Perchè? In Bulgaria il salario minimo legale è sui 180 euro mensili. In Slovacchia, sui 380 euro (il paese, entrato nell’euro nel 2009, con una crescita del 3%, si sente il migliore scolaro della classe). Il salario minimo di Lettonia, Lituania ed Estonia è sotto i 400 euro. Sono stati i loro governi i più accesi a non voler fare più prestiti alla Grecia: dove il salario minimo è 684 euro mensili, nella media europea (in Francia e Germania, è vero, è sopra i 1400 euro)
“Anche noi vogliamo dare di più di salari e pensioni”, ha detto il capo del governo bulgaro Boiko Borisov (centro-destra) a Bruxelles il 25 giugno: “E chi non vorrebbe? Ma noi rispettiamo la disciplina finanziaria!”. La Bulgaria è in crisi senza sbocco dalla caduta dell’URSS, i greci “solo” dal 2009. E’ il paese più povero della nuova Europa, e il più vicino ai tedeschi (i più ricchi) nel sentimento anti-ellenico:quelli sono sfruttatori, noi abbiamo fatto i sacrifici e loro no. Oltretutto, quelli di Syriza sono “comunisti”, uno straccio rosso che in quei paesi fa’ accecare di rabbia, dove l’antisovietismo è stato facilmente virato in russofobia, come fa’ comodo fra Bruxelles e Washington.
“Noi estoni facciamo economie e viviamo sobriamente”, esclama Merit Kopli, direttore del maggior giornale estone, intervistato dalla AFP. La Lettonia, entrata nella UE nel 2004, nel 2008-2009 ha subito la più grave recessione avvenuta nel mondo, con un tracollo del suo Pil del -25%.
La conclusione è quella di un commentatore francese:
“I paesi più poveri dell’euro hanno fatto molti sforzi per far parte del club, e sono fieri della loro povertà, che li innalza al rango di buoni allievi. E’ una ammissione: per entrare nel campo europeista bisogna accettare la povertà. La Grecia non l’accetta, e allora è lo scolaro cattivo”.
Questi paesi miserabili sono ovviamente la fonte di manodopera a basso costo per la Germania, che così compensa il suo invecchiamento demografico e può svincolarsi dall’immigrazione turca e mantiene, anzi acuisce, la sua “competitività”. Si dice che per una norma della direttiva Bolkenstein (immigrazione temporanea) migliaia di lavoratori di bassa qualifica si affollano alla frontiera all’inizio di ogni mese, lavorano senza interruzione tre settimane, e la quarta ripassano la frontiera e spendono lì il potere d’acquisto guadagnato nella grande Germania. Pesando per tutte le spese sociali, naturalmente, sul loro paese, non sulla casse tedesche.
Torna “l’Ancien Régime”. Peggiorato.
Il fatto che questi miserabili condividano di tutto cuore il giudizio dei loro padroni sui greci, fannulloni che vivono sopra i propri mezzi, non è una stranezza. L’Europa ha conosciuto già questo tipo di atteggiamento: le guardarobiere, le dame di compagnia, i maggiordomi, i valletti in livrea che precedevano la carrozza dei grandi nobili (non a caso chiamati laquais, “lacché”) erano i più forti e convinti sostenitori del sistema nobiliare, ne custodivano l’etichetta più inflessibilmente delle principesse e contesse, condividevano il disprezzo dei granduchi per gli artigiani che supplicavano (invano) d’esser pagati e si rendevano molesti, cacciavano i miserabili che elemosinavano lavoro alle magioni; quando la Rivoluzione cominciò a spiccare le teste delle loro Altezze, non pochi di loro, con commovente fedeltà, ne seguirono il destino fin sotto la forca.
Evidentemente succede in modo ricorrente in ogni società dove vigono estrema diseguaglianza, privilegi, blocco dell’ascesa sociale, eccesso di manodopera non qualificata e precaria, assolutismo. Che a questo ci abbia portato (riportato) l’Unione Europea, dopo due millenni di civiltà e secoli di eguaglianza e lotte sociali vittoriose in Europa, è un interessante scherno. Non era certo così che hanno gabellato ai popoli la moneta comune. Sul web ho trovato un discorso con cui il presidente Jacques Chirac convinceva i perplessi francesi della necessità di entrare nell’euro. “Vi porterà prezzi più bassi, nuove quote di mercato, nuove possibilità d’investimento, e dunque più posti di lavoro…”. I nostri italiani non sono mai stati da meno nel dipingerci le meraviglie a cui avremmo rinunciato se non fossimo entrati nella moneta unica. Adesso possiamo vedere che questi politici erano i valletti, i maggiordomi e i lacché – solo, non del regime antico, ma di quello che avrebbero fatto tornare. E i padroni di cui servono le magioni non hanno nemmeno la cortesia e il valore dei nobili. Sono i banksters, e i parassiti pubblici milionari (in Italia), orribili mostri di volgarità e bassezza.
