Quando fu ucciso, Falcone stava per inchiodare il PCI

Nauseato dalle false lacrime  delle “autorità” – di chi l’ha ucciso e sa chi  l’ha ucciso, riposto qui un mio vecchio articolo

Un delitto del PCI – Mai indagato, ovviamente

  

Giovanni Falcone stava indagando sui fondi neri del PCI. Una pioggia di denaro sporco. 989 miliardi di lire provenienti dall’URSS. Fu ucciso prima di andare a Mosca. Borsellino era l’unico che poteva proseguire la sua inchiesta. La verità che non viene raccontata agli italiani da 30 anni è questa. Se l’inchiesta sui fondi neri del PCI di Falcone e Borsellino non fosse stata fermata, la sinistra progressista italiana sarebbe stata rasa al suolo.

Giovanni Falcone, con la moglie e la scorta, fu ucciso dalla colossale esplosione il 23 maggio 1992. Così non poté salire sul volo per Mosca, dove si preparava ad andare il 6 giugno seguente, 13 giorni dopo, per coordinarsi con il procuratore di Mosca Valentin Stepankov. Il quale stava indagando sull’estrema ruberia che dissanguò il popolo russo, commessa dalla dirigenza del PCUS e del KGB (il loro deep state) prima che Gorbaciov, il 6 novembre 1991, proibendo le attività del PCUS in Russia, gli sbarrasse l’accesso ai vasi di miele del Tesoro sovietico. Leggo: “..fondi segreti del KGB, molti patrimoni di occulti della nomenklatura sovietica” […] il procuratore di Mosca Stepankov aveva appurato che “il tesoro d Mosca era stato fatto affluire nella disponibilità del PCI attraverso canali finanziari già usati per il trasferimento di ‘aiuti ai partiti fratelli”.

Come giornalista io stesso parlai di questo saccheggio: una quantità incalcolabile di miliardi svaniti, centinaia di miliardi di dollari in valute pregiate e metalli preziosi, forse migliaia di miliardi – non si sa quanti – finiti all’estero, nel libero occidente: ma dove? Dove chi poteva riciclare e “lavare” un simile inaudito e mostruoso tesoro, in modo totalmente clandestino?

“Secondo gli atti giudiziari di Valentin Stepankov e di Giovanni Falconi era la mafia, sia quella italiana che quella siculo-americana insieme alla terribile mafia russa, usando il canale delle svariate società organiche al PCI, da sempre abituate a riciclare i fondi illeciti con cui lo finanziava il PCUS. Falcone e Borsellino cercavano che fine avevano fatto i ‘fondi segreti’ che il PCUS aveva esportato illegalmente in Italia ‘dopo la caduta del Muro”. Il PCI si rifiutò di collaborare. Magistratura democratica non mosse un dito” … Falcone, Borsellino e il ROS del generale Mario Mori avevano avviato un’inchiesta giudiziaria (Mafia e Appalti, dossier dei ROS) che avrebbe devastato le collusioni tra la mafia e il mondo delle cooperative rosse del PCI ”.

Così scrive Gaetano Immé nel suo “Attacco al potere comunista – gli intrighi, le collusioni, gli omicidi di mafia utili alla sinistra (Bonfirraro, 319 pagine, euro 18.90). Lasciamo a lui queste affermazioni, che sembra in grado di documentare in giudizio.

Fatto sta che Falcone “cessa di essere il fiore all’occhiello delle sinistre” per le sue inchieste sul “terzo livello” democristiano, e viene criticato dai media di riferimento –Repubblica, Espresso – e dai tele-giornalisti dell’area (Santoro, Augias) in una operazione di discredito e linciaggio morale . “Da qualche tempo”, scrisse Sandro Viola su Repubblica quattro mesi prima dell’assassinio del giudice “sta diventando difficile guardare al giudice Falcone con il rispetto che sì era guadagnato” .

