di Roberto PECCHIOLI
“Mister Bond, c’è un detto a Chicago: una volta è casualità, due è coincidenza, tre volte è un’azione nemica. “Così disse Goldfinger all’Agente 007, geniale invenzione di Ian Fleming diventata mito cinematografico. Iniziamo con leggerezza una riflessione “pesante”. E’ l’ora di prendere molto sul serio la “cultura della cancellazione” che avanza da ogni parte. Non è solo un’operazione di potere o un depistaggio: si tratta di un preciso progetto di dominazione a lungo termine, il cui mezzo principale è la riconfigurazione antropologica dell’umanità. I suoi banditori sono un pugno di personalità eccezionali afflitte da sociopatia e delirio di onnipotenza. Il loro obiettivo – nientemeno – è rifare l’uomo e il mondo. Una nuova creazione, nel presupposto che quella “vecchia” sia sbagliata, imperfetta, incapace di rispondere alle aspettative non dell’uomo, ma di una minuscola porzione di umanità: loro, gli eccelsi, gli illuminati.
Ce ne siamo convinti osservando le mosse e le azioni di personalità come Elon Musk, Jeff Bezos, Bill Gates. Si tratta indubbiamente di geni, individui di superiore intelligenza scientifica e pratica, accomunati dalla ferrea volontà di rovesciare il mondo, sino a rifarlo da capo a piedi. Bezos ha capovolto il commercio mondiale, diventando l’uomo più ricco del mondo, ma il suo sogno è colonizzare lo spazio. Elon Musk, il visionario della scienza, l’uomo delle auto elettriche, colui che realizza le straordinarie intuizioni di Nikola Tesla, il genio scientifico e tecnologico serbo, ha obiettivi simili. Bill Gates, attraverso i vaccini, inaugura l’era che oltrepassa il biopotere (Foucault), penetrando nel territorio sinistro della biocrazia, ossia il totale dominio sulla vita.
Attraverso preparati misteriosi, inocula nei corpi “vili” sostanze destinate a immunizzare da un virus, oppure c’è dell’altro? Sta forse tentando di modificare il DNA umano, o di introdurre negli organismi sostanze per scopi che conoscono solo lui e pochi illuminati, i padroni dell’officina gnostica? Tra le ricerche che finanzia, vi sono tecniche per “oscurare” il sole al fine di raffreddare la temperatura della Terra. Un altro “illuminato” è George Soros, il finanziatore di ogni movimento e idea tendente a ribaltare l’ordine naturale delle cose. Altri (ma, infine, sono sempre gli stessi…) diffondono da Davos, la montagna incantata che funge da laboratorio di Vulcano, lo slogan di domani: non avrai nulla e sarai felice. Io, tu, noi, voi, ma non “loro”!
E’ ormai evidente: Prometeo si è scatenato, ha rubato il fuoco agli dèi, ha aperto il vaso di Pandora e si è fatto Dio. Scimmia di Dio, naturalmente, giacché codesti sociopatici dall’elevatissimo Q.I (quoziente d’intelligenza) non sono che uomini. Siamo certi che è quello il loro cruccio più grande: ossessionati dalla (loro) morte, lavorano a superare l’umano per transitare nel transumano. Ibridare uomo e macchina per andare oltre se stessi. Per dirla con Dante, danno “ali al folle volo”. Hanno superato anche Faust. Nessun patto con Mefistofele; Prometeo lavora in proprio, non conosce demoni né déi: li sostituisce.
Hanno capito che per cambiare l’essere umano occorre agire sulle paure ancestrali. Per questo hanno risvegliato, sostenuti dalla pandemia (aiuto insperato o atto criminale?) il terrore del contagio, l’odio per l’Altro, homo homini lupus, ma innanzitutto “virus” l’altro uomo, nemico misterioso e invisibile portatore di morte, da tenere a distanza. Naturalmente, evocano anche, attraverso la scienza e la tecnica- i loro Demiurghi- la salvezza, le gocce di pozioni miracolose. Hanno bisogno di parole d’ordine che possano unire l’umanità attorno a obiettivi generici, creduti per coazione a ripetere: ecco pronta l’ideologia del clima. La potenza dell’uomo è talmente grande che in pochi anni ha modificato in peggio il clima. Piromani e pompieri uniti nelle stesse persone: schizofrenia.
