Pierre Moscovici, il Kommissario, ha twittato: “Vi piaccia o no, non ci sono paradisi fiscali in Europa, ma senza dubbio ci sono paesi che incoraggiano all’eccesso l’ottimizzazione fiscale. Caricatura e riflesso pavloviano anti-europeo non bastano a fare una verità. Né una buona politica”.
Que ça vous plaise ou pas, il n’y a pas de paradis fiscal dans l’UE, mais sans aucun doute des pays qui encouragent à l’excès l’optimisation fiscale. Caricature et réflexe pavlovien anti- européen ne suffisent pas à faire une vérité. Ni une bonne politique
Ecco a voi l’isola di Jersey: è uno dei maggiori esportatori mondiali di banane. In quest’isoletta della Manica, fra la Normandia e l’Inghilterra, il miracolo non deve niente al riscaldamento globale, e tutto a ciò che Moscovici ha chiamato ottimizzazione fiscale: grazie a cui le banane seguono due circuiti. Uno fisico, per nave, dall’America Latina verso i paesi di consumo; l’altro, contabile, contempla fatturazioni che transitano per le Cayman, il Lussemburgo, l’Isola di Man, l’Irlanda e Jersey, appunto. Ai paesi bananieri – che non sono fra i più ricchi del mondo – sfuggono così profitti e introiti fiscali.
https://www.lemonde.fr/economie/article/2013/06/10/les-bananes-de-jersey_3427100_3234.html
E che dire di quella vera potenza industriale che si chiama Irlanda? Se pensate che in Europa il più grande esportatore di beni e servizi sia la Germania, bisogna correggervi. Se la Germania esporta beni industriali e servizi per 35 mila euro per lavoratore occupato, e la Francia e il Regno Unito esportano per 22 500 euro per ogni lavoratore occupato, in Irlanda ogni lavoratore esporta per 151 mila euro di beni e servizi. Sembra che l’isola di smeraldo sia abitata da centinaia di migliaia di Stakanov, intenti a superare tutte e quote di produzione; cosa di cui forse gli irlandesi sarebbero i primi a stupirsi, visto che nel paesaggio non appaiono quelle centinaia di fabbriche per occupare tutti gli Irish Stakanov, anzi: dal 2000 al 2015, l’occupazione industriale in Irlanda è scesa del 22,1%, non molto meglio della italiana (25%) e francese (-23,9) la germanica è diminuita molto meno, ma diminuita (-3,4%).
Eppure le cifre di Eurostat sono lì a confermarlo: l’export irlandese è cresciuto del 65,7% solo fra il 2013 e il 2015, le esportazioni che erano meno di 160 miliardi fino al 2009, sono diventate 317, quasi quanto l’export dell’intera Spagna.
Nel 2015, quando l’economista David Cayla (Università di Angers), constatato che la crescita ufficiale del Pil irlandese era stata del 26,3 % secondo Eurostat, mentre quasi tutti gli altri paesi stagnavano, chiese ai tecnocrati di Eurostat se credevano ai dati irlandesi, ebbe una risposta piccata: certo, “Eurostat è una organizzazione seria”. Del resto, dalle statistiche europee, c’è uno Stato che ancor più dell’Irlanda manifesta titanici volumi di esportazione e produzione di beni e servizi: il Lussemburgo, notoriamente diventato una formidabile potenza manifatturiera sotto le cure dell’industrialista Juncker.
La cosa è spiegata da David Cayla così. Una società tedesca o francese che voglia pagare meno tasse, apre una filiale in Irlanda. Dopodiché, vende i suoi prodotti sottopresso alla sua filiale irlandese e così fa sparire i suoi profitti in Francia o Germania. La sua filiale irlandese poi venderà ad altra filiale in Francia o Germania al doppio del prezzo: così i profitti sono trasferiti in Irlanda, dove godono di una tassazione immensamente inferiore che nel resto d’Europa. “E questa operazione non genera nessun costo logistico, dato che le merci mica vengono fisicamente trasportate; sono solo operazioni contabili”.
