dottor Paolo Gulisano
È la prima volta che a un farmaco viene allungata di tre mesi la data di scadenza. Ma è successo col vaccino Pfizer. Eppure la data di scadenza dei medicinali è proposta dalla ditta ed è autorizzata da AIFA o EMA in base a studi di stabilità condotti su ogni farmaco. L’importanza del rispetto della data di scadenza è legato alle impurezze di degradazione contenute nel medicinale, che, se presenti in quantità superiore a certi limiti, potrebbero anche mettere a rischio la vita della persona.
Nei giorni scorsi la società di analisi e informazione scientifica britannica Airfinity aveva lanciato l’allarme: oltre 100 milioni di dosi di vaccino anti Covid già acquistate dai Paesi occidentali saranno inutilizzabili a fine anno. Un esubero che nel nostro Paese riguarda in particolare i vaccini a vettori virali, AstraZeneca e Johnson&Johnson, messi da tempo fuori gioco nella campagna vaccinale dalle scelte politiche che hanno ampiamente favorito i vaccini a mRNA. E proprio il colosso dei trattamenti genici, Pfizer, ha trovato una incredibile soluzione per evitare che il suo mitico Comirnaty possa finire nei rifiuti: è stata semplicemente allungata di tre mesi – oltretutto retroattivamente – la data di scadenza del vaccino. È la prima volta che accade un fatto del genere.
L’ultima versione del Foglio illustrativo del vaccino Comirnaty di Pfizer – scaricabile dal sito Aifa – con data 25 settembre 2021, – riporta ancora che le dosi di vaccino non devono essere usate dopo la data di scadenza indicata sul flaconcino. Due giorni dopo, 27 settembre, esce una nota della Pfizer che ne prolunga l’uso per inoculazione di tre mesi oltre la data di scadenza.
Forse ci sono nuove evidenze scientifiche che giustifichino questa decisione? Nella nota e nel sito dell’azienda non c’è traccia: si può andare a controllare a pagina 30 del Foglio illustrativo di Comirnaty del 25 settembre scorso. Insomma, si direbbe che l’unica giustificazione a questa decisione inaudita nella storia della farmacologia di modificare la scadenza di un farmaco in commercio, sia dovuta unicamente all’esigenza di non buttare le scorte in eccedenza nei centri vaccinali italiani, evitando al Generale Figliuolo e al Ministro Speranza la situazione imbarazzante di chi dovrebbe giustificare ai contribuenti italiani perché sono state sprecate ingenti risorse per dosi in eccedenza e per vaccini della cui scadenza non si è tenuto debitamente conto nella programmazione della campagna. Così si è giunti a quello che agli occhi di molti sembra essere un vero e proprio gioco di prestigio: spostare – con un tratto di penna – la data di scadenza.
Pensiamo cosa succederebbe se un supermercato dovesse usare questo escamotage quando ha i congelatori pieni di surgelati in scadenza. Ma a far seguito a questa decisione, non abbiamo avuto alcuna reazione da parte delle associazioni dei consumatori, della polizia annonaria, degli ispettori del Ministero della Salute, dei giornali che non si fanno certo pregare per annunciare i sequestri di barattoli di confetture scaduti da qualche settimana. In questo caso l’acquiescenza è stata totale. Eppure, il tema delle date di scadenza di un farmaco è uno dei più importanti in merito alla sicurezza delle persone che ne fanno uso. La data di scadenza di un farmaco è la data entro cui è possibile utilizzarlo. È indicata sulla scatola esterna e sul contenitore del medicinale, e così è anche per il vaccino della Pfizer.
La data di scadenza dei medicinali è proposta dalla ditta che mette in commercio il prodotto, ed è autorizzata dalla Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) o dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) in base a studi di stabilità condotti su ogni farmaco. I metodi utilizzati per svolgere questi test sono regolati da linee guida internazionali. Dopo la data di scadenza: le sostanze contenute nel farmaco potrebbero subire delle modificazioni chimiche, con conseguente formazione di prodotti potenzialmente tossici per l’organismo. Questo fenomeno è detto degradazione e i prodotti che si possono formare sono detti impurezze di degradazione, la quantità di principio attivo potrebbe diminuire, con perdita dell’efficacia del farmaco stesso.
Le impurezze di degradazione contenute nel medicinale, se presenti in quantità superiore a certi limiti, potrebbero anche mettere a rischio la vita della persona, ad esempio in seguito ad una reazione allergica. Per questo motivo, l’impiego di medicinali dopo la data di scadenza è una pratica da non seguire.
L’importanza cruciale del rispetto della scadenza è sottolineato dalla stessa AIFA nel suo sito: “La data di scadenza dei medicinali non è la mera conseguenza di considerazioni arbitrarie o di logiche di tipo commerciale, ma scaturisce da evidenze scientifiche. È infatti il risultato di una valutazione basata sugli studi di stabilità condotti sui farmaci. I metodi utilizzati per svolgere questi test sono standardizzati e regolati da protocolli riportati nelle linee guida internazionali ICH che vengono seguite in Europa, Stati Uniti e Giappone. Gli studi di stabilità condotti dalle aziende farmaceutiche sono riportati in specifiche sezioni del dossier che accompagna la registrazione di un farmaco e che viene sottoposto ad AIFA per la concessione dell’Autorizzazione all’immissione in commercio. Il periodo di validità di un medicinale (che porta alla definizione della data di scadenza) è quindi autorizzato sulla base della valutazione compiuta dagli esperti dell’Agenzia sui valori (numeri e parametri ben precisi) derivanti dagli studi. Stesso discorso vale anche per le condizioni di conservazione autorizzate, che sono solo quelle per le quali esistono elementi a supporto”.
È quindi impensabile spostare la data di scadenza autorizzata, eppure è stato fatto. Oltretutto per un prodotto molto particolare come un vaccino mRNA. I ricercatori che utilizzano l’mRNA per studi in vitro e in vivo, ci insegnano che questa molecola – che è alla base del principio attivo dei vaccini di Pfizer e Moderna – è delicatissima e soggetta alla degradazione progressiva nel tempo.
Anche se crioconservata, la sua integrità decade progressivamente dando origine a prodotti di frammentazione della sequenza ribonucleotidica i cui effetti sulle cellule non sono prevedibili a priori e richiederebbero uno studio sistematico sulle loro conseguenze e i possibili, eventuali rischi. L’uso di mRNA non integro è sempre stato fortemente sconsigliato in ogni esperimento su colture cellulari o in animali da laboratorio in quanto i risultati ottenibili non sarebbero equiparabili a quelli dell’impiego del corrispondente mRNA integro. É pertanto assolutamente necessario osservare scrupolosamente i princìpi prudenziali previsti dalle normative vigenti, assoggettare ad essi questa campagna vaccinale che ha già presentato fin troppe criticità.