Il mito indimostrato del riscaldamento globale “antropico” funziona egregiamente, altra cosa rispetto all’inquinamento o ai gas a effetto serra, ma la confusione è alimentata ad arte. Con altrettanta potenza “umana”, poiché Prometeo maneggia e manipola il fuoco che ha rubato a Zeus, cambieranno il clima. E’ fin troppo chiaro il sogno di onnipotenza, l’estraneità radicale nei confronti degli altri uomini. Spaventa non solo il progetto, ma anche il materialismo totale che professano; per loro Dio non è morto, ha solo cambiato nome: il loro. Rifanno la creazione, riformulano le leggi della natura (vita e morte, maschio e femmina: anticaglie), oscurano il sole. Non hanno più bisogno, come Mefistofele – un diavolo all’antica – di comprare le anime: le aboliscono. Non sono affatto come lui, “lo Spirito che sempre nega”, ma il contrario, la materia che afferma e trionfa.
Prometeo ha rubato il fuoco agli dèi, ora il problema è che cosa farne. L’intero mondo, la natura, il creato, l’uomo, vanno “resettati” e ricostruiti daccapo. Non è il primo millenarismo che si affaccia alla ribalta della storia, ma è il più potente. Hanno penetrato molti segreti della natura: gli alchimisti postmoderni possono trasformare il ferro in oro, ma non è questo il loro fine. Sbaglia chi pensa che la nuova oligarchia tecno-scientifica e finanziaria punti alla ricchezza. Innanzitutto, ce l’ha già, poiché è riuscita a monopolizzare la creazione del denaro. Inoltre, sanno meglio di noi che il denaro è solo un mezzo; il fine è un dominio così grande che si trasforma in creazione.
Per questo, è parziale e sbagliata la ricostruzione della “cultura della cancellazione “in chiave esclusivamente nichilistica e vendicativa del passato, della civiltà “bianca” e europea. Non è un caso che i distruttori, gli iconoclasti, chiamino se stessi “woke”, i risvegliati. Prometeo ha bisogno di allucinati “risvegliati” poiché il suo compito non è solo distruggere. Il principio è sempre lo stesso della vecchia alchimia “solve et coagula”, dissoluzione e ricomposizione su nuove basi. E’ anche l’obiettivo finale della massoneria iniziatica: ordo ab chao, ordine dal caos. Chi incendiò la biblioteca di Alessandria, o chi, in tempi più recenti, ha distrutto Palmira e raso al suolo il Budda di Bamiyan voleva “solo” cancellare le vestigia di civiltà avverse. L’obiettivo della Scimmia di Dio è più raffinato: è l’intera creazione, è l’uomo tutto intero che deve essere trasceso, superato. Egli non è altro che una massa biochimica, una macchina imperfetta, un meccanismo che può e deve essere resettato, manipolato, modificato.
Non si può non vedere la secolarizzazione radicale, il culto della potenza slegato dai limiti, lo scientismo “tecnico” nel quale perde significato la nozione stessa di uomo. L’uomo deve cessare di interrogarsi su se stesso e sull’Essere: ci pensa Prometeo. Hanno prodotto un impressionante salto all’indietro, una regressione di trenta secoli, dal Salmo ottavo della Bibbia, l’idea dell’uomo, fragile canna al vento, ma unico essere in grado di “comprendere la creazione”, come osservò Blaise Pascal.