Peggio: “dopo la morte di Falcone e Borsellino, tutti i fascicoli dell’inchiesta di Mosca e di Stepankov furono trasmessi alla procura di Roma da procuratore generale (di Palermo) dr Ugo Giudiceandrea […] Nessuno ne parla più […] l’inchiesta Mafia e Appalti di Falcone e Borsellino viene ‘archiviata’ dopo l’eliminazione dei due magistrati. In compenso, tutti quei magistrati di Palermo hanno fatto una straordinaria e brillante carriera”.

E aggiunge un passo terribile: il procuratore capo di Palermo Pietro “Giammanco [deceduto nel 2018] non è stato condannato per i 400 milioni [di lire] ricevuti dalla mafia, la famosa ‘nticchia i grassu’di cui parla il mafioso Angelo Siino, “episodio confermato da sentenza del tribunale di Caltanissetta (GIP Gilda Lofforti) ove, a pagina 21, 25 e 135 si parla di una cifra complessiva di 800 milioni di lire che Siino afferma di aver consegnato a Salvo Lima ; somma destinata, secondo quanto dichiarato dallo stesso Siino al dr. Giammanco per 400 o 600 milioni di lire”.

Calunnia sanguinosa! Come si fa a credere a un “pentito” come Siino? Attenzione, scrive Immé: la sentenza di Caltanissetta con la dichiarazione di Siino , “ che seppure non condanna penalmente Giammanco lo svergogna totalmente , si badi bene, non è stata nemmeno appellata da quei magistrati palermitani …. Parliamo del dottor Pignatone? Stessa sentenza di Caltanissetta, ma diventa procuratore generale a Roma” e dal 2019, pensionato dalla giustizia italiana, fatto da El Papa presidente del tribunale vaticano.

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Via D’Amelio, 30 anni dopo. Personalmente provo una repulsione per questi anniversari dove la politica esibisce il solito esercizio di pelosa retorica sulle figure di Falcone e Borsellino, senza poi aver fatto mai nulla per rendere veramente giustizia ai due magistrati uccisi 30 anni. La soluzione di via D’Amelio sta a Capaci. Paolo Borsellino aveva “capito tutto”. Sapeva che il suo fraterno amico era stato ucciso non dalla mafia, da un potere molto più forte. Sapeva che Giovanni Falcone sarebbe dovuto andare a Mosca per coordinare le sue indagini sui fondi del PCI, tramutatosi nel PDS. Parliamo di un quantità di fondi pari a 989 miliardi di lire.

Falcone e Borsellino stavano per arrivare ad una verità che avrebbe potuto spazzare via il PDS. Lo stato profondo di Washington non poteva tollerarlo. Era stato già deciso ai piani alti del potere di affidare alla sinistra progressista il compito di trascinare l’Italia nel baratro della globalizzazione e dell’euro. Questa è la verità sulla quale si deve fare luce. Questo è il vero modo per rendere omaggio a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

https://www.lacrunadellago.net/la-verita-insabbiata-sulla-strage-di-borsellino-e-i-mandati-atlantici-mai-perseguiti/

Cesare Sacchetti

Il mio pezzo sullo stesso tema:

  

Un mio articolo del maggio 2021 – riportati qui contro i fiumi di lacrime di coccodrillo di chi l’ha ucciso.

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Ma in questi giorni in cui si rivela la marcescenza, la corruzione l’impunità onnipotente dei procuratori, consiglia la lettura di quel precedente scandalo soffocato e sepolto.

La mezza verità di Claudio Martelli:

“Mafia russa” per non dire mafia PD: che ha in mano lo stato più di prima.

Qui Cesare Sacchetti:

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A pagina 19 del Corriere della Sera del 4 giugno 1992 è sepolta, ben nascosta agli occhi dell’opinione pubblica di allora e di oggi, la verità sulla strage di Capaci. Falcone era stato ucciso barbaramente da 11 giorni. Quel giorno vennero a Roma i magistrati russi per fare luce sui fondi neri del PCUS transitati nel PCI. Marco Nese scriveva questo al riguardo dell’inchiesta.

“Se le carte dei russi sono veritiere, dal punto di vista giudiziario (per i responsabili del PCI-PDS n.d.r.) non si configurano solo il reato di violazione della legge sul finanziamento dei partiti. Ci sono anche illeciti tributari e falsi in bilancio. Dai documenti pare non risulti una clausola speciale. Se venisse confermata, sarebbe un fatto clamoroso. Si tratta di questo: i soldi arrivavano a condizione che il PCI seguisse in certe occasioni la linea dettata da Mosca.”

