Di Tyler Durden 08.01.2015 (traduzione Milena Spigaglia)
“Credevo che chiunque, avendo un lavoro, fosse in grado di procurarsi il sostentamento necessario: cibo, un tetto, e dei vestiti. Io non riesco a fare neanche questo”.
A pronunciare queste tristi parole ai microfoni della CBS è Rebecca Cornick, una nonna di sessantuno anni. Rebecca è impiegata di lungo corso da Wendy’s, la catena di fast food, dove lavora da nove anni ed è pagata nove dollari l’ora. La sua drammatica situazione rappresenta bene la battaglia che i lavoratori di fast food stanno portando avanti in tutto il Paese.
Il dibattito sulla paga di chi lavora nei fast food fa parte di una più ampia discussione “dato che le città di tutti gli stati sono alle prese con il tema dell’innalzamento del salario minimo”, osserva la CBS, aggiungendo che “al momento, ventinove stati mantengono il salario minimo sopra il livello federale che è di 7,25 dollari all’ora, e quattro città, inclusa Los Angeles, lo hanno raddoppiato portandolo a 15 dollari l’ora”.
I sostenitori dell’aumento della paga base dichiarano che è semplicemente impossibile vivere con quel salario, e decisamente l’evidenza è dalla loro parte. Gli oppositori sostengono che obbligare i datori di lavoro a pagare di più, condurrà inevitabilmente al licenziamento di molte persone e al blocco delle assunzioni, e per la verità pare che nel caso di Walmart’s la decisione di procedere ad un aumento dei salari per i dipendenti a paga più bassa, abbia contribuito al licenziamento di mille dipendenti alla sede centrale di Bentonville.
“Questa è la realtà, la gran parte delle imprese non continuerà ad assumere ad una paga base di 15 dollari all’ora” dichiara un affiliato di Burger King: “Purtroppo non andrà così, i principii economici non funzionano applicati a questa industria, c’è un limite a quello che la gente vuole pagare per mangiare un hamburger”.
Certo che c’è un limite, ecco perché di fronte alle proteste dei lavoratori, la risposta di McDonald è stata decidere di assumerne di più efficienti:
Teniamolo bene a mente, mentre leggiamo la storia che ci racconta TechRepublic: la Changying Precision Technology Company ha rimpiazzato quasi tutti i suoi dipendenti con dei robots. Ed è stato un successo:
“Nella città di Dongguan, nel Guangdong, importante provincia della Cina, una società tecnologica ha aperto uno stabilimento gestito quasi interamente da robots, e i risultati sono affascinanti.
L’impianto della Changying Precision Technology Company in Dongguan ha automatizzato le linee di produzione servendosi di braccia robotiche per produrre componenti di telefonia.
La fabbrica ha automatizzato anche i macchinari, i trasporti e il deposito.
Tuttavia ci sono ancora alcune persone che lavorano al suo interno. Tre operai controllano e monitorano le catene di montaggio e alcuni impiegati monitorano il sistema di controllo informatico. Prima c’erano 650 impiegati allo stabilimento. Con i nuovi robots, ce ne sono solo 60. Luo Weiqiang, direttore generale della società, ha detto al People’s Daily che il numero potrebbe ridursi a 20 nel prossimo futuro.
I robots producono quasi il triplo dei pezzi prodotti dagli operai. Secondo il People’s Daily, la produzione per persona è salita da ottomila a ventunomila pezzi, un incremento del 162,5%.
E l’aumento della produttività non è conseguito a scapito della qualità. Infatti, la qualità è migliorata. Prima dell’avvento dei robots, il tasso di difettosità del prodotto era al 25%, adesso è sotto al 5%.
Perciò, a quanti hanno in programma di picchettare il McDonald locale per guadagnare il 70% in più sulla paga: fate attenzione, perché il tizio qui sotto è pronto a lavorare al posto vostro, non fa pause e non fa errori:
Speriamo solo non diventi consapevole di sé.