Nel tempo del virus, hanno tirato a riva le reti da lungo tempo gettate. Ad esempio spostando la vita dal terreno del bìos (spirito, corpo, anima, autocoscienza) a quella di zòe, la mera sopravvivenza biologica a cui sacrificare tutto, libertà, diritti, dignità, principi: non commensurabili, dunque insussistenti entro la cornice del materialismo estremo. Contemporaneamente, hanno lavorato per rendere popolare, addirittura desiderabile, la morte. La nostra, sia chiaro, non la loro. La “buona morte “postmoderna si chiama eutanasia e non consiste nel prepararsi al trapasso, depurare l’anima dalle passioni e avvicinarla a una dimensione ulteriore. No, si tratta di farla diventare l’unica via d’uscita dinanzi alla sofferenza, alla malattia, alla disabilità, al tedio di vivere, alla decadenza. L’eutanasia diventata legge in alcuni paesi – altri seguiranno a breve- è stata accompagnata da applausi scroscianti: un feroce inno al nulla, l’inveramento banalizzato del “vivere per la morte” di Heidegger.
Lo ha spiegato splendidamente un intellettuale francese, per di più ateo, Michel Houellebecq. Il principio dell’eutanasia fatta legge costituisce una rottura antropologica senza precedenti. Una civilizzazione che legalizza la morte procurata perde ogni diritto al rispetto. Hanno ribaltato il significato delle parole: parlano di compassione e di dignità sostituendo l’essere fisico all’essere morale che è (dovrebbe essere) l’uomo. Per Houellebecq, “una volta raggiunta un certa situazione di degrado fisico, finirò con il convincermi di non avere più alcuna dignità”.
Che ne è della persona umana, non diciamo della scintilla divina che ha in sé, ma semplicemente del suo statuto di creatura senziente e morale? L’uomo (occidentale) accetta di sparire- come razza, come civiltà, come soggetto individuale- applaude la sua propria morte in nome del non-dolore, della non-sofferenza. Morte come soluzione alle “non-vite”. E pensare che la modernità fu inaugurata, nella costituzione americana, all’insegna della “ricerca della felicità”. Sfugge l’immensa dissonanza cognitiva tra zòe, la pura vita a ogni costo e l’”essere-per-la-morte” il cui simbolo è l’eutanasia, la morte legale. Segno che avanza il progetto di umanità zoologica e zootecnica pensato da Prometeo.
L’ incultura della Scimmia di Dio è peggiore del marxismo più bieco. Per il bolscevico Georgij Pjatakov, il vero rivoluzionario, se il Partito lo esige, è disposto a credere che il nero è bianco e il bianco è nero. Anche su questo punto, l’allievo (la sedicente “società aperta”) ha superato il maestro. Attraverso il linguaggio politicamente corretto, con l’espediente di non arrecare offesa, è proibito chiamare cose e concetti con il loro nome sino all’assurdo logico di non credere ai propri occhi, che vedono bianco e dicono nero. Molto peggio della religione secolare comunista, che si limitava ad affermare il contrario della verità: mentiva sapendo di mentire. Prometeo vuole che crediamo fermamente nella menzogna: è una differenza qualitativa di portata immensa.
Prometeo sa che, per quanti sforzi faccia, una certa dose di spiritualità rimane radicata nell’uomo. Per questo l’ha sostituita con la truffa dell’”energia”, generici spiriti cosmici o primordiali, riuscendo ad infettare anche la Chiesa, che ha smesso di guardare in alto. Assomiglia a quel che resta delle popolazioni zingare (pardon rom) e indiane (nativi americani): spogliate della cultura d’origine, deprivate della loro dignità, ridotte a fantasmi nelle riserve e nei carrozzoni, tra sporcizia materiale e nullità spirituale.
