7 Dicembre 2024 di Patrizio Ricci
Negli ultimi anni, il governo degli Stati Uniti ha stanziato risorse crescenti per combattere la disinformazione online, un fenomeno percepito come una minaccia crescente per la sicurezza nazionale, la salute pubblica e l’integrità del dibattito democratico. Tuttavia, l’entità di questi investimenti e la loro natura sollevano interrogativi su trasparenza, efficacia e potenziali implicazioni per la libertà di espressione.
2017: l’inizio di un nuovo approccio
Il primo passo significativo è stato compiuto nel 2017, quando la National Science Foundation (NSF) ha introdotto sovvenzioni per studiare e combattere i contenuti online discutibili. In quell’anno, sono stati assegnati 316.000 dollari per un progetto finalizzato a “addestrare computer e persone a rilevare la disinformazione combinando analisi computazionale e teorica”. Questo rappresenta il punto di partenza di un approccio sempre più strutturato alla questione della disinformazione.
2019: un investimento crescente
Due anni dopo, il budget dedicato a questa causa è più che sestuplicato. Nel 2019, sono stati stanziati oltre 2 milioni di dollari per due progetti distinti: “Dinamiche della disinformazione su Internet” e “Social network e comunicazione di massa: sviluppare programmi di studio per combattere la disinformazione”. L’attenzione si è quindi spostata sulla comprensione delle dinamiche sociali della disinformazione e sulla formazione per contrastarla.
2020: il trend si consolida
Nel 2020, la spesa si è mantenuta stabile, con 1,7 milioni di dollari distribuiti tra sei progetti. Un elemento interessante è che tutti questi progetti includevano esplicitamente il termine “disinformazione” nei titoli, a testimonianza di come il tema fosse ormai una priorità nell’agenda della NSF e di altre agenzie.
2021: il salto di scala con la disinformazione Covid
Con la pandemia di COVID-19, il focus si è spostato in modo deciso sulla “disinformazione Covid”. Nel 2021, i fondi sono esplosi, raggiungendo i 126 milioni di dollari. L’emergenza sanitaria ha giustificato un impegno senza precedenti per arginare il flusso di informazioni false o fuorvianti legate al virus, ai vaccini e alle misure di contenimento.
2022: l’ingresso dei giganti della tecnologia
Nel 2022, la spesa pubblica per combattere la disinformazione è scesa a 76 milioni di dollari, ma a questa cifra si sono aggiunti nuovi attori. I giganti dell’IT sono stati coinvolti direttamente, sia tramite collaborazioni governative sia attraverso indagini e udienze al Senato. Secondo stime non ufficiali, l’impatto complessivo di queste azioni ha generato costi di circa 98 milioni di dollari.
2023: una svolta politica
Nel 2023, la spesa pubblica ufficiale è diminuita ulteriormente, attestandosi a 47 milioni di dollari, ma nuovi sviluppi hanno cambiato il panorama. Secondo alcune indiscrezioni, i democratici avrebbero promosso un massiccio investimento di mezzo miliardo di dollari per combattere la disinformazione, con particolare attenzione alle narrative politiche legate a Trump e alla Silicon Valley. Questo dato, tuttavia, rimane da verificare.
2024: un anno record
Sebbene l’anno fiscale 2024 non sia ancora concluso, le stime preliminari indicano che le spese totali per la lotta alla disinformazione, il rilevamento di deepfake e il fact-checking abbiano già raggiunto 790 milioni di dollari. Di questa cifra, 19 milioni di dollari provengono dal bilancio pubblico, mentre il resto è coperto da contributi volontari di grandi miliardari e investitori privati. Questo dato evidenzia un’evoluzione significativa nel modello di finanziamento, che ora coinvolge sempre più il settore privato.
Considerazioni
Gli investimenti crescenti degli Stati Uniti nella lotta alla disinformazione riflettono una consapevolezza sempre maggiore delle sfide poste dalla diffusione di contenuti fuorvianti. Tuttavia, l’impressionante escalation delle spese e il coinvolgimento di attori privati sollevano domande cruciali: chi definisce cosa sia “disinformazione”? Quali sono i confini tra lotta alla disinformazione e censura? E, soprattutto, quanto è sostenibile un modello che affida una parte così significativa del controllo delle informazioni a miliardari e corporation?
Poi c’è un altro aspetto… Se pensiamo a queste cifre ed alla cifra che la Corte Costituzionale rumena dice che la Russia ha speso per stravolgere le elezioni (381.000 dollari ) si capisce che qualcosa non torna… Questa sproporzione non può che sollevare domande sul reale obiettivo di tali spese e sulle implicazioni che queste hanno per la libertà di espressione e il controllo delle narrative globali.
Fonte:
Rete di giornalismo investigativo finanziata dagli USA per accusare Russia e Venezuela?
Rete di giornalismo investigativo finanziata dagli USA per accusare Russia e Venezuela?
I legami nascosti tra OCCRP e Washington: quanto sono davvero indipendenti i media investigativi?
Cos’è l’OCCRP?
L’OCCRP (Organized Crime and Corruption Reporting Project) è un’organizzazione di giornalismo investigativo globale fondata nel 2006. Si concentra su indagini relative al crimine organizzato, alla corruzione e al potere abusivo, collaborando con giornalisti, testate e istituzioni in tutto il mondo. Attraverso un lavoro meticoloso e trasparente, l’OCCRP espone reti di corruzione, schemi di riciclaggio di denaro e abusi di potere, spesso con l’obiettivo di promuovere una maggiore responsabilità pubblica e istituzionale. Ha ottenuto riconoscimenti per la sua capacità di utilizzare tecnologie avanzate e partnership internazionali per portare alla luce storie che spesso rimangono nascoste.
