“Il mondo noterà che la prima bomba atomica fu lanciata su Hiroshima, una base militare. Ciò perché volevamo in questo prima attacco evitare, per quanto possibile, l’uccisione di civili”.
(Discorso del presidente Truman alla radio, 9 agosto 1945. La bomba su Hioshima era stata gettata il 6, quella su Nagasaki il 9, data del discorso di Truman).
“Abbiamo scoperto la più terribile bomba nella storia del mondo. Forse il fuoco di distruzione profetizzato nell’Era dell’Eufrate, dopo Noè e la sua favolosa arca. […] Questa bomba sarà usata contro il Giappone [..] La useremo contro obiettivi militari, soldati e narinai saranno il bersaglio e non donne e bambini. Anche se i Jap sono selvaggi, spietati, crudeli e fanatici, noi come leader del mondo per il benessere comune non possiamo lanciare questa terribile bomba sulla vecchia capitale o la nuova [..] Il bersaglio sarà unicamente di tipo militare […] La cosa più terribile mai scoperta può essere resa la più utile”.
(Presidente Truman, Diario, 25 luglio 1945).
Prima regola: la vittima dev’essere fotogenica
Questi non lo sono. Sono quattro dei sette bambini massacrati a Tililia, sempre nel circondario di Aleppo, dai takfiri dello Stato Islamico – alleati all’Occidente contro Assad e la Russia – nella primavera del 2014, perché sospettati di appartenere a una famiglia lealista al governo. Sono state trucidate anche 4 donne. Ma ai media occidentali che si commuovono per Osman, non interessarono.
Queste foto non fanno tenerezza al pubblico femminile, quello che rimpie Facebook di gattini. Fanno impressione e anche un po’ schifo, come fanno i morti, specie se ammazzati. Quindi niente, non ci spingono ad intervenire contro Assad.
Altro episodio non interessante: avvenuto “Il 20 aprile 2013 nella cittadina di Jadida al-Fadl, in provincia di Damasco, dove viveva la famiglia di Umm Adnan, madre siriana di 5 figli.
Mentre il più grande si trovava a Quneitra, al confine con i territori occupati da Israele, per difenderla dagli attacchi delle bande armate, un gruppo estremista è entrato nel villaggio e ha invaso la casa della famiglia alla ricerca di armi o di prove in grado di accusarli di essere sostenitori del governo siriano.
Pur non trovando nessun possibile “capo d’accusa”, hanno deciso di sfogare comunque (o forse proprio per questo) la loro folle ira sulla povera famiglia.
Trovati i figli di Umm Adnan rifugiati sul tetto dell’abitazione, hanno prima legato i genitori e violentato ripetutamente la figlia minorenne di fronte a loro fino a farla sanguinare.
Hanno poi preso i tre figli maschi, di 18, 12 e 8 anni e sgozzato prima il padre e poi i ragazzi in ordine d’età.
Compiuta la strage hanno costretto la madre a stendersi nel sangue dei suoi cari, quasi nuotando, mentre la figlia, ancora dolorante, cercava di fuggire per cercare aiuto.
Solo dopo giorni di disperazione la banda ha lasciato l’abitazione.
La madre è impazzita dal dolore e la giovane figlia, che solo ora ha trovato la forza per raccontare la tragedia che li ha colpiti, vivrà per sempre con le immagini indelebili di quell’agghiacciante giornata.
(Pierangela Zanzottera, “Ancora sangue in Siria”, 2 giugno 2014).