Ha ragione chi denuncia lo scenario di mercificazione- riduzione a cose – del turbocapitalismo, disegnato da Prometeo con l’applauso fragoroso delle ossessioni orwelliane, poliziesche e censorie del progressismo terminale. Certo, hanno bisogno di un tipo umano privo di identità, di ragione, di pensiero, il consumatore, lo schiavo soddisfatto, il servo della gleba chiuso in gabbia. Ma la spiegazione non è sufficiente, come non basta opporsi alla cultura della cancellazione, alla volontà di impotenza diffusa nelle fibre più intime del nostro animo. La domanda corretta, ci sembra, preso atto che il progetto è biocratico- il dominio totale sulla vita – dunque criminale, è perché hanno scelto proprio noi come cavie per il progetto di annientamento dell’uomo 1.0 e la sua sostituzione con una specie animale docile, istintiva, non pensante? Perché hanno tanta cura di sostituire le identità comunitarie e collettive, le tradizioni spirituali e quelle materiali, con una miriade di rancorose minoranze l’una contro l’altra armate, chiuse e totalitarie?
La risposta è complessa, ma può essere riassunta in una constatazione: la civiltà europea è quella che ha “inventato” l’individuo, la coscienza che diventa “persona”, il patto tra l’uomo e un essere che lo trascende e gli è sovraordinato, che ha chiamato Dio. E’ l’unica civiltà davvero “umanistica”, in cui, come i cerchi concentrici che si allargano nell’acqua quando vi gettiamo un sasso, l’uomo riconosce se stesso in varie identità complementari. Si è uomini e donne, lavoratori, membri di una famiglia, di una città e di una nazione, di una religione, di corpi intermedi e gruppi di interesse che, armonizzati, costituiscono la comunità più grande, Stato e civiltà.
Meglio negare la “persona”, ovvero l’autocoscienza, il senso del Sé, e poi scindere l’individuo da se stesso, scegliendo un pezzetto della nostra identità per farne l’Unico, il rabbioso angolino di noi stessi che diventa la paradossale “totalità per sottrazione”. Non sono più un italiano, di sesso maschile, con una famiglia, un padre, dei figli, un lavoro o professione, dei principi e dei legittimi interessi, ma devo essere “soltanto” un pezzetto di me stesso, attraverso l’enfatizzazione di un’unica caratteristica, l’orientamento sessuale, il genere, l’etnia, l’appartenenza a qualche gruppo, meglio se oppresso – oggi, ieri o nella preistoria- le propensioni del consumo. Insomma, “dividuo”, la scissione dell’intero.
L’impresa, in altre civiltà, è più semplice. Negli Orientali, ad esempio, è più vivo il senso della totalità (lo ying e lo yang), ma anche una lunghissima tradizione di dispotismo e di obbedienza. Le culture impregnate dall’islamismo si comporteranno in base ai dettami coranici e all’interpretazione che ne daranno i capi religiosi. Solo l’Europeo vive di pensiero critico, di complessità, di discussione, lui ha inventato i “diritti”. Sconfitta la sua civiltà, il gioco è fatto.
La Scimmia di Dio lo sa bene perché proviene dalla stessa radice. Strano che gli alfieri della cultura della cancellazione della civiltà “nostra” siano a loro volta maschi bianchi eterosessuali. Sono molto colti, non solo molto intelligenti. Per la loro creazione, hanno bisogno di annichilire una specifica forma di cultura: quella classica europea e occidentale. Tutto il resto è alibi e imbecillità diffusa per gli stolti, gli ingenui, i non-pensanti. Prometeo sa che noi siamo il suo nemico, quelli che, fin dai tempi della Grecia, lo hanno incatenato dopo che si era liberato e aveva rubato il fuoco a Zeus. Prometeo sa che abbiamo inventato la filosofia, cioè la libera riflessione, che abbiamo preferito la ragione all’irrazionalità, Apollo a Dioniso, lo spirito alla materia, e definito come bene la virtù, l’ordine morale, il dominio di sé, la legge, la giustizia, il dovere.
