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(Federico Ferraù)
Le risulta che l’Eni possa servirsi di mediatori come quelli che c’erano al Metropol di Mosca?
Non scherziamo. L’Eni conosce l’interesse italiano prevalente e lo difende. È ministerialista per definizione. Come tutte le nostre grandi imprese, conduce trattative con tutti i governi, ma non nelle hall degli alberghi. Come si possono fare illazioni così?
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C’è un concerto internazionale – e nazionale – per far fare a Salvini la fine di Craxi. Ovviamente i francesi sono in prima fila.
E in Italia?
La7, di proprietà di un imprenditore che aspira ad entrare in politica e a fare il capo del governo, ha appena fatto uno speciale su Tangentopoli dove Di Pietro, Colombo e soprattutto Davigo hanno dato la linea politica.
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Le procure sono sempre al lavoro. Differenze tra ieri e oggi?
Nel ’92-94 si trattò di un di un grande disegno internazionale con a capo la centrale del mercatismo mondiale che era Londra. Adesso la disgregazione dello Stato italiano ha colpito anche la magistratura, come si vede dalla crisi del Csm.
… i 5 Stelle?
Continuare il lavoro di Monti. L’esempio più chiaro è sotto gli occhi di tutti: l’accanimento sull’Ilva. Indebolire la seconda potenza industriale europea, già fiaccata dalle privatizzazioni modello Eltsin-Menem-Prodi, fa gola a molti. Non ci vuole un genio per capirlo.
Siamo arrivati al colpo finale: se chiudono l’Ilva, i 5 Stelle hanno assolto il loro compito.
A quel punto?
A quel punto M5s non serve più. All’Italia invece serve la Lega.
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