Rapporto ONU sulla “Immigrazione Sostitutiva”
Questo Rapporto ONU del 2000 afferma apertamente la “necessità” della cosiddetta “immigrazione sostitutiva” per far fronte al declino e all’invecchiamento della popolazione del vecchio continente, e in particolar modo dell’Italia. Invece di programmare politiche per la crescita e il sostegno della famiglia, si ipotizzano flussi migratori tali da sostituire dal 30 al 40% della popolazione, col risultato non solo di contenere il costo del lavoro grazie a un’abbondanza di lavoratori sbandati e disposti a tutto, ma anche di distruggere le identità nazionali che fanno ancora da argine al disegno liberista del mondialismo. Alla luce della resistenza a questo disegno da parte del nostro governo si può leggere il recente attacco al nostro paese da parte dell’ONU, che vuole mandare ispettori per verificare il livello di violenza razzista in Italia. Ricordiamo che l’Italia non è un paese razzista: è solo un paese comprensibilmente arrabbiato e impaurito dalla ipocrita e pericolosa retorica dell’accoglienza.
NEW YORK, 17 marzo 2000 – La Divisione sulla popolazione del Dipartimento per gli affari economici e sociali (DESA) ha pubblicato un nuovo rapporto intitolato “Migrazione sostitutiva: è una soluzione per l’invecchiamento e il declino delle popolazioni?” La migrazione sostitutiva si riferisce alla migrazione internazionale di cui un paese avrebbe bisogno per prevenire il declino e l’invecchiamento della popolazione risultanti dai bassi livelli di fertilità e di mortalità.
Le proiezioni delle Nazioni Unite indicano che tra il 1995 e il 2050 la popolazione del Giappone e praticamente di tutti i paesi europei molto probabilmente diminuirà. In alcuni casi, tra cui Estonia, Bulgaria e Italia, i paesi potrebbero perdere tra un quarto e un terzo della loro popolazione. L’invecchiamento della popolazione sarà pervasivo, portandone l’età mediana a livelli elevati senza precedenti. Per esempio, in Italia, l’età mediana passerà da 41 anni nel 2000 a 53 anni nel 2050. Il rapporto potenziale tra giovani e anziani – vale a dire, il numero delle persone in età lavorativa (15-64 anni) per persona anziana – spesso risulterà dimezzato, da 4 o 5 a 2.
Concentrandosi su queste due critiche e impressionanti tendenze, il report esamina in dettaglio il caso di otto paesi a bassa fertilità (Francia, Germania, Italia, Giappone, Repubblica di Corea, Federazione Russa, Regno Unito e Stati Uniti) e due regioni (Europa e Unione europea). In ciascun caso, vengono considerati scenari alternativi per il periodo 1995-2050, evidenziando l’impatto di diversi livelli di immigrazione sulla dimensione della popolazione e sul suo invecchiamento.
Ecco le principali conclusioni di questo rapporto.
– Nei prossimi 50 anni, è molto probabile che la maggior parte dei paesi sviluppati avrà una popolazione sempre più anziana, come risultato della bassa fertilità e di un aumento della longevità. Al contrario, la popolazione degli Stati Uniti dovrebbe aumentare di quasi un quarto. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite basate su una ipotesi media (medium variant), tra i paesi esaminati nel rapporto l’Italia è destinata a registrare il maggior declino della popolazione in termini relativi, perdendo il 28% della sua popolazione tra il 1995 e il 2050. La popolazione dell’Unione europea, che nel 1995 era maggiore di quella degli Stati Uniti di 105 milioni, nel 2050 diventerà più piccola di 18 milioni.
- Il declino della popolazione è inevitabile in assenza di immigrazione sostitutiva. La fertilità potrebbe riprendersi nei prossimi decenni, ma è improbabile che sarà in grado di recuperare– È necessario una certo livello di immigrazione per prevenire il declino della popolazione in tutti i paesi e le regioni esaminati. Tuttavia, il livello di immigrazione in relazione all’esperienza passata può variare notevolmente. Per l’Unione europea, una continuità dei livelli di immigrazione già osservati negli anni ’90 sarebbe appena sufficiente a impedire il declino della popolazione totale, mentre per l’Europa nel suo complesso l’immigrazione dovrebbe raddoppiare. La Repubblica di Corea avrebbe bisogno di un afflusso netto di migranti relativamente modesto – un grande cambiamento, tuttavia, per un paese che fino ad ora è stato un paese di emigranti. L’Italia e il Giappone avrebbero bisogno di registrare aumenti significativi nell’immigrazione netta. Al contrario, Francia, Regno Unito e Stati Uniti sarebbero in grado di mantenere la loro popolazione totale con un numero di immigrati inferiore a quello osservato negli ultimi anni.
- Il numero di immigrati necessari per prevenire il declino della popolazione totale è molto maggiore di quello previsto sinora dalle proiezioni delle Nazioni Unite. L’unica eccezione sono gli Stati Uniti.
- Il numero di immigrati necessari per prevenire il calo della popolazione attiva è maggiore di quello necessario per evitare un calo della popolazione totale. In alcuni casi, come la Repubblica di Corea, la Francia, il Regno Unito o gli Stati Uniti, molte volte più grande. Se tali flussi dovessero verificarsi, gli immigrati post-1995 e i loro discendenti rappresenterebbero nel 2050 una quota sorprendentemente ampia della popolazione totale – tra il 30 e il 39 per cento nel caso del Giappone, della Germania e dell’Italia.
- Rispetto alla dimensione della popolazione, l’Italia e la Germania avrebbero bisogno del maggior numero di migranti per mantenere la dimensione della popolazione in età lavorativa. L’Italia richiederebbe 6.500 migranti ogni milione di abitanti all’anno e la Germania 6.000. Gli Stati Uniti ne avrebbero bisogno meno di tutti gli altri paesi – 1.300 migranti per milione di abitanti all’anno.
- I livelli di migrazione necessari per prevenire l’invecchiamento della popolazione sono molto maggiori dei flussi che sarebbero necessari a prevenire semplicemente il declino della popolazione. Mantenere il rapporto tra giovani e anziani richiederebbe in tutti i casi volumi di immigrazione del tutto inusuali rispetto alle esperienze fatte finora e a ogni ragionevole aspettativa.
- In assenza di immigrazione, il rapporto tra giovani e anziani potrebbe essere mantenuto ai livelli attuali elevando l’età pensionabile a 75 anni.
Le nuove sfide del declino e dell’invecchiamento della popolazione richiederanno una rivalutazione complessiva di molte politiche e programmi consolidati, con una prospettiva a lungo termine. Le questioni critiche che devono essere affrontate includono: (a) un’età pensionabile adeguata (b) i livelli, i tipi e la natura delle pensioni e delle prestazioni sanitarie per gli anziani; (c) la partecipazione alla forza lavoro; (d) l’ammontare dei contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro necessari a sostenere i pensionamenti e le prestazioni sanitarie per gli anziani; e e) politiche e programmi relativi alla migrazione internazionale, in particolare la migrazione sostitutiva e l’integrazione di un grande numero di nuovi migranti e dei loro discendenti.