Questa è la verità che la magistratura italiana non ha mai perseguito negli ultimi 30 anni. Questa è la vera ragione per la quale Giovanni Falcone fu ucciso.

Un altro autore

23 Maggio 1992: Strage di Capaci. L’inizio della fine per questo paese

È stato l’inizio della fine per questo paese. Dopo circa due mesi infatti è avvenuta l’altra strage in Via D’Amelio dove persero la vita Paolo Borsellino e cinque uomini della scorta.
Qualche settimana dopo, il mercoledì 16 settembre 1992, passato alla storia come Black Wednesday, il criminale ebreo sionista George Soros e il suo Quantum Fund attaccarono l’Italia speculando contro la lira e causando l’espulsione dallo Sme (Sistema monetario europeo)!

Quel giorno il topo-ministro Giuliano Amato, il ministro del Tesoro Piero Barucci, il governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi e il direttore generale del Tesoro Mario Draghi (tutti delinquenti ampiamente premiati successivamente) fecero vaporizzare 48 miliardi di riserve della Banca Centrale, per poi alla fine cedere alle pressioni del mercato e svalutare la moneta italiana.

Tutto funzionale poiché dovevano spianare la strada all’operazione Tangentopoli, detta Mani Pulite: quella serie di inchieste della magistratura che tra il 1992 e il 1994 scoperchiò un vasto sistema organizzato di corruzione.
Come se fosse una novità la corruzione nel putrefatto mondo dei politici. Dovevano fare pulizia del vecchio sistema per far posto al nuovo…
All’epoca non c’erano i social ma furono in milioni a seguire in tv i processi dello sbirro Antonio Di Pietro. La “Seconda Repubblica” era matura e doveva nascere sulle ceneri della prima.
Tutti i politici hanno sempre rubato, ma una volta lasciavano le briciole ai morti di fame dei cittadini, i quali nei decenni dopo la Seconda Guerra mondiale sono riusciti non a caso a mettere via soldini.
Dopo Mani Pulite anche le briciole se le sono spazzolate.

L’inchiesta giudiziaria teletrasmessa di Mani Pulite serviva a smuovere l’opinione pubblica che ha iniziato a prendere una posizione contro il vecchio mondo politico, reo di tutto, e a favore della magistratura, vista come i “supereroi che puniscono i cattivi”. Esattamente come le tifoserie. Nel frattempo però stavano minando la base finanziaria, economica e sociale del paese.
In pratica la cosiddetta sinistra italiana doveva iniziare a smantellare l’Italia.
Guarda caso, il cospiratore Romano Prodi dal 1992/1993 ha dato il via alla più grande svendita dei patrimoni e dei gioielli nostrani, regalandoli a gruppi stranieri e al suo amichetto, l’ebreo De Benedetti.

Capitolo iniziale di un crollo progressivo del complesso industriale e il punto di avvio di una crisi profonda del sistema.
Autostrade, Telecom, Alitalia, Iri, Motta, Cirio, Autogrill, Locatelli, Invernizzi, Buitoni, Galbani, Negroni, Ferrarelle, Peroni, Moretti, Fini, Perugina, Mira Lanza e tante altre vennero scippate.

Tra il ’93 e il ’94 vennero venduti la SME, le vetrerie Siv dell’Efim, il Nuovo Pignone dell’Eni. Nel 1994 toccò ad Acciai Speciali Terni, 1995 Ilva Laminati Piani e Italimpianti; nel 1996 Dalmine…
“Smonterò il paese pezzo per pezzo“, disse quel criminale di Prodi il 17 gennaio 1998, e per questi servigi ovviamente ebbe totale copertura mediatica dai giornali degli  Gianni Agnelli e De Benedetti.
Ecco perché dovevano morire Falcone e Borsellino, avevano scoperto che la mafia non è l’anti-Stato ma ne è parte integrante!!!!