baroni dei soldi dietro le mura, e il pontefice lo aveva mandato a sbattere le corna contro interessi solidissimi, lasciandolo poi solo nella battaglia…Buona lettura.
Ipotesi in libertà sul caso Pell, senza presunzione di dire nulla di particolare. Sono stati già in tanti a notare che qualcosa non torna, che l’accusa nei confronti del cardinale fa acqua da tutte le parti. Bisognerebbe aggiungere che in quasi tutti questi processi c’è molto di opinabile: a tanti anni di distanza, senza testimoni, senza prove ma con tanti pregiudizi…
Ma a parte questo vorrei ricordare una voce che ho sentito molte volte tra il clero romano che conta, almeno a partire dalla fine del 2016: “i cannoni sono in Australia, ma i proiettili li hanno fabbricati in Vaticano”.
Chi mi diceva questa frase sibillina, o qualcosa di analogo, ai tempi in cui monsignor Dario Edoardo Viganò era ancora in sella, alludeva a scontri piuttosto pesanti della cerchia bergogliana contro il cardinale australiano. Il quale, effettivamente, non è certo un membro del cerchio magico, anzi! Qualcuno ricorderà il suo ruolo all’epoca del sinodo sulla famiglia per ostacolare il tentativo di monsignor Bruno Forte e soci di sterilizzare il dibattito tra i padri, al fine di presentarli tutti come accesi kasperiani.
Pell è uno che, quando si arrabbia, batte i pugni, Bergoglio o non Bergoglio. Se si convince che una cosa sia giusta, la persegue come un bulldozer. E si sa anche che l’argentino è piuttosto aggressivo con i deboli, ma si lascia intimidire dai pochi che gli resistono a viso aperto.
Insomma, Pell è un carro armato ed era piuttosto temuto. L’ipotesi è questa: che si sia trovato tra due fuochi? Quello “amico”, clericale (questo è il clericalismo di cui Bergoglio dovrebbe occuparsi!) e quello nemico, laicista e massonico, che vedeva in lui un conservatore, un tradizionalista da eliminare?
Molti indizi lo fanno pensare, fatto sta, però, che la notizia della nomina è accaduta in un tempo molto particolare.
Quando mi dissero quella frase che ho citato, la lobby gay vaticana era in piena salute e Pell poteva essere un singolo uomo da sacrificare; ma la condanna è arrivata dopo che la lobby ha iniziato ad andare in crisi, perdendo molti pezzi, e finendo al centro della bufera, grazie al caso McCarrick, alle vicende cilene, al dossier Viganò (Carlo Maria), all’ignominioso comportamento del cardinale ultra bergogliano Donald Wuerl, alle voci sul nuovo caso Zanchetta…
E dunque l’operazione “sfasciamo Pell” con contributo clericale, potrebbe essersi rivelata un boomerang, perché per l’opinione pubblica, che nulla conosce dei retroscena, Pell non è oggi che l’ennesimo uomo di Bergoglio (l’unico tra tutti i citati, in verità, a non esserlo) a finire nello scandalo!
Insomma nelle sacre stanze, la voce dovrebbe essere questa: “che bella notizia, sarebbe, se non fosse arrivata adesso, ma due anni fa! Adesso non ci voleva proprio!”.
Ma se l’ipotesi è vera, il povero Pell?
Porta la croce! Come la portò padre Pio agli inizi di questa lunga notte della Chiesa, perseguitato da quel “papa buono”, molto sinistro e molto innovatore, che tanto assomiglia al “papa misericordioso”, altrettanto sinistro ed ancor più innovatore!
E’ così, c’è poco da fare: mentre uomini di Chiesa si affannano a distruggerla, altri uomini di Chiesa, da padre Pio in passato, a Caffarra, Meisner, Burke, padre Manelli ecc. la ricostruiscono con il martirio.
Se Pell è innocente, se Pell è quell’uomo di fede che penso, Pell sta portando la croce di Cristo, condannato come lui dalla sinagoga di oggi.