Scoperchiato il vaso di Pandora?
Un’inchiesta pubblicata recentemente da Mediapart, in collaborazione con Drop Site News (USA), Il Fatto Quotidiano (Italia) e Reporters United (Grecia), ha sollevato gravi dubbi sull’indipendenza dell’Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP), una delle più grandi reti di giornalismo investigativo al mondo. Secondo il rapporto, il governo degli Stati Uniti eserciterebbe una significativa influenza sull’organizzazione, sia tramite il controllo finanziario che attraverso poteri diretti sulle nomine e sulle politiche editoriali.
I legami segreti tra OCCRP e Washington
L’OCCRP è un’organizzazione che si autoproclama faro della trasparenza, ma che, come un mago da cabaret, scompare dietro un sipario di finanziamenti americani e interessi geopolitici. Più che un’indagine, sembra una sceneggiatura mal scritta: fondi occulti, nomine guidate e obiettivi mirati, tutto condito da un tono di superiorità morale che farebbe invidia a un film di propaganda anni ’50 (senza offendere l’epoca d’oro del cinema, ma quella era finzione).
Gli Stati Uniti: registi e produttori
Fin dalla sua nascita, l’OCCRP ha goduto di un generoso sostegno americano. Parliamo di 47 milioni di dollari – una cifra che fa pensare meno a una donazione e più a una quota azionaria. Drew Sullivan, co-fondatore dell’OCCRP, ha definito questo supporto “fondamentale”. Certo, chi non vorrebbe un’amicizia tanto generosa? Ma quando il tuo migliore amico è anche il tuo principale finanziatore, viene il dubbio che possa chiederti il favore di guardare da un’altra parte, o peggio, di puntare il dito contro qualcun altro.
“Indipendenza”, ma con diritto di veto
E come se i soldi non bastassero, il governo americano si è assicurato il diritto di veto sulle nomine chiave dell’OCCRP. Non che lo usino, intendiamoci. Ma è un po’ come dire: “Non ti spio, non di condiziono, ma ho una telecamera accesa in salotto”. Questo potenziale controllo sulle decisioni strategiche è il segreto peggio custodito dal mondo del giornalismo investigativo. Shannon Maguire dell’USAID ha candidamente ammesso che l’agenzia è coinvolta nelle scelte di personale. Un piccolo dettaglio che suona come un’inserzione di lavoro: “Cercasi giornalista investigativo. Requisiti: indipendenza limitata, ma stipendio garantito”.
Soros e altri protagonisti secondari
Poi c’è George Soros, sempre pronto a entrare in scena con la sua Open Society Foundations. Curiosamente, i suoi finanziamenti non fanno scalpore. Forse perché sono meno strategici? O forse perché il pubblico, stordito da tanto clamore americano, ormai non fa più caso agli altri attori in questa tragicommedia.
Progetti “neutrali” che curiosamente coincidono sempre con i “cattivi” della narrativa americana.
Non è solo questione di soldi e nomine. L’OCCRP ha un talento speciale per scegliere i suoi obiettivi, che curiosamente coincidono sempre con i “cattivi” della narrativa americana. Dal “Bilanciamento della sfera mediatica russa” (titolo già abbastanza imparziale) agli approfondimenti su Malta e Cipro, ogni progetto sembra un capitolo di un manuale di geopolitica made in USA.
E qui entra in scena il paradosso. Mentre ci raccontano di lottare contro la corruzione globale, sembra che la bussola morale dell’OCCRP sia stata calibrata direttamente dal Dipartimento di Stato americano.
Il paradosso della trasparenza: un riflesso unidirezionale
Ecco il vero capolavoro: l’OCCRP è trasparente… ma solo nella direzione che conviene. I loro rapporti finiscono puntualmente nei dossier che giustificano sanzioni e interventi contro gli avversari geopolitici degli Stati Uniti. Lo ha detto chiaramente Antony Blinken: le inchieste dell’OCCRP sono uno strumento “efficace” per promuovere leggi e misure contro la corruzione. Certo, purché si tratti della corruzione degli altri.
In questa tragicommedia, l’OCCRP non è solo un attore protagonista, ma anche una pedina sulla scacchiera geopolitica. Le rivelazioni sull’influenza americana sono un invito a osservare il mondo del giornalismo investigativo con un pizzico di ironia e, forse, di scetticismo. Ormai è evidente come il giornalismo, anziché esercitare il suo ruolo di quarto potere in difesa della verità e del bene comune, si riduca troppo spesso a uno strumento al servizio dei grandi interessi. Non più dalla parte del popolo, ma sempre più piegato alle logiche dell’audience e del compiacimento verso i poteri forti.
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Fonti:
Qui alcuni articoli sui legami tra l’OCCRP e il governo degli Stati Uniti, che evidenziano questioni relative alla sua indipendenza editoriale.
Versione in inglese dell’inchiesta pubblicata da Mediapart in collaborazione con Drop Site News (USA), Il Fatto Quotidiano (Italia) e Reporters United (Grecia). Puoi leggere l’articolo completo sul sito di Drop Site News ai seguenti link:
- A Giant of Journalism Gets Half its Budget From the U.S. Government
- Israeli Digital Intelligence Firm Aims to Become Top U.S. Contractor
Sul sito di Reporters United, disponibile al seguente link: