(Vado via per qualche giorno – vi lascio con un pensiero profondo di Ortega y Gasset)
L’uomo non può vivere pienamente se non ha qualcosa tanto capace di riempire il suo spirito fino al punto di desiderare di morire per essa. Chi non scopre dentro di sé l’evidenza di un tale paradosso? Ciò che ci incita a morire ci eccita a vivere. Entrambi i risultati , in apparenza contradditori, sono, in realtà, le due facce dello stesso stato di spirito. Ci spinge irresistibilmente alla vita soltanto ciò che riempie interamente il nostro bacino interiore. Rinunciare ad esso sarebbe una morte maggiore che con esso trapassare. Per questa ragione io non ho non ho mai sentito verso i martiri tanto ammirazione, quanto invidia. E’ più facile “morire pieno di fede” che senza di essa trascinarsi per la vita.
La morte euforica è il sintomo di una cultura vivace e completa, in cui le idee hanno tale efficacia da strappare i cuori. Invece oggi stiamo circondati di ideali esangui e come distanti, mancanti di aderenza sopra la nostra individualità. Le verità sono verità di cattedra, di gazzetta, di protocollo, dotate di una vigenza solo ufficiale, mentre i nostri giorni, le nostre ore i nostri minuti camminano per altra via carichi di desideri, di speranze di occupazioni sopra le quali non è accaduta consacrazione. Ciò che ci hanno insegnato a stimare di più non ci interessa abbastanza.