Siamo insomma quelli che possiedono gli strumenti culturali per smascherare i suoi inganni. L’homo sapiens non vuole regredire a semplice animale dalla stazione eretta e con pollice opponibile. Ugualmente, spaventa la riduzione a specie d’allevamento e il suo apparente contrario, l’appendice della macchina digitale governata da remoto, dalla Matrix delle Scimmie di Dio. Ecco allora giustificate le censure a Aristotele (schiavista!), alla fisica e alla matematica (troppo assertive, precise, con la pretesa di definire un’operazione giusta o sbagliata, oltretutto “bianche”). Newton era colonialista e le sue leggi della meccanica sono vere, ma “ingiuste” perché enunciate da un maschio bianco eterosessuale credente in Dio. Addirittura, in spregio all’idea di individuo/persona responsabile delle sue azioni, ma solo di quelle, si pretende che l’uomo bianco si inginocchi per i “crimini” dei suoi antenati, le cui colpe sono inespiabili, imprescrittibili, ereditarie, anche se non si considera più tale, giacché l’eredità, ovvero la trasmissione dei valori, è stata abolita. Ma solo per i “bianchi “!
La “volontà d’impotenza” ci è stata impiantata a forza: non vi è nulla di più innaturale che odiare se stessi. Eppure l’oicofobia (odio di sé) è diventato la caratteristica principale di quel che resta della nostra civilizzazione. Odio etnico, innanzitutto: sono riusciti a farci odiare persino il nostro aspetto e il colore della nostra pelle! E poi odio “civile”, la convinzione che una storia gloriosa e tre volte millenaria sia un cumulo di violenze e malefatte. Odio anche per il nostro sesso naturale: se maschio, in quanto violento, stupratore, prevaricatore. Se donna, perché porta in sé la maternità, il potere immenso e primigenio- quello sì, davvero divino – di dare la vita. Senza questo folle autolesionismo, noi non daremmo retta a Prometeo e riconosceremmo facilmente la Scimmia di Dio, tenendola lontana. Odio culturale, come se l’apporto enorme, infinito, della nostra civiltà, della nostra razza, della nostra tradizione spirituale fosse la sentina di ogni male del mondo.
Tutto questo per l’unica ragione che la cultura, la civiltà, la visione del mondo di questa parte del mondo ha in sé le forze, gli anticorpi, i filtri per dire no a Prometeo, per farsi domande e darsi risposte, ovvero tutto ciò che fa di un essere umano una Persona.
Nel Macbeth, la tragedia del potere e della volontà di dominio, il motore della vicenda non è Lady Macbeth che istiga il marito ad inseguire il sogno della corona. Sono le tre streghe, le cui parole esprimono il precipizio a cui conduce rovesciare la verità e la natura: “brutto è il bello, e bello è il brutto.” E fuggono “su, per la nebbia e l’aria unta.”. Tuttavia, Shakespeare deve essere censurato. Scuse ce ne sono in abbondanza: era razzista (Otello è “il Moro di Venezia”), antisemita (Shylock), maschilista (La bisbetica domata), odiava i disabili (Calibano nella Tempesta, Riccardo III lo storpio, malvagio assoluto). Meglio cancellare anche il bardo. Con lui, siano vietati Kant e Platone, la grammatica – un’imposizione “etnica”- i greci che odiavano l’arroganza, la hybris di Prometeo e, come no, quello strano palestinese crocifisso che assegnava un’anima individuale a ciascun uomo e proclamava che è la verità a rendere liberi, non il consumo, il pasto o il piacere immediato.
Odiano la conoscenza, la cultura, la critica, il pensiero. Perché li smaschera, perché li deride, perché, alla fine, ogni pensiero è sempre critica, giudizio. La scimmia di Dio, il Prometeo postmoderno sembra potentissimo e nell’immediato lo è. Ma la sua presunta onnipotenza porta in sé i germi della caduta. Cadrà come un Lucifero invertito. L’angelo voleva essere luce al posto di Dio, Prometeo vuole spegnere il sole. Non ci riuscirà; la scimmia di Dio può vincere oggi, al massimo per una generazione, l’ultima dell’occidente, grottesco punitore di se stesso. Non di più: la sua sottocultura di morte finirà con il regnare sul Nulla. Anche per Prometeo, alla fine, arriverà la sera del dì di festa, “a pensar come tutto al mondo passa, e quasi orma non lascia”.