L’ordine di Washington era stato: sminuire il Forum Internazionale di san Pietroburgo, farlo fallire, oscurarlo. Non ci devono andare i politici di primo piano e disertarlo gli uomini d’affari europei. I media non ne devono parlare. Così tutti capiranno quanto Mosca è isolata, e che Putin non conta niente.
Ed ecco la sorpresa. Non annunciato, al Forum è sbarcato il principe ereditario in seconda e ministro della Difesa Mohannad bin Salman Al Saud – trentenne e figlio prediletto del re in carica – e davanti al presidente russo, ha scandito: “Ho l’onore di invitarla a visitare il Regno di Arabia Saudita, in quanto consideriamo la Russia uno degli stati importanti nel mondo contemporaneo, e le nostre relazioni hanno radici nel passato”. accompagnavano il giovin pricnipe due pezzi da novanta della cricca saudita: il ministro degli esteri Adel al-Jubeir e l’ancor più potente ministro del petrolio, l’ottantenne Ali al-Naimi. Immediatamente la delegazione ha firmato coi russi “sei nuovi accordi di cooperazione che comprendono aspetti nucleari e militari”.
Naimi, il ras del petrolio saudita, ancor più ostentatamente ha detto: “Sono ottimista sul futuro del mercato (petrolifero) nei mesi prossimi per quanto riguarda il continuo miglioramento della domanda globale e il basso livello delle riserve commerciali, che ci si aspetta miglioreranno i livelli dei prezzi: due patenti menzogne – la domanda mondiale non cresce e le riserve strategiche, dati i prezzi bassi, sono tali che non si sa più dove mettere il greggio e si affittano petroliere come depositi – ma ciò è ancora più significativo, se si pensa che è l’Arabia Saudita ad aver voluto rovinare il mercato stracciando i prezzi; infliggendo danni alla Russia, ma anche al protettore americano che s’è messo a produrer shale oil.
Ancor più ostentato, Naimi ha lodato la “più intensa cooperazione bilaterale” che “porterà ad una alleanza petrolifera tra i due paesi per il bene del mercato internazionale come delle potenze produttrici”. Ma come? I sauditi si oppongono a Mosac in tuttto: sulla Siria, sullo Yemen, sull’Iran…e adesso salta fuori che auspicano una “alleanza petrolifera”!
In ogni caso è un bel cambiamento da quei giorni del 2013 quando il nero principe Bandar Bin Sultan, detto “Bandar Bush”, capo de i servizi sauditi e gestore dei terroristi jihadisti, “offrì” a Putin il controllocongiunto del meracto energetico, purchè il presidente russo abbandonasse il siriano Assad ai cani; altrimenti…Altrimenti cosa? “Posso darvi la garanzia di proteggere le Olimpaidi invernali di Sochi”, rispose Bandar : “Sa, i gruppi ceceni che minacciano la sicurezza dei giochi sono controllati da noi”. Un’offerta che non si poteva rifiutare, dicono i gangster.
Putin dovette rifiutarla. Il greggio andava a 112 dollari il barile, quei giorni. Le entrate russe erano prospere. Il prezzo rapidamente più che dimezzò, i sauditi s’eran messi a intensificare l’estrazione ai loro costi di produzione che sono i più bassi del mondo.
Ma ora c’è un nuovo re, che ha fatto molti cambiamenti. L’Arabia saudita – commenta l’ambasciatore Bhadrakumar, oggi bravo notista di Asia Times – è ingolfata nella guerra contro lo Yemen, paventa l’accordo Usa-Iran come la peste, è terrorizzata dal saldarsi della mezzaluna sciita Hezbollah-Siria-Iraniana; la propria politica del petrolio a prezzi da liquidazione intacca anche le sue finanze, aggravate dalla guerra yemenita (che non va’ affato bene) e dalle spese della sovversione wahabita (è lei che paga gli stipendi del Califfato e dei suoi guerrieri). La copertura americana alle monarchie autocratiche del Golfo è tutt’alrto che salda; e rischia di trasformarsi in abbandono se Washington si accorda davvero con l’Iran e leva le sanzioni. L’alleanza con Israele? Non potrà mai essere aperta, non è presentabile; e la stessa Israele è oggi isolata. Il re saudita e la sua numerosa famiglia devono sentirsi le parti molli scoperte.
Dunque la mossa d un avvicinamento a Mosca. Mostrando ostentatamente che il Re non ritiene affatto Putin un isolato, anzi…Un nemico inutile in meno? Nel calcolo che anche Mosca può guardare con inquietudine l’avvicinamento di Teheran all’Occidente? Che (se si toglie l’ostinata volontà di distruggere Assad) fra Mosca eRiad ci sono convergenze di interessi oggettive sul piano geopolitico? E’ prematuro dirlo. Ma certo ha ragione Bhadrakumar: questa visita a sorpresa “è un drammatico sviluppo in Medio Oriente”.