Lo scontro tra Iran e Israele continua a tenere banco in Medio Oriente. La guerra non sembra destinata a scoppiare nell’immediato. Ma il livello di guardia non cala.
Una tensione latente che si riversa anche nell’informazione. I media israeliani, compreso il governo di Benjamin Netanyahu, continuano a rivelare informazioni sulle operazioni di Israele e sulle attività dei servizi. Una guerra mediatica, psicologica, ma dove è anche possibile scoprire importanti notizie sul passato e presente delle attività israeliane contro l’Iran.
L’ultima notizia, in questo senso, ce la fornisce l’ex capo del Mossad, Tamir Pardo, il quale ha rivelato alla tv israeliana Channel 12 che nel 2011 Netanyahu ordinò di prepararsi ad attaccare l’Iran.
Secondo l’ex capo del Mossad, Netanyahu ordinò a lui e all’allora capo di Stato Maggiore Benny Gantz di prepararsi per il piano P15 +. L’ordine riguardava la preparazione delle difese israeliane e di tenere pronto tutto l’apparato militare per attaccare l’Iran entro due settimane.
Che poi l’attacco stesse per avvenire realmente, questo non è dato sapersi. Lo stesso Pardo ha detto, come riportano i media israeliani, che “Un piano del genere […] se è ordinato, è fatto per due motivi: o perché tu intendi davvero che una cosa del genere abbia luogo o perché vuoi inviare un segnale a qualcuno là fuori “.
In quell’occasione, Pardo, che aveva appena assunto la carica di capo del Mossad, non accolse l’ordine. Iniziò a esaminare se il primo ministro fosse autorizzato a emettere una direttiva che potesse trascinare Israele in guerra. E, come confermato dallo stesso ex capo dei servizi durante l’intervista, iniziò a chiedere ai consulenti legali e ai suoi predecessori se fosse possibile che Netanyahu impartisse un tale ordine.
“Alla fine, se ricevo un ordine, anche se viene dal primo ministro, devo essere certo che se qualcosa va storto e l’operazione fallisce, non ci sarà alcuna situazione in cui ho commesso un’operazione illegale“.
Messaggio all’Iran o critica a Netanyahu
Si parta da un presupposto: un ex capo del Mossad non parla mai casualmente. Soprattutto se si ciò che viene detto riguarda un’ipotetica guerra con l’Iran. In questa fase così tesa dei rapporti e con la Siria terreno di scontro, ogni parola ha un suo peso specifico.
Le strade, a questo punto, possono essere due. La prima, plausibile, è che si tratti di messaggi rivolti ad attori esterni o allo stesso Iran. Di recente, le Israel defense forces e i servizi israeliani hanno iniziato a utilizzare in maniera molto più approfondita i media nazionali e regionali. Dire qualcosa, specie se l’autore è un vertice dell’intelligence, significa essere letti o ascoltati anche dal nemico.
Il messaggio, in questo caso, potrebbe essere una sorta di ammonimento: Israele è pronto alla guerra e, in 15 giorni, avrebbe già tutto predisposto per colpire in territorio iraniano. Perché questo era il piano di Netanyahu noto come P15+.