Roberto Marchesini
Dopo la decisione della Corte costituzionale di proibire l’aborto eugenetico da diversi giorni i polacchi assitono a manifestazioni violente: chiese profanate e strade prese d’assalto. Un vero e proprio caos, alimentato da una regia occulta che organizza via sms la protesta e dagli immancabili finanziamenti espliciti di Soros.
L’avevamo scritto qualche giorno fa: la Polonia non ha più una legge che permette l’aborto. Quella del 1993 è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale. Sicuramente per colpa dell’estensore dell’articolo, ma credo che in Italia non si sia colta la portata mastodontica della notizia. È stata colta sicuramente, invece, altrove: la reazione è stata violenta e massiccia.
Da diversi giorni i polacchi assitono a manifestazioni dai toni aggressivi e volgari, spesso violenti. Le chiese sono profanate, imbrattate di rifiuti o graffiti con il simbolo della protesta: un fulmine rosso. Mercoledì sera, il Consiglio Permanente dell’Episcopato Polacco ha emanato un appello “Per la tutela della vita e della pace sociale” che recita: «Osserviamo con grande dolore l’escalation della tensione sociale e dell’aggressività. Anche il linguaggio volgare usato da alcuni manifestanti, la distruzione dei beni sociali, la devastazione di chiese, la profanazione di luoghi sacri o l’impedimento a svolgere in essi la liturgia sono inquietanti. Chiediamo a tutti di impegnarsi in un dialogo sociale significativo, di esprimere le proprie opinioni senza l’uso della violenza e di rispettare la dignità di ogni essere umano. In questo drammatico momento chiediamo ai politici e a tutti i partecipanti al dibattito sociale di analizzare a fondo le cause della situazione che si è venuta a creare e a cercare vie d’uscita nello spirito della verità e del bene comune, senza strumentalizzare le questioni della fede e la Chiesa. Ringraziamo i sacerdoti e tutti i fedeli laici che difendono con coraggio le loro chiese. Nessuno può difendere la Chiesa e gli oggetti sacri meglio della comunità dei credenti. Ringraziamo anche le forze dell’ordine. La Chiesa vuole rimanere aperta a tutti, indipendentemente dalla loro appartenenza sociale e politica». Sì, avete letto bene: i sacerdoti e i laici stanno difendendo fisicamente le chiese dagli attacchi dei manifestanti. Purtroppo ci sono stati alcuni feriti piuttosto gravi, tra i quali un ragazzo colpito alla testa con un manganello telescopico.
Per quanto possa sembrare strano, diversi ambienti polacchi stanno solidarizzando con i manifestanti. In televisione si assiste continuamente allo sfoggio di fulmini rossi dipinti sulle mani e sulle braccia delle soubrette; le calciatrici della nazionale polacca sono scese in campo, nella partita contro la Moldavia, con braccialetti con il simbolo della protesta. La banca mBank (appartenente alla tedesca Commerzbank) ha realizzato un video di sostegno alle manifestazioni intitolato «Wspieramy» (Noi sosteniamo); il quotidiano liberal Gazeta Wyborcza, di George Soros, ha annunciato che finanzierà le prossime manifestazioni. Dunque, Soros e una banca tedesca stanno alimentando economicamente le proteste contro il PiS di Kaczyński e contro la Chiesa cattolica polacca. Ma non basta.
Il giornalista Łukasz A. Jankowski ha scritto un tweet che recita: «Probabilmente è una semplice coincidenza, ma a Varsavia è arrivato un gruppo di antifa tedeschi. In effetti, è una vecchia tradizione che i tedeschi, sotto le insegne della Hitlerjugend [il fulmine] insegnino ai polacchi la libertà civile». Una informazione simile è arrivata alle orecchie del deputato Robert Winnicki che, in un tweet, scrive: «Diverse fonti hanno fornito informazioni sulle milizie anarchiche tedesche che si stanno dirigendo in Polonia su invito della sinistra». Ci sono anche altri pesanti indizi che fanno escludere una spontaneità nelle manifestazioni che si svolgono con lo slogan Strajk Kobiet (sciopero delle donne).
Moltissimi giovani hanno infatti ricevuto, sul loro telefono cellulare, sms che spiegano dove si svolgeranno le prossime manifestazioni spontanee, come vestirsi (di nero) e come reagire in caso di fermo o arresto: «Molti di noi scenderanno in piazza nei prossimi giorni per partecipare a raduni spontanei e alla disobbedienza civile. Pertanto, vorremmo ricordarvi le più importanti informazioni anti-repressive: 1. Non dichiaratevi colpevoli dei presunti atti. 2. Rifiutatevi di fornire spiegazioni. 3. Non siete tenuti a firmare nulla. 4. Avete il diritto di contattare l’assistenza legale».
Finora non si è riusciti a capire chi sia l’inviante anonimo, né come abbia avuto i numeri di telefono di tutti quei giovani (molti dei quali perfettamente estranei alle manifestazioni). Molti giovani di Cracovia hanno ricevuto sms che spiegavano loro come attrezzarsi: non farsi riconoscere (nascondere i tatuaggi, raccogliere i capelli), ridurre gli effetti di un eventuale uso di gas (indossare occhiali al posto delle lenti), vestirsi di nero (per essere meno visibili di notte). Il luogo del ritrovo è stato fornito solo una dozzina di minuti prima, in modo da cogliere impreparata la polizia. Insomma, tutto fa pensare a una regia potente, esperta e collocata al di fuori della Polonia. Qualche commentatore bisbiglia una terribile parola: Maidan. A me, piuttosto, tornano in mente le recenti immagini delle violenze delle manifestazioni del movimento Black Lives Matter (BLM). Ma non solo.
L’anno scorso è uscito il film Joker, del regista Todd Phillips. Una pellicola della quale si è parlato molto, anche se si fa fatica a capire perché. D’accordo, il cast era di ottimo livello, così come la fotografia, le luci… Tuttavia, il film che avrebbe dovuto spiegare le origini dell’antagonista di Batman era piuttosto oscuro e confuso. La trama non era granché e, in fondo, più che la storia di un super criminale sembrava la storia di un poveraccio contro il quale la sorte si era accanita in modo particolarmente atroce. Povertà, disoccupazione, disagio mentale, solitudine e una vita piena di frustrazione. Ma, verso la fine del film, ecco che tutta questa sorda sofferenza trovava uno sbocco, uno scopo. Non la redenzione, né un contatto umano: nessun lieto fine. Piuttosto, il caos.
Una folla di persone frustrate, come e più del protagonista, scende per le strade e si dà a una violenza cieca e senza senso: vetrine infrante, furti, auto e immobili danneggiati. Nel film non sembra esserci molto altro se non questo sbocco nella violenza della frustrazione. Nemmeno un anno dopo abbiamo rivisto quelle scene, quelle stesse identiche scene, durante i disordini del BLM. Ora, in Polonia. Curiosa preveggenza, da parte di un film fumettistico…