E’ il destino salariale che ci aspetta tutti
Comunque sia, adesso è chiaro: per restare nel campo europeista bisogna accettare la povertà. L’euro, significa accettare di convergere verso i salari della Bulgaria, Slovenia e Lettonia, per ridiventare competitivi come vogliono lorsignori. L’euro, significa accettare la mancanza di lavoro per i più, la deindustrializzazione, dunque il restringersi tragico di opportunità per chi non è appoggiato da qualhe “famiglia”, i miserabili davanti alle magioni.
Dite che esagero? Forse. Ma sentite questa storia. E’ una mia lettrice quarantenne, quando abitavo a Viterbo mi era venuta a trovare da Roma perché aveva una qualche ambizione giornalistica (ignorando che se non sei figlia di giornalisti o di padroni, nell’Italia attuale questa professione per te non ha posto); collaborava qua e là, sa bene l’inglese, ha fatto la traduttrice. Siccome suo padre aveva un bar (non so se come proprietario), ha fatto anche la barista. Insomma è la persona che nell’Italia che ho conosciuto io – quella della crescita, dell’industria – non avrebbe avuto difficoltà a trovare un lavoro. Ma invece, a Roma, per lei è sempre stato difficile.
Si rifà viva per mail dopo anni, le chiedo se lavora. Risponde:
“No. Con l’ultimo datore di lavoro (società di computer) avevamo pattuito 1000 euro al mese, ne ho presi 1500 in tre mesi. Sto ancora aspettando il salario di giugno, ma sono praticamente spariti, non riesco neanche a parlarci.
Collaborazione pre-elettorale con il candidato sindaco di una cittadina siciliana, sempre tre mesi: 100 euro per 10 comunicati stampa, quattro articoli, tre interviste (nel senso che gli ho scritto le domande e le risposte come se l’intervista fosse avvenuta realmente). L’inverno scorso mia zia da F. mi inviava i pacchi con il cibo dentro. E’ lì che ho cominciato a pensare che se l’avessi fatta finita avrei fatto un favore non solo a me stessa”.
Le dò una rispostaccia, provo a scuoterla. Pochi giorni dopo ricevo un’altra sua mail:
“ Una ci prova, grande centro commerciale, e trova questo: – Oroner, bar caffetteria piano terra cerca banchista max 24 anni nazionalità preferita BANGLADESH COREANA FILIPPINA. Addetta pulizie centro commerciale, richiesta esperienza nella pulizia di negozi (???), disponibilità lunedì e venerdì dalle h. 9.00 alle h. 10.00 (due ore a settimana).
Mango azienda leader fashion retail offre stage full time 6 mesi – 400 euro”
PS – ho provato l’iscrizione ad un sito di aupair per l’estero. Sono stata contattata…da uno scam. Fortuna che ho controllato su internet l’email di contatto. Devi pure fare attenzione a fidarti”.
“Ieri pomeriggio ho provato con una pizzeria al taglio, mi avevano detto che cercavano personale. Sono arrivata tardi, si vede, perché mi hanno risposto “Abbiamo trovato 2 persone, se vuole portare il curriculum per il futuro….” Il curriculum in pizzeria, mi veniva da ridere. Per il futuro spererei di andarcela a mangiare la pizza, non di tagliarcela…ma chi ce l’ha il futuro”.
Come vedete, quelle che vengono offerte nei rari posti di lavoro disponibili in Italia -a Roma capitale – sono già le paghe della Lettonia; il salario minimo può esistere nelle leggi, ma come le “Grida” spagnolesche nella Milano del ‘600: tutti se ne infischiano. Quando poi ti si offrono due ore la settimana per le pulizie di un negozio, siamo già al disotto della Bulgaria.
Invece tipicamente italiota la preferenza etnica: 24 enne Bangladesh, coreana, Filippina. E non vi permettete di dire che “gli stranieri portano via il lavoro agli italiani”. No, questo non lo dicono più nemmeno i leghisti, persino a loro manca il coraggio. Vige ancora questo dettato sindacale, politico e dei privilegiati del regime: “Gli stranieri fanno i lavori che gli italiani non voglion più fare”.
Invece no: adesso, sì, gli stranieri portano via il lavoro che gli italiani sono disposti a fare. Bisogna dirlo.
