L’ultima è,ovviamente, la clamorosa visita del re saudita Salman a Mosca – una prima storica assoluta – con la firma del preliminare per l’acquisto dei missili antiaerei S-400 e l’impegno, parimenti firmato, per cui Mosca “aiuterà il Regno a sviluppare la sua propria industria militare”. Inoltre le due nazioni (ha detto Lavrov alla fine dell’incontro tra Putine Salman) “sono d’accordo sull’importanza di combattere il terrorismo, di trovare soluzioni pacifiche nella soluzione dei conflitti in Medio Oriente e sul principio della integrità territoriale”.
Ora, non occorre ricordare che l’Arabia Saudita è il primario e dovizioso finanziatore del “terrorismo” in Siria con miliardi di dollari in stipendi ad armi a oltre 200 mila combattenti – allo scopo precipuo di violare l’integrità territoriale della Siria, ossia smembrarla, e rovesciarne il governo legittimo. Che è nemico giurato di Iran ed Hezbollah e tutti gli sciiti, la cui difesa militare ha scongiurato lo smembramento della Siria e la cacciata di Assad. Men che meno occorre ricordare che il Regno wahabita ha sempre comprato miliardi di armi Made in Usa, essendo il principale cliente del complesso militare-industriale, e dipendendo per la sua sicurezza internazionale da Washington.
Non è un rovesciamento di alleanze – restano visioni divergenti sugli sciiti – ma è un impressionante cambiamento rispetto a solo pochi mesi fa. Il re saudita non si sente più protetto dagli Usa – o almeno non efficacemente – e si fida più della parola e dell’impegno di Mosca alla proprio “integrità”. Adesso Russia e Saudia si stanno concentrando su un interesse comune ben chiaro: far aumentare il prezzo del greggio (la Russia non è parte dell’OPEC) per il 2018.
Il professor Michel Chossudosky (il noto autore del sito canadese Globalresearch) ha fatto un rapido elenco dei “profondi sconvolgimenti delle alleanze geopolitiche cha stanno per prodursi, minando l’egemonia USA in Medio Oriente ed Asia centrale”, per effetto dei ciechi errori americani e dei fermi successi di Putin, che i paesi dell’area stanno cominciando a vedere non come una minaccia ma una potenza militare di mediazione e di stabilizzazione, della cui parola, amici e “nemici” possono fidarsi.
La Turchia,
membro della NATO, pilastro fedele dell’Alleanza contro l’URSS, nonché con Erdogan una delle forze scatenate contro Assad, sostenitrice di jihadisti e acquirente del petrolio di Daesh, adesso sta conducendo manovre militari congiunte con l’Iran attorno allo “stato” kurdo iracheno, sostenuto dagli Usa e Israele,nella cui indipendenza vede – esattamente come Teheran – un pericolo esistenziale per la Turchia; sta combattendo i ribelli curdi, sostenuti dagli Usa, che combattono contro Assad in Siria. Ed anche Erdogan sta comprando gli S-400 da Mosca, strappo primario al coordinamento e all’integrzione degli armamenti NATO fra alleati. La cooperazione militare di Ankara con Israele (più o meno occulta in funzione anti-Assad) è oggi gravemente minata. “Il legame più stretto che Ankara ha stretto con l’Iran contribuiranno a nuocere alle strategia USA e NATO a livello dell’intero Medio Oriente”.
Arabia Saudita e Qatar
Chi si ricorda l’ultimatum e il blocco commerciale che il regno Saudita ha elevato contro il vicino Qatar, azione applaudita e sostenuta personalmente da Trump? Ha spaccato il Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), ossia l’alleanza di Arabia Saudita coi vicini emirati e staterelli sunniti, tutti vassalli dipendenti dalla protezione USA. Gli emirati e il Bahrein stanno con Ryad contro Qatar, mentre questo ha l’appoggio dell’Oman e del Kuweit. Risultato: “L’indebolimento degli USA nel Golfo Persico”.
Peggio. Lo scopo del CCG era di isolare l’Iran. I fulmini sauditi sul Qatar sono stati giustificati, fra l’altro, dall’accusa che Doha mantiene occulti legami con Teheran – che del resto è il suo dirimpettaio nel Golfo. L’effetto del blocco è stato che questi rapporti di amicizia, da occulti, sono diventati palesi ed ufficiali, politica di interesse nazionale: l’Iran ha immediatamente mandato rifornimento al Qatar, rendendo inefficace il blocco saudita. Peggio, Iran e Qatar sono diventati rapidamente soci nell’industria petrolifera, per lo sfruttamento congiunto di gas naturale nel giacimento sottomarino esistente fra i due Paesi, aderendo a “una struttura di proprietà congiunta” del giacimento stesso. Che è di “una importanza strategica, costituendo le massime riserve mondiali di gas naturale”, dice Chossudovski. Inutile dire che Russia e China hanno parte in questo progetto estrattivo. Lo scomodo intruso in questa felice cooperazione è il Pentagono, che in Qatar ha la base militare più grossa, quella da cui il CENTCOM ha guidato i bombardamenti d’appoggio ai suoi jihadisti in Siria, e da cui continua ad operare i suoi piccoli assassini e vendette, come quello del generale Asapov, atti gangsteristici, ma di entità strategica nulla.
Ora la base US CENTCOM in Qatar è la primaria base di attacco all’Iran, se Trump dichiarerà (come vuole) Teheran in violazione dell’accordo sul nucleare e – come spera Netanyahu – ciò porterà ad un conflitto caldo contro il nemico esistenziale del giorno di Sion. Ciò mentre il Qatar è diventato amico e partner dell’Iran, che Sion e perciò Washington vogliono incinerire. “Gli USA cercheranno di rovesciare il regime al potere in Qatar?”.