Ad agosto, la Kommissaria alla concorrenza Vestager [quella che ha rovinato varie banche italiane vietando “aiuti di Stato” che non lo erano] ha condannato Apple a rimborsare oltre 13 miliardi di euro al governo dell’Irlanda, a causa della fiscalità ridicolmente debole di cui Apple gode dal 1991 – al disotto persino del tasso ufficiale già basso: un “aiuto di Stato” opposto e masherato, per la multinazionale. Il punto è che il governo irlanese ha fatto ricorso contro la decisione: non vuole quei 13 miliardi. Gli conviene rinunciarvi, e perchè?
“Perché”, spiega Calya, “ormai l’intero modello economico dell’Irlanda è basato sul dumping fiscale, sulla concorrenza basta sulle esenzioni tributarie. Perché anche questo paese è stato investito in pieno dalla maledizione che ha colpito i paesi periferici della zona euro, che hanno visto scomparire la loro capacità industriale via via che si è approfondita l’integrazione economica europea”
E’ il Libero Mercato, ragazzi. Perfezionato dall’ordoliberismo. E’, come ha appena enunciato Nathalie Loiseau, ministra di Macron per gli affari europei, “un’Europa delle libertà che protegge i nostri valori, la nostra democrazia. Un’Europa che veglia sul nostro modello sociale e l’ambiente. Un’Europa di progresso, che mostra la via”.
Infatti queste foto lo provano:
Qui, foto di un poliziotto francese che dispone di un martello, oggetto non propriamente d’ordinanza. Magari esistono poliziotti con l’ordine di fare i casseurs? O è meglio usare un martello per spaccare il cranio di una donna di 71 anni? Sulla quale va segnalato il commento, umanissimo, di Macron: “Quando si è fragili, non ci si mette in situazioni pericolose”.
La UE “è” un paradiso, ma non per tutti.
E’ l’Unione delle grandi libertà ed uguaglianza. Quando l’Italia ha ricevuto il presidente cinese Xi, Macron, la Merkel e Juncker hanno rimproverato il governo italiano. Macron: “Ci aspettiamo che i nostri partner rispettino l’unità dell’Unione europea”.
Nemmeno tre giorni più tardi, Macron invita all’Eliseo Xi, la Merkel e Macron – e non gli altri paesi. Macron firma contratti per quasi dieci volte più dell’Italia. E Angela Merkel dichiara che la Germania non vede l’ora di partecipare al secondo Forum internazionale della “Belt and Road” Nuova Via della Seta) nel mese di aprile, onde rafforzare le relazioni economiche fra Cina e Germania nell’era della digitalizzazione. Ha detto proprio “fra Cina e Germania”, non fra Cina e UE.
L’ultimo europeista rimasto – è Salvini
Del resto a vostra insaputa, il Bundestag ha discusso seriamente l’uscita della Germania dall’euro.
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Una sola cosa non si capisce: come mai costoro accusino gli altri di essere “sovranisti”. Sovranista è l’epiteto politico che massimamente si attaglia Berlino, e poi a Parigi. La Merkel ha preso tutte le più gravi decisioni degli ultimi vent’anni – a cominciare dal benvenuto ai milioni di migranti – in modo assolutamente unilaterale, senza consultare gli “alleati” il cui territorio è stato invaso dai benvenuti. Ha chiuso le centrali atomiche ed aperto le cave di lignite. Ha sottratto le sue banche alla supervisione della Banca Centrale Europea, mentre allo stesso tempo si ingerisce nelle banche italiane, esigendo dalla BCE isposte sulla loro “solidità”.
Il punto è che nella BCE trova un servo italiano che risponde pure. Alla fine, l’ultimo super-europeista rimasto è il Salvini nuova versione (fidanzato con la famiglia Verdini):
“Non c’e’ nella mia mente, o in quella del governo, – ha dichiarato – l’idea di uscire dall’Europa, ma di cambiare le regole europee. La mia massima soddisfazione sara’ che a salvare l’Europa sara’ la Lega. Saremo noi a rimettere sangue buono nella arterie dell’Europa”.
Il goveno 5 Stelle, non è da meno – allora non si capisce perché e tutto il potere italiota aggrappato all’euro, da Mattarella a Visco e al PD, e disposto a strangolare fino all’ultimo italiano per restare nell’euro, li chiami “sovranisti”. I sovranisti quelli veri stano a Berlino, e gli toglieranno di sotto il sedere l’euro quando non gli conviene più. Vedere che faccia faranno allora, sarà una (magra) soddisfazione.