Piccola nota: quando vado in Svizzera, scopro con rinnovato stupore che spazzini, benzinai, uomini delle pulizie nelle stazioni, sono svizzeri. Telefono a un call center elvetico e ascolto la signora che mi risponde: con un bell’accento ticinese. Pare che anche per i lavori meno qualificati esista una preferenza nazionale. Non creda che ci sia alcuna legge che – nero su bianco – decreti: prima uno svizzero. Certamente no, altrimenti l’Europa avrebbe già denunciato con alti strilli, a qualche tribunale internazionale, la “discriminazione”. E’ che in certi paesi, ci sono intese non scritte nelle leggi. Si chiamano “amor di patria”. O se volete, carità di patria.
Ma torniamo alla persona di cui parlo. Da ultimo ho ricevuto un’altra mail, che segna uno sviluppo drammatico:
“Ieri, per raccontarle l’ultima, mi hanno sequestrato la macchina. Ufficialmente, perché ufficiosamente l’ho portata via io.
Stavo accompagnando mio fratello che andava al lavoro (lavora in un’agenzia SNAI, neanche 700 euro di stipendio mensile, a febbraio avevano promesso il contratto col Jobs Act, bla bla bla…), la macchina avrei dovuto tenerla io per andare a fare la spesa, dove abito senza macchina è praticamente impossibile vivere. Blocco della polizia. Non avevamo l’assicurazione, e non solo perché non riesco a pagarla, ma perché io quella macchina non avrei neanche dovuto averla, dato che è intestata a mia madre (defunta l’anno scorso ndr.), e lo scorso novembre abbiamo fatto la rinuncia all’eredità. Quindi anche volendo non avrei potuto rinnovare l’assicurazione, ma avrei dovuto pagare il “passaggio” da mia madre a me/mio fratello, poi venderla (una micra usata che io ho preso a 1000 euro…) e acquistare un’altra autovettura. Fantascienza, nelle mie condizioni.
Abbiamo provato a spiegare, io con le lacrime agli occhi, mio fratello tremava (lui fa turni notturni, all’una di notte non ci sono mezzi per tornare). Non hanno ascoltato ragione, risultato 1700 euro di multa. Magari averli.
E lo sa perché, in via ufficiosa, mi hanno fatto portare a casa l’automobile? Perché io non avevo i soldi per il carro attrezzi, per loro era una grana, non si poteva lasciare la macchina lì, dunque uno dei due serpico mi ha detto “Signorì, io scrivo che il carro attrezzi l’avete chiamato voi, me ne vado, io non vedo niente…”
Così ho la mia macchina, che credo continuerò ad usare, non per sfida ma per disperata necessità, fino a che non mi arrestano, visto che in queste condizioni c’è il penale”.
Adesso, spero, capite che non esagero. La mia lettrice sarà particolarmente sfortunata, ma temo che siano molti nelle sue condizioni. Ora vedete che il potere pubblico italiano, arraffone ed avido, è molto più insensibile ai poveri, agli sfortunati, ai bisognosi di aiuto, di qualunque Ancien Régime. La sua “giustizia”, i suoi codici, comminano multe che potevano essere pagate quando l’Italia era ancora quella degli stipendi decenti; adesso sono fuori dalle possibilità di un giovane con un contratto precario a 700 euro al mese. E non commento il fatto che un passaggio di proprietà su un’auto usata da mille euro, fra tasse e spese notarili, ne costa almeno 800. Il Fisco italiano non ha ancora preso atto che la torchia tributaria presuppone stipendi, redditi e prosperità che – per troppi – non esistono più.
Quindi, essendo ormai affondati nel nuovo Vecchio Regime euro, non sapendo noi fare la Rivoluzione, rivolgiamo una Supplica a Lorsignori:
“Umilmente ci rivolgiamo alle Signorie Vostre, pregiatissimi Farabutti e Milionari pubblici, esimi Ladri e Dilapidatori di denaro dei bisognosi, per supplicarvi di emanare un necessario provvedimento:
Ordinate, vi preghiamo, ai Vostri Sbirri, Bargelli e Uffiziali che trovassero un Precario o un Disoccupato in violazione di qualcuna delle vostre leggi (la cui durezza voi non sapete neanche cosa sia) di calcolare l’ammontare della sanzione pecuniaria in percentuale al reddito reale del malcapitato. O se – come accade sempre più spesso – il reddito dei malcapitati è da molto tempo pari a zero, vorreste gentilmente sostituire la multa con una semplice bastonatura? Il precedente Ancien Régime faceva così, con reciproca soddisfazione del bastonatore e del bastonato; chè almeno, era gratis”.