Il Qatar doveva essere il gran beneficiario del gasdotto che doveva passare per la Siria (ecco perché Assad doveva essere sostituito da un regime jihadista) e portare il gas qatariota alla clientela in Europa; un gasdotto sostenuto dagli Usa, perché avrebbe sganciato gli europei dalla dipendenza energetica dalla Russia, ed è il vero motivo della crudele guerra dell’Occidente contro la Siria: Assad aveva rifiutato di partecipare a un progetto che avrebbe danneggiato la sua alleata Russia.
Adesso, l’amichevole sfruttamento congiunto del loro giacimento marino fra Qatar e Iran, rende inutile quel progetto; e induce Doha ad aderire al progetto alternativo, di un gasdotto che partirà dal porto di Assulieh, in Iran, e traverserà Persia, Irak e Siria per sboccare in Turchia, ai mercati europei. Diffondendo nel passaggio ricche royalties a tutti gli stati qui nominati. E’ un progetto sostenuto da Mosca. Il Qatar inoltre conta di unirsi ad un oleodotto che collegherebbe l’Iran alla Cina attraverso il Pakistan sempre a partire dal porto di Assoulieh.
Risultato: “Il controllo geopolitico della Russia sui gas e oleodotti in direzione dell’Europa si è consolidato”, invece di indebolirsi come sperato dagli Usa (e NATO).
India e Pakistan nella Shanghai Cooperation Organization (SCO)
Il 9 giugno scorso India e Pakistan i due storici nemici (pericolosamente nucleari) sono stati ammessi simultaneamente nella SCO, l’organizzazione eurasiatica russo-cinese, che ha il quartier generale a Pechino, con lo scopo di unire gli interessi economici, politici e militari dei vasti stati asiatici. Una organizzazione di stabilità e di sicurezza reciproca. Anche se non è una vera alleanza militare, l’entrata di India e Pakistan nello SCO sconvolge la loro collaborazione o dipendenza militare dagli USA, che si avvantaggiava della loro mortale rivalità armando l’uno e l’altra. Lo SCO sarà la sede di normalizzazione dei rapporti fra i due paesi. Se l’India rimane allineata con Washington, il Pakistan si sta liberando dalla morsa dell’”alleato” Washington, con cui tanto funestamente ha collaborato in decenni di lavoro sporco (dall’insediamento dei Talebani in Afghanistan e alla formazione di Al Qaeda), e da cui ha ricevuto massacri e bombardamenti americani delle sue zone tribali – grazie agli accordi di commercio e d’investimento offerti al Pakistan da Pechino, oltre che dall’avvicinamento con l’Iran e la Russia nella Shanghai Coop. “Con l’entrata di India e Pakistan, l’SCO occupa ingloba una regione del mondo che occupa la metà della popolazione mondiale”.
Ed è una titanica heartland da cui gli americani sono – o più precisamente, si sono – esclusi. Esclusi con la loro politica di doppiezza e di nuda aggressività.
Disfatta l’America neocon
Il che pone la questione: sotto l’influenza neocon (ossia israeliana) Washington ha condotto per un ventennio una “politica di potenza” di destabilizzazione, vera e propria “distruzione di pace”, che ha seminato immense rovine, provocato milioni di morti e di profughi, eccitato odi e divisioni – ed ecco il risultato: di diventare un nemico impotente per i nemici, ed un alleato infido per gli amici, che hanno provato i suoi tentativi di “cambio di regime” dietro le spalle (come Erdogan). Un distruttore di pace detestabile e spregevole per gli uni e gli altri, ché dà segni sempre più evidenti e pericolosi di impazzimento nichilista. I quali, amici e nemici, adesso si volgono a Putin come pacificatore. Sì, anche i nemici di ieri: perché Mosca, col suo intervento militare di mezzi modesti, ma deciso e insieme decisivo (in questi giorni la sua aviazione sta “ripulendo” i resti jihadisti in Siria, ammazzandone i capi) , e insieme politicamente cordiale, si pone ora come pacificatrice e riordinatrice.
Anche i sauditi, che la Russia ha sconfitto in Siria, vedono in lui – dopo che un “nemico” che però non minaccia regime change – un garante fidato e sicuro, un de-escalatore della tensione mortale con l’Iran (da cui Riyad uscirebbe perdente), e un moderatore delle indubbie vittorie sciite nell’area. La Russia sta operando attivamente per la riconciliazione di Hamas con l’autorità palestinese, il che contiribuirà a placare alcune ansie anti-iraniane dei sunniti e dei sionisti; è probabile che venga chiamata a mediare nella questione curdo-irachena, contro cui Iran e Turchia (e Irak) stanno affilando le armi.
https://www.haaretz.com/middle-east-news/palestinians/.premium-1.812001
“Beati i costruttori di pace”, vien da dire: sarebbe la conferma geopolitica del detto evangelico. Se non che, non posso credere che gente come i sionisti, come Netanyahu, come i neocon, nel loro delirante credersi Messia onnipotente, possano adattarsi a una tale disfatta e accedere alla pari al piano di cordiale pacificazione dell’area che la diplomazia russa sta costruendo con lealtà e generosità. Mi aspetto qualche colpo ritorto. Anche Sayyed Nasrallah, il capo di Hezbollah libanese, ha “sentito” nel suo discorso di Ashura (che abbiamo postato qui a fianco), che i sionisti apriranno una nuova fase di guerra. Finale.