A Roma da giorni c’è “lo sciopero bianco” dei tranvieri dell’ATAC. Motivo: non accettano di timbrare il cartellino, inaudita violenza che l’amministrazione cerca di mettere in atto per controllare la puntualità (come avviene in tute le aziende normali, specie pubbliche). Ma l’ATAC non è normale. E’ una ditta di cui i dirigenti hanno falsificato i biglietti per non si sa quanti anni, li hanno distribuiti ad edicole compiacenti attraverso la SIPRO, la società cui è stata affidata la consegna di valori, e che è guidata da un clan siciliano, capeggiato da tale Vittorio Gangi detto Er Nasca.
L’ATAC così amministrata ha un debito astronomico: 1,6 miliardi di euro. Evidentemente i tranvieri fanno parte del clan, e non vogliono essere controllati per quanto non lavorano; vogliono continuare a rbare i soldi ai contribuenti, danneggiare i cittadin. Come tutti i loro pari annidati nella greppia pubblica, stanno rubando ai poveri – che in questo paese sono sempre di più. Ecco qui un pezzo del Tempo che documenta le fatiche di questi ladri.
Sono i conducenti più riposati d’Italia
Il Tempo 9 luglio 2015
Appena 750 ore al mese. Tanto guidano, in orario ordinario, i macchinisti romani. Molto meno dei loro colleghi milanesi, che di ore ne fanno registrare 1200. Meno perfino dei napoletani, che ne guidano 850 in un mese. È questa la statistica sulla base della quale l’Atac sta portando avanti una trattativa sindacale molto serrata con le sigle Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti per portare le ore di guida, entro l’anno, a 900.
Una trattativa che, però, si è trasformata in una guerra. Anche perché, a giudizio dei macchinisti, le garanzie economiche rispetto a questo aumento di orario non ci sarebbero. Non solo. Nel braccio di ferro, Atac ha forzato la mano fino a far infuriare i conducenti, che da 8 giorni hanno mandato nel caos il trasporti pubblico capitolino. Come anticipato da Il Tempo il 1 luglio scorso, infatti, l’Atac ha disposto, con protocollo 1 del 26 giugno 2015, l’annullamento di tutti gli accordi sindacali e le indennità locali concesse dal 1962 a oggi. In media 450 euro per ciascuno dei 500 macchinisti impiegati in Atac. C’è l’indennità di galleria che vale 21 euro, quella sulla manutenzione mezzi, 24. E poi ancora l’indennità sul personale viaggiante (24) e altre da oltre 120 euro.
Ora, va detto che la trattativa sindacale è aperta e che è intenzione dell’azienda accorpare tutte queste indennità in un unico premio di produzione da far valere in base alle presenze. «E a noi chi ce lo assicura? – afferma un conducente della linea B – Carta canta, e oggi noi sappiamo che a breve ci taglieranno lo stipendio». Così dal 1 luglio, quasi ininterrottamente, macchinisti e capitreno hanno messo in campo una sorta di protesta che li porta ad applicare il regolamento alla lettera. Un «eccesso di zelo», che sta rallentando enormemente il servizio ma che difficilmente potrà essere punito. Come detto, con questa iniziativa solo in parte c’entra la volontà di aumentare le ore di lavoro. E per nulla la questione del «badge», il sistema introdotto da una settimana che controlla l’entrata e l’uscita del personale dai depositi, come aveva sostenuto nelle ultime ore anche il sindaco Marino. «Si tratta di un sistema che abbiamo accolto con favore – confessa un macchinista della Roma-Lido – Il sistema operativo Bdrop non ci permette di fare due turni attaccati. Questo può dare fastidio a qualche collega, in effetti, perché in tanti abitano fuori Roma.
Ma in fondo è per la nostra sicurezza». Resta il fatto che oggi i romani hanno un problema serio. Ancora ieri le metropolitane sono passate a singhiozzo. Cgil, Cisl e Uil sono state ricevute dall’assessore alla Mobilità, Guido Improta, e dal dg di Atac, Francesco Micheli. L’accordo punta ad un alleggerimento della presa di posizione di Atac rispetto al tema delle indennità. Ma il fatto che molte sigle rappresentative siano rimaste fuori dal tavolo, non è detto che la protesta rientri subito. Nel frattempo, a rincarare la dose, è stato il prefetto di Roma Gabrielli: «Invocherò azioni molto dure, da quelle diciplinari a quelle di denuncia per interruzione di pubblico servizio».
Vincenzo Bisbiglia